Roma Brucia @Villa Ada (07/2014)

Report dell’evento "Roma Brucia" ..Villa Ada incontra il mondo (di Roma nord e dell’underdog romana). Il top? Frank Sent Us, Maria Violenza e NAUTI

«Brucia Roma, brucia Roma co’ li romani brucia Roma, brucia Roma co’ li cristiani brucia Roma, brucia Roma er parlamento brucia Roma, brucia Roma cor Papa dentro Brucia Roma, brucia Roma e ce lo sapevamo c’ ‘o sapeva morto bbene puro Nerone ma mentre solo lui sapeva suonare la cetra mo’ noialtri semo in tanti a sparare».
(Antonello Venditti)

 

E in tanti hanno sparato la loro musica nelle nostre orecchie domenica sera all’evento musicale dell’estate romana, “Roma Brucia“, tenutosi a Villa Ada. Il top della giornata? Frank Sent Us, Maria Violenza e NAUTI.

Tanti i gruppi che si sono fatti conoscere al pubblico; un pubblico in buona parte composto dall’underdog romana (che è in pratica quasi un opposto dell’ underground, i componenti sono quei giovani che hanno l’unico compito nella famiglia di portare fuori il cane a pisciare sotto casa ai parioli* e che sfruttano l’occasione per far pisciare il cane sulla Vespa, sulla macchinetta del vicino o nemico di turno, ma senza abbassarsi a farla loro. Se il cane caga non raccolgono, e poi io la acciacco, dicono che porti bene, ma…).

Ma c’era anche un pubblico in buona parte capace di apprezzare il nuovo e chi sa distinguersi dalla massa. Infatti proprio come dovrebbe essere nell’intento dell’evento sono state proprie le band minori a farci emozionare e a darci maggiori soddisfazioni. È sempre bello vedere la genesi e l’evoluzione di una band (come ci è successo in passato già con I Cani), gli esordi, i primi successi di pubblico e di critica, la crescita, i cambiamenti, i progetti paralleli and so and so forth. Ed eventi come questo danno proprio la possibilità di fare questo… di appassionarci a due o tre artisti e band e di vedere dove andranno a finire e cosa diventeranno. Se bagliore nella notte o faro per i nuovi naviganti.

Come diceva anche il buon Venditti, Roma è andata a fuoco domenica sera. Ha bruciato di passione e di voglia di spaccare una batteria, una chitarra, un microfono sulla testa dei benpensanti e della mediocrità. Perché anche alla faccia dei più scettici la qualità era veramente alta; e questo l’hanno garantito i gruppi minori, perché sui Frank Sent Us e I Cani ci si poteva contare. Un applauso va quindi agli organizzatori capaci di selezionare il meglio (o quasi) della scena indie romana.

 

Ma partiamo dalla fine. O da quello che sarebbe dovuto essere il meglio della giornata. E in qualche modo lo è anche stato (che non se ne offendano tutte le altre band). I Cani ci hanno intrattenuto fino a tarda notte, e anche sotto un po’ di pioggia, con i loro testi vertiginosi e la loro musica ipnotica e ripetitiva.

Hanno suonato gran parte dei loro pezzi che oramai sono entrati nelle playlist della Roma da (s)ber(l)e e/o nella underdog romana. Fra questi: “Non c’è niente di Twee“, “Le Coppie“, “FBYC“, “Come Vera Nabukov” e “Velleità” meritano due parole in più. La prima ha veramente emozionato ed esaltato il pubblico (che già erano saltati in aria con la prima canzone “I pariolini di 18 anni”), presi dal vortice elettronico spinto fino a una nausea nirvanica; “Le Coppie” è stata invece l’emblema (ma insieme a molte altre come “Wes Anderson“, “Door Selection and son and so forth“) di quello che leggerete fra poco qui sotto; su “FBYC” vi incolliamo il testo e direi che basta per farvi capire che bomba è: «Vorrei stare sempre così, avere cose pratiche in testa, i soldi per mangiare i dischi, i videogiochi e basta. Vorrei stare sempre così avere cose pratiche in testa i soldi per mangiare i dischi, i videogiochi e basta. Vorrei stare sempre così avere cose pratiche in testa i soldi per mangiare i dischi, i videogiochi».  “Come vera Nabukov” è un capolavoro, e fortunatamente non ha visto compromessa la ‘sua’ abilità di raccontare una storia e farci immedesimare nei personaggi; che lo storytelling fosse l’ abilità migliore di Niccolò e soci non è una novità recente, ma non è una novità neanche da poco, e difatti con “Velleità” è esplosa, fusa con una elettronica potente e finalmente reattiva.

 

Quello che purtroppo ci tocca sottolineare è che come band live perdono veramente troppo. Diversi i motivi e tutti decisamente importanti: l’uso spropositato delle distorsioni che sovrasta gli altri suoni e la stessa voce di Contessa; i testi sono troppo elaborati per essere gustati fino in fondo ad un concerto (anche soprattutto per il motivo precedente e quello successivo), meglio nella nostra stanzetta che dà su Corso Trieste e sul Giulio Cesare dove siamo in affitto a 500 euro al mese pagata dal nostro papà calabrese; in generale acusticamente il suono perde un botto, nell’insieme ci si gusta una caciara spettacolare nella quale i ragazzini sotto il palco si esaltano e pogano e si lanciano birre e si malmenano, ma in questa babilonia di suoni però si perde un segnale limpido, che sia della voce, della chitarra, della tastiera e dei synth. Quindi più baldoria sì, più fomento sì, ma io cazzo voglio sentire una canzone cantata bene, con tutte le meravigliose frasi scandite come si deve. Come nelle versioni in studio. Quello è il loro forte. Sennò meglio andarsi a sentire Lo Stato Sociale che live ti fanno saltare, divertire, godere e morire dal ridere, ma in studio fanno mezzo pena. E passiamo a chi li ha preceduti:

 

..i Frank Sent Us.

Beh rega, questi spaccano davvero. Già da tempo una seria realtà qui a Roma e in giro per i club più alternativi d’Italia. Ipnotici è dire poco. Ripetitivi? Si un sacco, ma come ci hanno detto loro in un intervista che ci hanno rilasciato, è tutto finalizzato ad essere riconoscibili. D’altronde c’è troppa roba in giro, difficile sennò essere ricordati (discorso sul quale era finito anche Ufo degli Zen Circus nell’intervista, sempre a Villa Ada della settimana scorsa) e distinti dagli altri. Meglio cavalcare un genere e saper fare bene qualcosa. E loro sono bravi un bel po’. Rielaboratori di suoni, di video e della cultura pop. Sono capaci di remixare e fare una canzone su qualsiasi cosa. Talmente sono bravi e puliti che i loro suoni e i loro concerti sembrano quasi in playback (anche questo con la faccia da culo che abbiamo solo noi di Uki glie lo abbiamo detto nell’intervista che presto pubblicheremo) e invece no. Suonano tutti e tutto dal vivo. Ogni singolo remix spacca uguale, come quello degli Die Antwoord, quello dei System Of A Down o di Ritorno al Futuro, senza fare distinzione! Ciò che però è una spanna sopra gli altri è il pezzo uscito fuori dalla collaborazione con i Colle Der Fomento. La cosa che mi piace più di tutto di loro è la poliedricità di ciò che fanno. Qui ti suonano e mixano per farti ballare e divertire, ma possono fare tranquillamente performance audiovisive di alto livello (non in-da-club ma in-da-museum) o i loro video essere usati per installazioni artistiche. A dir poco multitasking.

 

Non malaccio i Boxerin Club anche se li abbiamo spinti giù dalla torre perché non hanno niente di italiano. Ma proprio niente. E ciò risulta originale se sei italiano. Ma se non sembri italiano, allora diventi uno dei tanti migliaia di gruppetti pop britannici. Piacciono all’underdog romano e il sound in tutti i casi non era male; pulito, preciso con testi non banali. Quindi daje ragazzi che sotto alla torre c’era un materasso e in cima alla torre potete sempre fare in tempo a risalire (cosi vi ributtiamo giù, no scherzo).

 

Rancore & Dj Myke, fanno rap e hip-hop; roba che attualmente sembra essere la nuova linfa nella musica italiana, ma la verità è che non pungono abbastanza. Non sono violenti come questo genere ci ha insegnato e richiede. Nota negativa? Non lo so, perché risultano diversi. I testi evitano le solite rime trite e ritrite ed esplorano percorsi nuovi. Buon lavoro ragazzi, veri Parolieri ma con troppo fioretto.

 

Ai Quartieri diciamo un paio di cose. Siate voi stessi. Non salutate Mimì (il cantante dei Massimo Volume) come fa Manuel, non invocate la Luna come i Verdena, non scopatevi Godano senza che lui lo sappia.

 

I Morgan con la I, invece ci piacciono. E li vogliamo vedere ancora, testi accattivanti, dolci e simpatici. Cavalcano uno stile cantautoriale già sentito ma con un bel tono positivista che ci piace per guardare al giorno con una lacrima e un sorriso in più.

 

I BMC? Beh loro sono come il posto da dove prendono il nome; la Big Mounain County era una contea tra montagne e spiagge, dove passavano blues man, teenager che ascoltavano folk e rock’n’roll sporco, si trovavano pub popolati da vecchi punk e negozi pieni di amanti del soul e del beat. E loro sono cosi un mix sporco di tutti i generi. Ci hanno intrattenuto da dio e ci hanno persino fatto gasare fra una partita di bliardino e un’altra.

 

Il top però delle band emergenti lo raggiungiamo con due artisti: Maria Violenza e i NAUTI.

Maria Violenza è qualcosa di inaudito. Roba fantasmagorica, fa tutto lei da sola, su un palco immenso che sembra di colpo delle sue dimensioni per come lo tiene. Chitarra, synth, batteria, altri apparecchi non identificati e voce. Una voce che prende l’anima e ti porta a vomitare il male di questa civiltà corrotta e omologata. Canta in francese, forse in africano, forse in una lingua inventata, ma i suoni gutturali che escono dalla sua bocca ci spingono a muoverci come serpenti ipnotizzati da un incantatore di serpenti che suona il serpentone che ci ha scovati al serpentone grazie a un serpentaro di Firenze.

 

I NAUTI, invece sono precisi. Si capisce che fanno e lo fanno bene. È forse per questo che vanno forte nell’underdog romano (ma come ci hanno detto, intervistati: «Voglio raggiungere pure il resto del pubblico romano»). Il loro electro-pop mai scarico e scanzonato ci intrattiene durante un pomeriggio bello caldo. “Nauti“, la canzone omonima è veramente forte, il ritmo è curioso, il testo leggero e se non fosse stato per il caldo la gente avrebbe ballato. Le altre anche non erano male, e abbiamo notato un’abilità di variare genere (electro-rock), che non è comune a tutte. La band è composta da due ragazzi sui trent’anni senza fronzoli e amichevoli come pochi, con cui ci siamo davvero divertiti a fare due chiacchiere. E soprattutto a sentirli suonare.

Infine cliccando qui troverete una finestra su Luca Bertelli e il suo Hang. Suoni ipnotici.

 

Ora vi saluto e vi auguro a tutti quanti giovani di belle speranze una bella e lunga carriera.

In bocca al lupo figli di Roma.

 

* Casa che di solito si trova nel triangolo dei bermuda a fiori: Prati-parioli-trieste.

Gabriele Edoardo Mastroianni

 

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