Una risata li seppellirà

Satira sul franchismo: così la figura del piccoletto affetto da delirio di onnipotenza suggerisce una visione della storia quasi freudiana

Durante i miei recenti vagabondaggi barcellonesi, mi sono imbattuta in una mostra che ha rafforzato la mia già radicata convinzione che se un ipotetico uomo del futuro volesse farsi un’idea di un certo periodo politico, (un qualsiasi –ismo, tanto per restare sul vago) incentrato sulla figura carismatica di un leader, dovrebbe sicuramente bypassare tutta la tediosa cronaca politica sia pro-regime che contro, per concentrarsi esclusivamente sulla sua rappresentazione satirica.

La satira è vecchia quanto la cultura stessa. Fin dall’Antica Grecia si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni.

 

La mostra, “Viñetas en el frente” (Museu Piccasso), parte dalle incisioni di Picasso “Sogno e menzogna di Franco” del 1937 (che anticipano il famoso Guernica) per costruire un percorso internazionale sulla rappresentazione satirica del franchismo e del nazi- fascismo, attraverso i lavori di un gruppo di artisti attivi durante la Guerra civile Spagnola, grafici, caricaturisti molto diversi tra loro sia per nazionalità che per stile ma accumunati dall’antifascismo e dal forte contenuto politico, tanto che furono definiti da Majakovskij: “l’esercito dell’Arte”.

I disegni  del salvadoregno Toño Salazar, i fotomontaggi di John Hearfield, le opere dei grafici Renau ed Amster, le caricature di Bagaria e Grosz costruiscono un’immagine impietosa e beffarda del potere autoritario e delle sue manifestazioni  che li rende più che mai i testimoni più moderni di quegli anni.

Picasso per “Sogno e menzogna di Franco” trae ispirazione da “I disastri della guerra” di Francisco Goya, un  ciclo di ottantadue acqueforti realizzate tra 1814 e 1820, sulle efferatezze compiute durante la guerra d’indipendenza di Spagna nelle quali Goya mostra come il conflitto riesca a tirare fuori il peggio della natura umana, senza alcuna distinzione di parte tra invasori e invasi, tra vincitori e vinti (famosissimo il trittico dedicato a Marchionne). Ma mentre “i disastri” sono delle vere proprie “istantanee dell’orrore”, antesignane degli odierni reportage di guerra, Picasso carica le sue incisioni di una forte vena satirica che ridicolizza il machismo guerrafondaio del generalissimo, ritraendolo come un ometto affetto da un delirio di onnipotenza, circondato da uno stuolo di servi e tirapiedi. Per costruire quest’immagine grottesca di Franco, Picasso si ispira ad Ubu Re di Alfred Jarry (1896) la prima di tre opere in cui Jarry  rappresenta in chiave farsesco-satirica la propensione della borghesia dirigente ad abusare del suo potere economico per compiere atti terribili contro l’umanità in nome del successo e dell’avidità.

Così i dittatori come Hitler, Mussolini, Mao, i militari ed i gerarchi sono ritratti da Mauricio Amster Cats nelle sue “carte da gioco antifasciste” come macchiette che si pavoneggiano esibendo medaglie, bandiere e falsi simboli di virilità: Hitler è ritratto come uno scimmione con una svastica al braccio ed una clava in mano, Mussolini come un bruto primitivo con un’oca morta in mano. Guardando questa serie di carte da gioco, il mio primo impulso è stata completarla idealmente con la figura di un nano dai capelli posticci a cavallo di un enorme quanto finto fallo blu..

 

I governi si sa, più sono autoritari e incentrati sulla figura del “salvatore della patria” (spesso un malavitoso arricchitosi con mezzi illeciti), più cercano di manipolare l’opinione pubblica costruendosi un’immagine idilliaca e ottimistica, contando sulla stupidità delle masse. Ma gli spiriti liberi sanno che la cosa più temuta dai  tiranni, è l’essere smascherati e ridicolizzati nelle loro contraddizioni e debolezze.

Mentre il dittatore vecchio opporrà alle accuse di genocidio la superiorità della razza e l’imperialismo e il dittatore nuovo taccerà come “fango comunista” le accuse di corruzione, entrambi cercheranno di imbavagliare la satira con la censura, l’uno tramite la repressione fisica, l’altro tramite una strategia che riporti la risata alla sua dimensione più innocua (la famosa strategia dello Zalone).

A tormentare il potere è il carattere incontrollabile della satira e il fatto che più si cerca di censurarla più essa prolifera e diventa velenosa. La chiesa non riuscì mai a debellare il popolo sovversivo che ogni giorno la derideva dalla statua di Pasquino. Mussolini, Hitler, Franco cercarono in tutti i modi di uccidere la satira, ma non riuscirono mai a scovare tutti i tipografi sovversivi. Allo stesso modo, oggi, non importa quanti tv o giornali possiedi, nessuno mai riuscirà a controllare totalmente l’informazione, specie dall’avvento di internet in poi, banda larga o no.

 

Non voglio dilungarmi con noiosi parallelismi tra vecchie e nuove dittature, anche se da Napoleone a Hitler, da Franco al Cavaliere di Hardcore, la figura del piccoletto affetto da delirio di onnipotenza suggerisce una visione della storia quasi freudiana. Credo che per raccontare il periodo che stiamo vivendo da un ventennio a questa parte in Italia all’uomo del futuro, bisognerà organizzare una mostra simile a “Viñetas en el frente” , che costruisca un percorso multimediale che raggruppi i video di Guzzanti e quelli della Sora Cesira, le vignette di Vauro ed Altan, gli stornelli di Benigni, le battute di Spinoza, i Tg di Emilio Fede e Minzolini, i medi della Santanchè, le pagelle del Trota, nonché la sterminata produzione di satira web realizzata da tanti anonimi e geniali spiriti liberi.

Ma non credo basti il Louvre…

 Venusia Vega

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