Steve McCurry -In mostra a Roma

Il più grande fotoreporter del nostro secolo che ha raccontato la storia dell'uomo nel suo rapporto con l’ambiente e le tradizioni

«La maggior parte delle mie immagini raccontano dell’essere umano. Cerco il momento, inosservato, in cui l’anima umana fa capolino sul volto di una persona».

 

Sono 250 le immagini raccolte nella mostra dedicata al più grande fotoreporter del nostro secolo: Steve McCurry.

Esposte al Macro (La Pelanda) di Roma fino al 29 Aprile 2012 allestite in maniera impeccabile da Fabio Novembre (architetto e designer nostrano).

Entrando si viene accolti e direzionati dalla struttura che ricorda un villaggio nomade, il percorso non dà margine di errore, basta seguire i volumi che si compenetrano tra loro e che ospitano i magnifici scatti, scelti non con criteri spazio-temporali bensì per corrispondenza emotiva che accomunano persone e luoghi.

Ritroviamo fotografie di trent’anni di carriera in giro per il mondo ma anche una selezione di lavori ben più recenti dal 2009 al 2011: il suo viaggio a Cuba per passare ad immagini dedicate al buddismo in Thailandia e Birmania e concludendo con il progetto “The last roll”: trentadue immagini scattate con una reflex 35mm con un rullino da 36 pose, la Kodachrome, ultima pellicola invertibile a colori prodotta e donata all’artista dalla Kodak (dopo 131 anni di attività fallisce perché travolta dal boom del digitale).

 

Il primo abbraccio lo spettatore lo riceve dagli sguardi di bambini su cui l’obiettivo si è fissato,  volti sorridenti, invecchiati prematuramente, divertiti, tremanti che raccontano di Paesi devastati dalla guerra, di bambini in cerca di affetto, desiderosi di crearsi una vita migliore. I colori, i contrasti forti e dirompenti fanno da sfondo a questi occhi penetranti e commoventi come la fotografia del bambino peruviano in lacrime con una pistola puntata alla tempia, o anche il sorriso divertito del bambino con un agnellino sulle spalle, o di Sharbat Gula, la dodicenne afghana dai grandi occhi verdi fotografata nel 1984 divenuta famosa in tutto il mondo, un’icona, che non smette di stupire per la sua intensità.

Non manca l’omaggio di McCurry per i 150 anni dell’Unità d’Italia con immagini che toccano lo stivale da nord a sud dove la tradizione la fa da padrona come, ad esempio, la “Festa dei ceri” tra le vie di Gubbio.

Una grande varietà di esperienze umane, di bellezza unita alla meraviglia, di forte contrasto tra sublime e bizzarro, sacro e profano, passato e presente donano vigore alle opere, un universo esperienziale che l’artista comunica in maniera semplice e diretta, un’ispirazione per ognuno di noi.

L’uso evocativo dei colori, accostato all’intensità di sguardi e luoghi, rendono lo stile di Steve McCurry unico nel suo genere, un grande fotoreporter nato in Pennsylvania negli anni cinquanta, fotografo-simbolo di National Geographic, più volte vincitore del premio “World Press Photo of the Year” (Premio Nobel della fotografia). Ha fatto della sua vita un viaggio silenzioso e senza fine, fissando nel tempo istanti irripetibili che attraverso volti, colori, paesaggi e luci pervasi da una magica atmosfera, descrivono l’identità di paesi come l’Afghanistan, il Tibet, l’India, la Birmania, il Perù. Ha così raccontato la storia dell’uomo nel suo rapporto con l’ambiente e con le tradizioni, un viaggio verso la conoscenza. Una mostra in cui è bello rimanere intrappolati nei colori e nelle sfumature emotive dal primo all’ultimo scatto. Da non perdere.

Micol Del Pozzo

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