Anche Roma ha finalmente un suo Psych Fest. L’evento è stato animato dall’urgenza di ricontestualizzare l’immaginario e gli stilemi che hanno caratterizzato la rivoluzione culturale e artistica di fine anni ’60, ancora così attuali e influenti. Si è trattato del primo vero festival capitolino dedicato alla musica e alle arti psichedeliche: due giorni, tre palchi, 18 band nazionali ed estere, dj set ed esposizioni per un excursus delle nuove tendenze legate all’universo psichedelico contemporaneo. Il tutto è iniziato sabato 1 e domenica 2 Ottobre al Monk di Roma, che si è presentato più che mai trasformato grazie al coinvolgimento di artisti visivi e all’interazione dinamica e significativa di visual, video mapping e installazioni con la proposta musicale.
Ad infiammare il sabato ci sono stati i The Winstons, tra psichedelia e un progressive sporco e sognante…
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– Prima di tutto, vorrei chiedervi com’è nato il progetto e se c’è un motivo preciso dietro la scelta del nome “Winstons”?
Enro era in Giappone. Nell’area di Koenji, a Tokyo, c’era nei vicoli diffusa della musica. Ma non un’ambiente sonoro urbano stupidamente allegro e disimpegnato. Tutt’altro. Stavano diffondendo “Tarkus” di Emerson Lake and Palmer. Al di là dei gusti personali da europei intransigenti, il cortocircuito culturale era talmente interessante e controverso da far diventare tutto fortemente narrativo e nuovo. Tornato in Italia, Enro chiamò a raccolta gli amici di una vita Rob e Linnon per mettere in piedi una band, più o meno intenzionalmente, psycho-progressive. Il nome andò da se: un pacchetto di sigarette su una tastiera e nessuno dei tre sapeva di chi fosse perché tutti e tre fumano la stessa marca. Un pacchetto di marca mitica per chi conosce i Genesis e Zappa. E anche il resto è andato da se.
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– “Tra il pianeta Gong, le rovine di Canterbury e le tombe di Hugh Hopper e Kevin Ayers”. Siete una band di un altro tempo?
Ci piace far parlare di noi senza coniugazioni verbali. Potremmo essere un passato remoto come un futuro prossimo. Siamo dei satelliti del pianeta Gong che suonano “morbidi macchinari”… in una calderone anarchico di suoni Sturdust.
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– Credete che un progetto come questo si inserisca in quella rinascita, italiana e non solo, di un’estetica musicale psichedelica o sia invece qualcosa di diverso e fuori da questo clima? È stato facile trovare un’identità sonora pur venendo da diverse esperienze?
In Generare il tutto è stato naturale e spontaneo. Dai brani ai live è venuto tutto da se. L’ispirazione canterburiana di base che va via via a mescolarsi con le nostre esperienze e le nostre menti. Quindi la libertà di fare ciò che si vuole al di la delle aspettative..
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– Al disco hanno collaborato Xabier Iriondo, Roberto d’Azzan, Jason Endsor, Gianluca de Rubertis e Gun Kawamura. Quanto e come sono state importanti queste collaborazioni?
Very Precius! Hanno aggiunto il colore Indaco al disco!
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– Gun Kawamura è anche un pittore. La copertina dell’album è tratta dalla sua serie pittorica “I nudisti timidi”. Cosa ha dettato questa scelta, se c’è un motivo?
Gun è un super personaggio e artista giapponese che sta a Roma da anni. Lo si vedeva spesso al Forte Fanfulla quelle volte che si scendeva a Roma e ci ha sempre incuriosito il suo stile in generale. Quando si è dovuto pensare ad una copertina Enro ha subito proposto un suo quadro… scelta fortunata! We really Like!
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– In giro, c’è un grande interesse per i vostri concerti. Riuscite a catalizzare l’attenzione sia del pubblico più adulto sia di quello più giovane. Come spiegate queste successo? Ve lo aspettavate?
No, non ci aspettavamo niente.. sin dai primissimi concerti c’è stata tanta curiosità e sale concerti piene. Il che ci intimidiva molto. Non ci aspettavamo sopratttutto una promiscuità di pubblico così.. In prima oltre a fans del prog e della psichedelia ci sono tante ragazze.. forse siamo una psichedelic sexy band?
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– È da poco uscito il vostro vinile che presenta una personale rivisitazione di “Golden Brown”, cover degli Stranglers (lato A), e l’inedita “Black Shopping bag” (lato B). Pare che, quindi, il progetto sia destinato a continuare a lungo. A quando un secondo album?
Come rispose John Lennon ad una domanda sui suoi progetti futuri: “The future!? Who knows?”
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– Come vedete questa prima edizione del Rome Psych Fest al Monk?
We can’t wait!
Domenico Porfido
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troppo forte Dell’Era ….. altro progetto riuscitissimo!
stavolta Gabrielli ha diretto un orchestra direttamente dagli anni 70
pink floyd e soft machine alla carbonara !!!! rimane tutta roba nostrana !!
da paura il primo pezzo !!!
ma che bella intervista per un progetto che non e’ secondo a nessuno
adoro queste atmosfere psichedeliche
assolutamente fantastici!!! dallo space-rock a richiami jazz … disconeeee!!!!
grande Domenico !! altro bel post !
sono stati spaziali .eccellente set
grazie a Porfido ,ora capisco chi sono in tutto e per tutto …
un lungo viaggio sonoro … cuffie ed occhi chiusi.
<3
si può aprire un discorso enorme sulla cultura musicale psichedelica italiana …. si passerebbe comunque per il fantastico album dei winstons
grande musica , in tutte le sue sfaccettature architettoniche
un saluto al sempre fighissimo D.Porfido!
amo molto moltissimo <3
:)))