Raffaele Messina è nato a Catania, ma vive e lavora a Napoli. È autore di testi scolastici, di saggi e di racconti e romanzi, oltre a essere storico e critico letterario. Collabora con la rivista «L’EspressoNapoletano» e ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali si ricordano i saggi “Il continuo e il discreto nella scrittura di Pirandello” (Loffredo, 2009), “Letti d’un fiato. Frammenti di produzione narrativa a Napoli e nel Mezzogiorno” 2000-2012 (Homo Scrivens, 2013), e i racconti “Prestami la penna!” (Premio Rolando 2010) e “Muschillo al tempo della crisi” (Premio Megaris 2012). Del 2018 è il romanzo “Ritrovarsi” (Guida editori), un affresco amaro e appassionato degli anni della Seconda Guerra Mondiale e dell’occupazione nazista del territorio di Napoli, e una testimonianza del riscatto di un popolo stanco di essere sottomesso.
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– Il titolo “Ritrovarsi” non è solo riferito al sogno di una vita con Patrizia che Francesco persegue con fermezza durante i duri anni della guerra, o al recupero di un rapporto padre-figlio per tanto tempo contrastato e frainteso. È infatti anche riferito al risveglio della città di Napoli, alla presa di coscienza di un’illusione creata da falsi miti, al coraggio di riprendersi il proprio destino. È un romanzo che parla di riscatto e consapevolezza. Un tema attuale, raccontato attraverso vicende del passato che hanno segnato un’epoca. Quanto è importante che la letteratura si faccia portavoce delle contraddizioni della società, e portatrice di un messaggio di rinnovamento?
È molto importante. Non basta che un romanzo sia scritto bene, bisogna anche che l’autore abbia qualcosa da dire. In tempi di “Amore liquido”, per dirla con un titolo di Zygmunt Bauman, il tempi di rapporti sentimentali deboli e precari, io ho voluto raccontare una storia di sentimenti forti, di promesse fatte mano nella mano che durano nel tempo, che attraversano la distanza e i sacrifici. Ho voluto dire anche, forte e chiaro, che la Resistenza nazionale al nazifascismo è partita da Napoli, dal Mezzogiorno d’Italia e poi è risalita verso Nord; che Salvo d’Acquisto non è stato figlio unico, nel senso che il suo stesso spirito di sacrificio ha motivato tanti altri Carabinieri Reali a Napoli dal 9 al 12 settembre si sono rifiutati di consegnare la popolazione civile di Napoli in mano ai tedeschi. Per tre giorni quei Carabinieri hanno sparato, hanno ucciso soldati e ufficiali tedeschi, nel tentativo di difendere la Prefettura, il Palazzo dei Telefoni, la sede del loro Comando. E ne hanno pagato le conseguenze, anche se oggi nessuno ne ricorda i nomi. Anche questo racconto in “Ritrovarsi”.
– Rimane fortemente impressa nella mente del lettore l’immagine del protagonista Francesco e di sua madre che scendono nell’inferno simbolico del rifugio antiaereo, e vengono travolti dalla realtà della gente che ha deciso di vivere nell’oscurità di un bunker, e che ha dovuto abbandonare la propria abitazione e ha visto disgregarsi la propria famiglia. L’affresco sul muro rappresentante una casa e fili d’erba che non raffigurano un prato ma contano i giorni di prigionia è toccante. Si è basato su racconti reali e testimonianze di chi ha vissuto quei dolorosi momenti per scrivere il suo romanzo?
Nessun racconto e nessuna fantasia. È tutto vero. Circa trent’anni fa discesi personalmente nelle cave sotterranee dove erano stati approntati i rifugi antiaerei e feci una ricognizione fotografica di tutto quello che c’era disegnato sui muri. Oggi, in parte di quegli stessi cunicoli, si fanno le visite guidate per turisti.
– Ha mai pensato di scrivere un sequel in cui raccontare della vita di Francesco e Patrizia nel secondo dopoguerra?
Ci penso, ci penso spesso quando incontro i miei lettori in occasione delle presentazioni in libreria o nei centri culturali. Vado dovunque abbiano la cortesia d’invitarmi, dalle grandi città (Roma, Napoli, Salerno, Avellino) ai piccoli centri della vitale provincia italiana, da Minori ad Acireale, a Baronissi… I lettori spesso me lo chiedono e, forse, non li deluderò. Ma adesso è prematuro parlarne.
– “Ritrovarsi” si apre con delle poetiche descrizioni di Capri, del suo territorio e della vivace vita della comunità dei pescatori. So che ha abitato alcuni anni sull’isola, proprio come il protagonista Francesco. Egli ripensa con nostalgia agli anni dell’infanzia, in cui era spensierato e felice, prima del trasferimento a Napoli e dello stravolgimento dei suoi progetti e della sua famiglia. Quali sono i suoi ricordi più belli e qual è il suo legame con Capri e con la città di Napoli?
Nel romanzo c’è una pagina in cui racconto di Francesco sul ciglio del “Salto di Tiberio”, il precipizio di Villa Jovis dal quale l’imperatore Tiberio faceva gettare servitori infedeli e chiunque gli fosse antipatico. Ebbene, si tratta della rielaborazione narrativa di un elemento autobiografico, di un ricordo della mia infanzia: da bambino realmente scavalcavo il muro di cinta e mi affacciavo su quello strapiombo di trecento metri. A Napoli vivo da oltre cinquant’anni e questo romanzo è anche segno del mio radicamento.
– Quali autori o opere letterarie hanno ispirato la stesura di Ritrovarsi?
Certamente Pirandello, Le Novelle di Pirandello. Ma il lettore esperto troverà anche sedimento di molte altre letture paradigmatiche, dal Resto di niente di Enzo Striano all’Agostino di Alberto Moravia, da Eduardo De Filippo a Curzio Malaparte e Domenico Rea.
– Il suo romanzo non è solo il racconto puntuale e accurato della situazione napoletana di disfatta e successivo riscatto durante l’occupazione tedesca, ma è anche un’opera che tratta di amore, in tutte le sue declinazioni. Ci racconti il suo punto di vista su “Ritrovarsi”, quali tematiche affronta, e perché vale la pena leggerlo.
Perché vale la pena leggerlo? Perché è un romanzo in cui c’è tanto sentimento, senza scadere nel sentimentalismo; c’è tanta storia senza cadere nella pedanteria. Io mi sono commosso a scriverlo, spero che il lettore si appassioni a leggerlo. Le tematiche che affronto sono tre, tutte in qualche modo contenute nel titolo. “Ritrovarsi”, infatti, esprime certamente il desiderio nutrito da Francesco, ma allude anche al destino di ogni figlio di riscoprire il proprio padre dopo la fase di conflitto adolescenziale. Ed è anche il ritrovarsi collettivo di una città nella lotta per la sopravvivenza, nella Resistenza antinazista e antifascista.
– Un personaggio secondario ma non per questo meno importante, il professor Salviati, apre gli occhi di Francesco sull’importanza di andare oltre le apparenze, di non giudicare il padre senza prima aver vissuto “nei suoi panni” le situazioni che lo spingono a comportarsi in un determinato modo. Salviati diventa il simbolo delle lotte odierne al pregiudizio e all’incomprensione del diverso. Quanto di lei e del suo sistema di valori c’è in questo e negli altri personaggi del romanzo?
Io eviterei di forzare l’interpretazione del testo, leggendolo in riferimenti ai fatti di cronaca di questi nostri mesi o anni. Il contrasto apparenza/realtà presente nel romanzo è relativo ai rapporti padre/figlio, non alle difficoltà di dialogo interculturale. Non facciamo dire al romanzo quello che non dice: il multiculturalismo è un’altra cosa e non c’entra.
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Antonella Quaglia
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Titolo: Ritrovarsi
Autore: Raffaele Messina
Genere: Romanzo di formazione
Casa Editrice: Guida Editori
Pagine: 176
Codice ISBN: 978-88-6866-390-2