“Sei steso di schiena su una grossa pietra levigata e fredda. Ti ci tengono inchiodato in due; massicci, seminudi… li intravedi tra i fumi violacei che ti offuscano gli occhi. L’infuso che t’hanno fatto ingurgitare ti intorpidisce la mente; te la imprigiona in una ragnatela di tinte e suoni confusi. Lo sciamano allora, drappeggiato in stoffe multicolori, ti si avvicina da dietro: ha in mano alcuni arnesi appuntiti di ossidiana, e gli occhi invasi da non so che bizzarro furore. Nonostante l’infuso ti ottenebri, quando quello ti si piazza alle spalle a lavorarti lo scalpo il dolore arriva pieno, ed è come essere schiantati da una montagna di pietre roventi. Gridi, ma dalla gola ti sgorga soltanto una schiuma dolciastra. Lui intanto, col punteruolo, ti incide una miriade di forellini sul cranio messo a nudo da una bella scorticata preliminare, e poi, con mano sapiente, con lentezza e applicazione certosine, ti cava via una rondella d’osso insanguinato e se la rigira tra le dita soddisfatto –birbo d’un uomo!– prima di far capoccella da dietro col sorrisetto di chi la sa lunga.
Come facessero, questi dottori dei tempi andati, a trovarsi così a proprio agio in operazioni di neurochirurgia, o come sia che le perforazioni craniche risultino la più antica delle operazioni mediche, con testimonianze rinvenute dal Neolitico alle civiltà pre-Inca, fino all’antica Cina della dinastia Han (200 a.C) –un fottìo, una gragnola di crani perforati, crani perforati a saccocciate, una caterva, e tutti con precisione millimetrica– non c’è dato di saperlo; ma, infine, cosa importa?
Sia come sia, ciò che conta è la tecnica, la tecnica finissima perdio, che andrebbe ripristinata immediatamente tra le pratiche stagionali di pronta guarigione. Quanto ne beneficerebbero i più, giovani o vecchi è uguale, di una salutare foratura cranica? Al posto del vaccino antinfluenzale dico, una buona punteruolata con estrapolazione di lacerto osseo… magari frullando via con una schicchera pure la pietra della follia. Quanto ne abbisognereste, insetti aberranti, di una bella ripulita interna dalle parti del cerebro? Con l’ausilio di un cucchiaino da dessert… oppure di una cannuccia, chissà! Che bella ripulita che si avrebbe… via il superfluo, ventiliamo! Che l’aria passi!”
Così, più o meno, pensava tra sé il professor Anselmo Tordi, ordinario di Chirurgia al Campus Biomedico dell’Università di ***, durante la pausa rinfresco di un importante convegno scientifico, guardando i colleghi che s’avvicinavano, trepidanti e guardinghi, al tavolo del buffet.
Dario Marcucci
Grande ritorno di Marcucci! Sempre eccellente narratore…
Il più folle perdio! Eheheheh…
In effetti c’è un mistero dietro questi interventi cranici…
Strano racconto…
Gli antichi tentavano l’estrazione della “pietra della follia”…
Era anche una terapia per rimuovere i tessuti necrotici e il pus dall’osso osteitico con incisioni… soprattutto in seguito a traumi cranici, quando i miscugli di sole erbe non bastavano….
Le possibilità più orrorifiche che possono balenare nella testa di un uomo… il Marcucci ci parla di quell’insensate azioni compulsiva che posso animare anche l’ultimo della porta accanto…..se poi questo è un medico sono guai…
Sempre straordinario!!!!
Sono appunto in pausa pranzo coi colleghi……..ecco….,
Complimenti a D. Marcucci
Marcucci ha il potere di appagarti ma non di saziarti con questi racconti….. ne vogliamo di più!
Sempre bravissimo e geniale!
un mood di scrittura sempre particolare, coinvolgente e singolare…
una specie di nonsense dove il senso risiede nella chiave di lettura delle psicosi umane…
davvero complimenti a dario marcucci
uki è sempre un piacere……..