The Niro in Rocksteria MusicBrunch

The Niro ospite al brunch della capitale

Rieccomi a San Lorenzo di domenica mattina, ad odorare una sensazione strana per i vicoletti che di solito sono abituato a vedere di sera, pieni di gente, piscio, birra e musica.

Una sensazione strana ma positiva, è quella che si respira tutte le domeniche da un po’ di tempo a questa parte al Pulcino Ballerino e che adesso non starò qui a descrivervi perché ne ho già parlato qui (Rocksteria Music Brunch & Pino Marino) e potrete farvi un’idea.

Posso solo aggiungere che l’atmosfera di cui parlavo in quell’articolo non è cambiata -se non in meglio- e anche questa volta c’era un artista della capitale, un ragazzotto romano, mancino, ex batterista di talento che si è scelto come nome d’arte l’ironico “The Niro”.
The Niro canta in inglese, ma non fa arrivare mai quella strana –e fastidiosa- sensazione dell’italiano che scimmiotta goffamente gli artisti esteri, come fa notare giustamente Federico Fiume.
Lui canta (e scrive) in inglese con una naturalezza disarmante.
«Può essere un vantaggio, sopratutto per il problema della metrica, ma all’inizio no, non è stato facile».
Risponde The Niro alla domanda: «È meglio in inglese?» di Fiume.
Che poi, se all’inizio è difficile ma arrivi ad aprire i concerti di gente come Deep Purple, Amy Winehouse e ad essere sotto contratto con la Universal (casa madre, non la filiale italiana) magari poi pensi che ne è valsa la pena sentirsi dire che “cantà in inglese è troppo facile”.
Sembra molto a suo agio in questa atmosfera informale, The Niro, e quindi si lascia andare ad aneddoti e battute (F.F: «Hai conosciuto la Winehose di persona?» – T.N: «Non lei, ma tutta la sua band prima del concerto, visto che è arrivata sul palco senza nemmeno fare il sound check» – F.F: «Forse prima era troppo impegnata a sbronzarsi» – T.N: «Anche durante…»).
Tra una canzone e l’altra la chiacchierata va avanti e non manca nemmeno la domanda obbligatoria da fare a The Niro sulla sua somiglianza artistica –presunta o meno- con Jeff Buckley.
Lui dice che no, che non lo conosceva nemmeno, e che fu una sua ex a farglielo scoprire quando ormai già tutti gli dicevano questa cosa.
«Forse abbiamo avuto lo stesso processo mentale, gli stessi stimoli emotivi che ci hanno portato a scrivere e a suonare certe cose in un certo modo», ipotizza un The Niro sufficientemente sincero, devo dire.
Forse sono gli stessi stati d’animo negativi sotto i quali dice di aver scritto (e di continuare a scrivere) le sue cose migliori.
Che sono notevoli, come la sua splendida hit “Liar” che mi riascolto volentieri dopo aver buttato giù l’ultimo sorso di “rosso della casa” e mi vengono da pensare altre cose su di lui.
Insomma, ho pensato che anche se non posso dirmi un fan di The Niro e non mi piace il personaggio che si è creato, non posso che ammettere il fatto di avere davanti non solo un musicista dotato di bravura tecnica, di una voce e di una sensibilità fuori dalla norma, ma un artista vero.
Perché a mio modo di vedere le cose, quelli veri si riconoscono a pelle, per istinti ed emozioni che ti suscitano, oppure si vedono quando vengono messi a nudo, fuori dai loro schemi e dalle loro maschere artistiche, proprio come succede qui a Rocksteria.

Forse è questo il punto di forza di questa iniziativa eccellente, il riuscire a mettere sotto una luce diversa un’artista e guardare se brilli o meno, un punto di forza che ci piacerebbe vedere ancora più rimarcato nella prossima edizione (questo era il penultimo appuntamento), magari anche con una revisione del prezzo (per carità, un concerto vero e proprio ed una serie infinita di piatti originali e buoni assai a meno di venti euro non è cosa da poco), ma banalmente devo rimarcare che la crisi c’è, che sopratutto nei normali fruitori di musica (i giovani) si sente ancor di più e iniziative come questa che valorizzano la musica non possono andare in crisi per mancanza di fondi.
Mentre penso a questi appunti da fare, The Niro imbraccia la sua Gibson semi-acustica per l’ultimo pezzo, e per prendersi un applauso lungo, scrosciante e meritato.
Buona domenica.

Marco Caponera

 

 

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