Spazi definiti meticolosamente. Vi si spalmano gli organismi umani anomali e viaggianti su questo pullman.
Lamenti, bottiglie che rotolano, unghie troppo lunghe e colpi di tosse.
Le regole.
I sistemi di ventilazione.
Gallerie.
Malattia, in generale.
Tutti conoscono la propria meta qui. Non sono previste incognite. Ognuno è chiamato ad onorare il proprio tragitto come ritiene necessario, dando per scontato, con superficiale fiducia, che ogni singolo soggetto disponga di sufficiente autocontrollo. È per questo che nessuno trema impaurito, nessuno impugna un’arma pronto a difendersi. Al contrario, sono tutti straordinariamente rilassati. Incoscienti. Immersi completamente nella rassegnazione, pronti a sgomberare la mente da responsabilità.
Perché non sono spaventati da me, potenzialmente in grado di ucciderli?
Come se la morte fosse una cosa da niente.
Un vecchio enorme, annaspando tra le oscillazioni, dice al nipote: «Se qualcuno dovesse farti domande, tu sei mio fratello».
Tutto giace nel silenzio brulicante di cartacce del pranzo al sacco.
Uno dopo l’altro, i passeggeri, cadono nel sonno a braccia conserte, con la bocca spalancata sbavando anche un po’.
Siamo una famiglia di sconosciuti.
di Edoardo Vitale
Foto: “iUole“, di Edoardo Vitale
cazzo! che spettacolo!
una mia giornata da ordinario pendolare
strepitosamente corrosivo..l'impulso dico.
una fotografia dell'indomabile assuefazione dell'ordinarietà. un'immagine, quella di Vitale che incita al sangue freddo per abbracciare.
sei bravissimo. complimenti
voglio "uccidere" james dean
Siamo una famiglia di zombie?
ti lovvo
malattia – morte – bava
BANG!!!
ho paura di prendere il treno domattina…
..io di uccidere qualcuno