Peter Hook & The Light @ Warehouse (Roma) – 05/2016

Peter Hook, il mito del post-punk e della new wave, con i suoi The Light, ha proposto una notte celebrativa dedicata ai Joy Division e uno speciale opening set dedicato ai New Order... una serata da incorniciare!

Per quelli che non lo sanno Peter Hook & The Light è una formazione inglese volute da Peter ex bassista dei Joy Division. È composta da Peter e i Monaco: Paul Kehoe, batteria, e David Potts alla chitarra. Peter Hook (13 Febbraio 1956) è bassista, Dj, produttore e co-fondatore dei Joy Division.

Tanto per capirci è stato il produttore degli Stone Roses e degli Inspiral Carpet, e poi del club La Hacienda. Dopo la morte per suicidio di Ian Curtis, i Joy Division diventano New Order, Hook ci suona il basso sino al 2007.
_MG_1175Decide quindi di contribuire ai Revenge One, splittati nei Monaco (due dischi: “Music for Pleasure” e “Monaco“), con i quali forma i The Light… che hanno appena pubblicato un album con cover e inediti dei Joy Division.

Trent’anni dopo è una misura strana, ero minorenne e l’elettro o il post punk sembrano lontani anni luce. I Joy Division erano e rimangono una perfetta e affascinante anomalia musicale. Una visione alienata dei generi musicali.. un fascino nichilista del “pop-rock”.

Trent’anni dopo: il Warehouse di Roma è pieno, non solo di 40/50enni come pensavo. Il pubblico è eterogeneo. C’è di tutto. Questa è la forza di Hook, che cavalca e mena su quel basso da più di trent’anni, la sua musica non è nelle chart, ma non c’è nessuno che non l’abbia sentito almeno una volta.
La sua non è musica pop, non è di genere, la definirei di frontiera. Hook ha suonato il basso in uno dei gruppi più innovativi degli anni 80, è poi diventato produttore di altri gruppi di avanguardia sino alle ultime collaborazioni con Pharrel e coi Crystal Method, generi tra il pop e il drum&bass, che di rock hanno solo i suoi giri di basso.
Peter canta con un energia che non ti aspetti, l’armonia è insolita, mena sul basso come un indiavolato, non sembra ma le distorsioni e i mixer lavorano bene e il suono arriva preciso e martellante, ognuno del gruppo fa la sua parte e non ci sono sprechi…. arriva proprio tutto. Ed è strano per me sentire musiche anni 80 in una versione rock e post punk, ma non è una cover band, i brani sono attualizzati come se fossero scritti oggi. L’anima non è la stessa, ma il suono è di oggi, arrivano distorsioni e suoni puliti, trent’anni fa sarebbe stato impossibile visto che leggenda vuole che il primo basso l’abbiano comprato facendo una colletta. _MG_1159

Scaletta incredibilmente lunga, servono due pause: “No Love Lost“, “Atrhocity Exhibition“, “Isolation“, “Passover“, “Colony“, “A Means to the End“, “Heart e Soul“… e siamo nel post punk, poi gradualmente si va al punk rock. Qualche traccia di elettro, in “Digital“, “She’s Lost Control“, il tempo aumenta e la batteria è sempre più presente. I Joy Division non ci sono più, e dopo venti minuti l’hai anche dimenticato, la musica come già detto è attuale, non è una cover ben fatta… è altro e quello che non ti avevano detto trent’anni prima “Wilderness“, “I Remember Nothing” o “Dead Souls” lo fanno oggi: «C’era un futuro e sarebbe stato diverso». Quello che Hook mi ha raccontato è che le cose cambiano e che lui alla fine anche cambiando spesso pelle, è sempre stato li a suonarci quel basso, a raccontarci quelle storie, a spingere e a guardare avanti. Saranno dieci anni che non li ascoltavo più, ma in qualche luogo della mente quelle canzoni le abbiamo cantate e suonate sempre… anche noi. Come i ragazzini della techno che arrivano a fine concerto e non sanno che sentiranno ‘pezzetti’ proprio dei Joy Division o i giri di basso di Hook da qualche parte nel Dj set… dove il Dj li ha infilati. Lo so, perché senza Peter la musica inglese sarebbe stata ben diversa.

Per la cronaca: a seguire si è tenuto un aftershow pirotecnico con la leggenda della techno europea Oscar Mulero… serata da incorniciare.

 

Daniele De Sanctis

Foto: Maria Ferrini

 

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