Il senso del futuro ai tempi del CoranaVirus (secondo Umberto Galimberti)

Da un'intervista al noto filosofo, per comprendere cosa ci sta succedendo e dove stiamo andando a parare

Da poco è cominciata la Fase 2. La prima cosa che mi chiedo è: questa esperienza, quella stringente della Fase 1, ci ha insegnato qualcosa? Abbiamo imparato qualcosa da questa esperienza?
La seconda cosa che mi dico è: speriamo che i miei compatrioti non facciano i pazzi ed escano tutti quanti in strada, sennò rischiamo di dover ricominciare tutto e io non posso andare a prendermi il sole in santa pace questa estate!

Per affrontare il discorso serio, ma non serioso, ci siamo affidati alle parole di Umberto Galimberti, che ha fatto un sacco di cose, dato che si muove tra filosofia, sociologia, psicanalisi e antropologia culturale. Le domande che si pone sono relative al traguardo che l’essere umano aveva pensato di raggiungere e se in questo periodo di stasi ha dovuto rimettersi in discussione e rimettere in discussione le sue certezze e il percorso fatto fino ad ora.

A che punto eravamo?

C’è da prendere in esame anzitutto il fatto che l’umanità ha visto e superato di tutto, quindi questo Coronavirus non è qualcosa di nuovo e insuperabile: dalla peste del 1300, alla bomba atomica, alle torri gemelle il genere umano è stato sottoposto a varie forme di supplizio e strazio, fisico o psicologico.
In un modo o nell’altro si è sempre rialzata. Forse però, ed è questa la novità rispetto per esempio alla peste nera, con le tecnologie avanzatissime che ci sostengono e con tutto ciò che può rientrare nella categoria di progresso, non eravamo più pronti a tutto questo.
La peste bubbonica ormai è cosa vecchia, ma gli attentati terroristici no, eppure esistono. Quindi lo sviluppo raggiunto davvero ci po’ difendere da tutto? Forse no, come abbiamo visto.

Una pandemia può ripresentarsi da un giorno all’altro senza che ce lo si aspetti, anche se qualche avvisaglia era prevedibile. Biologia e madre natura in questo caso hanno alzato la testa e si sono fatte sentire, forse proprio a causa dell’eccessivo sviluppo e del poco rispetto.

Visione del passato e del futuro

Quando parliamo di progresso, parliamo di futuro, tendenzialmente. Ma cosa vogliono dire? Progresso non equivale a dire che non si avranno più problemi. Il futuro quindi è un tempo come un altro.
La cultura occidentale risente della visione cristiana, che vede nel futuro salvezza e redenzione. Aggiungo che il futuro a cui fa cenno è trascendente e metafisico, quindi si sono fatti influenzare anche i pensatori anti-cristiani come Marx, quando parlano di un futuro terreno in cui sarà abolito il capitalismo e si avrà giustizia sociale per tutti. Previsioni di Marx che non si sono avverate, faccio notare.

Forse quindi non è più da concepire il passato come ignoranza, il presente come tempo della ricerca e il futuro come tempo della salvezza. Forse dovremmo abbandonare l’influenza religiosa, pensare al futuro terreno e considerare il passato come possibile fonte di insegnamento.

Maggiore consapevolezza

Uno dei motivi per cui una cosa del genere tanto ci sconvolge è che abbiamo dimenticato che il dolore è parte della vita. Non siamo in grado di affrontare gli aspetti più negativi della vita. Ma l’esserne coscienti e il divenirne consapevoli non vuol dire diventare negativi e depressi, anzi: questa consapevolezza è anche cercare una soluzione. Lo diceva anche Schopenhauer per esempio: arrivare alla consapevolezza che la vita è dolore vuol dire anche cercare il modo di distaccarsi da questo dolore e non vivere più in modo solo passivo.

Problema di consapevolezza che investe anche il futuro: un esempio pratico è l’aver diminuito i posti in terapia intensiva ed essere impreparati ad affrontare un avvenimento simile. Certo, ci si poteva mai immaginare una pandemia? No probabilmente, ma questo non giustifica il fatto che quella è stata una scelta che ha preferito altro, ha preferito altri valori. Forse allora dovremmo capire meglio quali sono i valori importanti su cui investire?

Un tempo diverso, un tempo di riflessione

Siamo di fronte ad un tempo diverso da quello a cui eravamo abituati. Siamo in un periodo in cui la nostra settimana non è scandita dal lavoro e dalla fuga dal lavoro nel week end. È un momento questo in cui possiamo rivolgere lo sguardo a noi e a ciò che per noi è veramente importante. È il momento in cui riflettere e renderci conto di tante cose.

Come ad esempio: cosa va veramente rispettato e che è ancora lì, immobile, che resiste al virus? I monumenti, che poi sono dei prodotti umani. La riflessione è questa: ci sentiamo in gabbia, vorremo uscire, ma c’è qualcosa, che diamo per scontato, che resiste e che non è in gabbia, e questa cosa è l’arte. L’arte e la cultura sono una espressione umana. Non è qualcosa da rispettare e da ammirare come la salute e la vita umana?

Il significato dell’arte

Per esempio i monumenti, come fori imperiali o Colosseo, i canali di Venezia, e tutto quanto il resto, rappresentano qualcosa di duraturo e di prodotto dall’uomo. Sono una comprensione della realtà e anche attribuzione di senso alla realtà. Forse guardare all’arte è guardare a come l’uomo vive e a quali sono stati, e possono essere, i valori che per lui più contano. Ecco allora che ci riguardano da vicino, i monumenti per esempio, perché esprimono ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che potremmo essere. E il monumento è si contemplabile da soli, ma è una prodotto di una cultura, di una società, quindi ha in sé anche un peso e valore sociale che forse è quello che abbiamo perso.

Anche se vediamo i monumenti e i musei grazie ai tour virtuali, dobbiamo sempre tenere presente che le opere che osserviamo da soli sono prodotti di una cultura umana. Invece probabilmente è successo che internet non ha fatto altro che portare a galla l’aspetto individuale ed egoistico, e ci siamo dimenticati di guardare a quello umano.

Roberto Morra

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