Il concerto degli Zù al circolo Monk è stato a dir poco entusiasmante. La band romana che nel corso dei suoi oltre 20 anni di carriera è riuscita a portare in giro per il mondo il suono duro e fastidioso delle strade romane.
Le vie del centro con il loro traffico, lo sbattere degli zoccoli fuorimoda dei turisti sui sampietrini e il loro vociare, le grida dei ragazzini che si rincorrono vicino a fontane che scrosciano acqua. Le periferie con il disagio che cade da palazzi fatiscenti, stracci appesi ad asciugare e da giardinetti lasciati in mano ai tossici.
La campagna ai tre lati di Roma usata come discarica e il litorale di Ostia dove le onde si infrangono sporche su una spiaggia non ancora troppo deturpata.
Ma anche un mondo fuori del raccordo di suoni e di emozioni, di immistioni nazionali e di altri Paesi. Tutto questo, e molto più, usciva dai sax (vedi il sassofonista Mats Gustafsson, una delle personalità più autorevoli del free jazz scandinavo), dalla batteria e dal basso degli Zù.
C’era chi ballava, chi si dimenava, c’era chi era fermo impassibile, c’era chi ascoltava, c’era chi chiudeva gli occhi, c’era chi strillava in trance agonistica.
E poi ci eravamo noi di UkiZero, attenti ascoltatori e grandi sognatori che anche questa volta abbiamo assistito a un vero e proprio miracolo musicale. Per una volta tutto italiano. Che va in scena da oltre vent’anni. Un miracolo che si chiama Zù.
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Gabriele Edoardo Mastroianni
DEVASTANTI
interessante lettura del loro immaginario sonoro… grande mastroianni!!!
io li adoro mi fanno viaggiare su montagne russe emotive
grande realtà nostrana !
è stata un esperienza non c’ è dubbio su questo
non li avevo mai visti dal vivo
concordo con il post di G.Mastroianni
e’ ora che io vada a vederli dal vivo
:))