United States of Latino America

Le recenti vicissitudini in Cile e Bolivia, che apparentemente non hanno nulla a che fare con il Pentagono, riaprono una questione realmente mai chiusa sulla reale influenza degli Stati Uniti sui Paesi dell'America Latina

L’America Latina viene spesso a galla nei notiziari di tutto il mondo come zona del mondo pericolosa, teatro di dittature sanguinarie e di violazioni dei diritti umani. Una regione che ha necessariamente bisogno dell’aiuto dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti, per conseguire una certa parvenza di stabilità.
Venezuela, Cile e Bolivia sono solo gli ultimi esempi di una narrazione che va avanti da decenni: l’America Latina è una terra di conflitti, che da sola non riuscirà mai a risolvere. Meno male che ci siamo noi a proteggerla, altrimenti sarebbe un ancora peggio.
Ovviamente, la questione è molto più complessa e ha radici che attecchiscono nella storia latinoamericana, che è specifica per ogni Paese ma che, a ben guardare, ha lo stesso leitmotiv.
La maggioranza di questi Stati ha infatti un passato da ex-colonia, fatto di lotte per l’indipendenza, repressioni e scambi di potere; un passato macchiato dal sangue dell’interventismo e dei colpi di stato militari, insicurezza politica e disuguaglianza sociale. Si tratta di Paesi giovani, instabili, dalle democrazie traballanti. Paesi in cui le classi lavoratrici più povere sono ancora ben distinte e separate – anche dal punto di vista etnico – dalla borghesia liberale e arricchita di origine europea. La divisione politica arriva a un livello essenziale, a tratti violento. L’odio sociale è vivo e molto meno smussato rispetto a democrazie più antiche e solide, assumendo spesso i connotati divisivi dell’odio religioso, che noi europei conosciamo molto bene.

Insomma, in questo clima non proprio da salotto parigino si sono creati differenti contesti, in alcuni dei quali questa contrapposizione è numericamente sbilanciata a favore delle classi meno abbienti. Contesti in cui si sono intrapresi percorsi politici di stampo socialista, con leader carismatici – a volte autoritari, come Castro o Chavez – che si sono proclamati vox populi. Caricandosi sulle spalle i conflitti interni, hanno progressivamente combattuto le destre ultra-liberali e filo-americane, individuate come nemiche numero uno del popolo. In nome di uno statalismo volto alla ridistribuzione delle risorse ci si è inimicati la potente economia statunitense, che ha bisogno invece di Paesi liberisti e di privatizzazioni, soprattutto se possiedono risorse naturali importanti, come il petrolio venezuelano o il litio boliviano. La reazione a stelle e strisce, come da copione, non si è fatta attendere. Come? Tirando fuori dal cassetto i paradigmi della cara vecchia “Dottrina Monroe“.

Con il termine “Dottrina Monroe” ci si riferisce all’atteggiamento in politica estera statunitense nei confronti del continente americano, volto a non tollerare alcuna interferenza da parte di Paesi stranieri. Datata 1823 e pronunciata dall’allora presidente James Monroe, questa dottrina è diventata nei primi anni del secolo scorso espressione dell’egemonia politico-economica degli Stati Uniti su tutto ciò che sta a sud del Texas. Inizialmente veniva intesa come monito alle potenze europee, in particolar modo l’Impero Britannico, a stare fuori dalle faccende delle ormai vecchie colonie. Tuttavia, con il passare del tempo il suo significato ha cambiato connotati, trasformandosi in una vera e propria volontà di controllo del subcontinente. Un controllo dai tratti imperialistici e, se necessario, militari. A cavallo tra ‘800 e ‘900, sotto diverse presidenze, si registrano ripetuti interventi armati in Cile, Nicaragua, Venezuela, Honduras, Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti, Guatemala e Colombia. Interventi alimentati da politiche economiche aggressive e predatorie, forti della supremazia del dollaro e della finanza statunitense. Interventi dal sotto-testo chiaro per le altre potenze mondiali: in questo continente comandiamo noi, non sono ammesse realtà differenti rispetto al caro, vecchio modello americano. Interventi che durante il Novecento non si sono fermati – come testimoniano il fallito assalto a Cuba, la questione panamense o il supporto del golpe in Cile – assumendo un significato strategico nell’ottica della Guerra Fredda. Tuttavia, il contesto storico cui fanno parte sembra ormai fossilizzato, rievocante un mondo che non esiste più. Acqua passata, insomma. Sicuri sicuri sicuri?

L’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton è tornato a parlare di dottrina Monroe, richiamando l’atteggiamento che è sembrato non essere mai passato di moda a Washington. Sventolando la bandiera della free democracy, Bolton ha confermato a parole quello che a fatti stava già accadendo, ovvero la volontà da parte degli USA di far rispettare il proprio modello economico e politico in tutto l’emisfero. Ma non si tratta di un controllo diretto e ferreo. Riferendosi al Nicaragua, lo scrittore Robert Pastor enuncia bene il teorema: «Gli US non vogliono controllare il Nicaragua, ma non vogliono nemmeno che il suo sviluppo vada fuori controllo. Vogliono che agisca indipendentemente, a meno che questo agire non intralci i loro interessi». Il nocciolo della dottrina è proprio questo: la vostra democrazia è una cosa buona, ma solo se coincide con gli interessi strategici ed economici del padrone di casa. Interessi che spesso si identificano sotto forma di neoliberismo economico, in grado di fornire alle grandi corporations americane terreno fertile su cui seminare.
E a chi non ci sta’, che succede? La fantasia non è mai troppa: l’opzione più gettonata normalmente è quella del supporto del golpe militare (Cile 1973, Venezuela 2002, Honduras 2009), ma si può anche instaurare un embargo economico di oltre 40 anni, tentando di uccidere il primo ministro qualcosa come 600 volte (Cuba). Insomma, il ventaglio delle possibilità, come spiegato egregiamente da Noam Chomsky in questo video, è particolarmente ampio. L’importante è che l’Impero non traballi. Perché si sa, ciò che è buono per l’Impero, è buono per il mondo.

Raffaele Scarpellini

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4 Comments

  • sembra fantapolitica, incredibile come riescano a influenzare i governi
    una vergogna .. poi non ditemi che non esistono i POTENTI
    bellissimo articolo .grazie Scarpellini

  • e’ una questione di geopolitica e corporazioni internazionali , il commercio che sovrasta la politica. la corruzione e la volonta’ di potenza che sottomette l autoaffermazione dei popoli
    interessante post del sempre bravissimo scarpellini . grazie.

  • IMPONGONO IL LORO DEVASTANTE MODELLO ECONOMICO E NON VOGLIONO INTERFERENZE… SI SENTONO I PADRONI DEL MONDO IN CASA D ‘ ALTRI. LOTTE FRATRICIDE DA DECENNI PER I LORO DOLLARI …
    INTANTO OGGI SPERIAMO PER L ‘ IMPICHMENT A TRUMP !!!

  • ma è possibile che con tanto di prove, inchieste, etc non si riesce a portare questa gente ad un tribunale per violazione dei diritti umani????
    interessantissimo post. complimenti Raffaele

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