Paolo Benvegnù @ CantianoLive – 11/2017

Storia di molte brutte canzoni e altre bufale

Avevo un taglio caldo e sanguinolento addosso, perdevo tardivamente i denti da latte. Proprio allora, complice la sbandataggine del momento, arrivarono le sue canzoni a carezzarmi il collo. Svestivo la mia ingenuità e buona parte di incoscienza, armando in cambio gambe nuove e artigli che spuntavano come fossero denti del giudizio; in tutto questo quella musica mi era Caronte, mi accompagnava all’altra riva cauterizzando le ferite, fino a farmi partorire e sbarcarmi, finalmente, uomo.
Potrete quindi sospettare il mio stato d’animo nel ritrovarmelo a fianco con una mozzarella di bufala. Io ho finito la mia pizza e lui è ancora a metà strada, la mangia lentamente, che se non si sbriga gliela finisco io. Poco a poco vanno via anche le due fette di melanzane e zucchine grigliate, mentre il peperone resta abbandonato al suo destino, aperto rosso fumante sgraziato come un cuore sventrato e rassegnato al gelo di questo spietato autunno.

È l’11 Novembre. Tutto è cominciato intorno alle sei del pomeriggio, quando nel Caffè del Commercio di Cagli (PU) ci abbandoniamo a una diversa idea di aperitivo con Paolo Benvegnù, armato di chitarra, che si scusa delle brutte canzoni che andrà a eseguire, promettendo di farne altre peggiori durante il concerto che terrà quella stessa sera all’ex cinema di Cantiano. Una manciata di canzoni, un piccolo riscaldamento, una sinuosa linea di tepore che ci allontana dalla contingenza della realtà, nella quale ripiombiamo all’improvviso alla fine, quando un grido si leva nella stanza: «sei uno stronzo!».
È l’incredulo proprietario/chitarrista del bar che insiste: «sei uno stronzo, avevi detto che non la sapevi suonare, la chitarra!». È in questo saliscendi di sensazioni contrastanti che in un battibaleno ci si ritrova Benvegnù a spillare birre ai presenti, in memoria dei suoi adolescenziali trascorsi trascorsi lavorando nei bar. In tutto questo a me la birra (non lo dite a nessuno, già mi odiano abbastanza) fa schifo. Ma che fai, non te la bevi una birra spillata da lui?

Poi ci si ritrova a cena, abbiamo qualche ora prima che inizi il concerto. I segreti del menu un po’ li ho spifferati, molto meno vi dirò di quello che ci siamo detti, che è un segreto. Una cosa però ve la posso dire, con Paolo si parla tanto e di tutto, raramente di musica. A conti fatti la materia di base, su cui confluiscono tutti gli argomenti, resta una: la vita. Eccoci insieme, tutti quanti, con le nostre pizze e le nostre mozzarelle, a mettere insieme i frammenti dell’antico manuale d’istruzioni su come si sta al mondo, andato perduto agli albori dei tempi. Discussioni molto più concrete e ruvide di quanto si creda, ma che ci aiutano a ricordare cosa si provi a ritrovarsi a un tavolino di una pizzeria in mezzo al nulla pieni di tanto da dire, come ci si sente a scoprirsi, finalmente, uomini.
Tutto troppo bello per durare, quasi verrebbe da istigare Benvegnù a chiamare al lavoro e fingersi malato, peccato che gli organizzatori del concerto siano ivi presenti e potrebbero sospettare sia una balla.
Parliamo, ormai si sa, di Alter Erebus, l’Associazione che ha organizzato questo secondo appuntamento della rassegna #CantianoLive.

Entriamo nell’Ex Cinema di Cantiano, un corridoio lungo di poltroncine che si schianta contro il palco rialzato in fondo, dietro cui campeggia lo schermo bianco in attesa da anni di nuove proiezioni.
Per il momento abbiamo solo un cantautore senza sipari dietro ai quali nascondersi. Scrive al volo la scaletta, poi imbraccia la chitarra e s’avvicina al microfono, scusandosi per le brutte canzoni che andrà a eseguire.

Raccontare un concerto di Benvegnù è per me un’impresa già maldestramente tentata anni fa. Ho ancora lo stesso problema: lui si accende e io mi spengo, mi accartoccio dentro e per ogni parola che dice ne germogliano ventuno in testa, tutte buone per perdersi; la sua voce grave mi colpisce mentre sono disarmato e senza bussole per orientarmi in questo magma siderale che si espande nella stanza e mi fa dimenticare come mi chiamo. Cosa vi verrò a raccontare?
Avanza, scalando la sua scaletta. Con la bocca e con le dita inforca un pezzo della vita dopo l’altro: “Hannah“, “Andromeda Maria“, “Suggestionabili“, “È solo un sogno“, “Nel silenzio“, e io potrei pure dirvele tutte, ma che vi cambia?
La cosa certa è che ogni volta si pensa a Benvegnù ci si chiede perché non sia nell’Olimpo della Musica a bere ambrosia e mangiare mozzarelle di bufala. Troppo difficile per i grandi numeri di un pubblico distratto e poco curioso? Di sicuro quello in sala non fa un fiato, che sia qui per il nome del cantautore o perché da queste parti non ci sono troppe alternative. Io, però, di una cosa sono sicuro: prendi una cantante a caso e sbattila in televisione, sarà cantante solo finché qualcuno la guarda, fino a quando le daranno credito. Benvegnù rimane Benvegnù, che sia all’Auditorium, che sia al Cinema di Cantiano, che sia a Sanremo, che sia per strada.
Non so se avrebbe avuto più soddisfazione facendo il carrettiere, ma ormai è andata così ed è costretto a fare l’artista e a farsi invidiare l’argento luminoso dei suoi capelli. E io avevo bisogno di perdermi nelle sue canzoni per ritrovarmi.

Tra un pezzo e l’altro Paolo ricorda a tutti che le sue canzoni sono orrende, o di quando Minghi lo aveva scambiato per Cristicchi o altri aneddoti del genere, forse temendo che qualcuno abbandoni la sala sfiancato dalle tonalità in minore dei suoi brani, forse per scusarsi di avere un repertorio che punta sempre verso altitudini estreme. Un saliscendi di sensazioni contrastanti che ci portano passo passo, pezzo dopo pezzo, alla fine della scaletta, chiusa con l’unica canzone invece – dice – bella, come a premiare un pubblico mai così attento per la pazienza: “Hurt” (cover dei Nine Inch Nails).
Difficile fare finta di andarsene, come a tutti i concerti dell’universo, quando non si hanno sipari o quinte per nascondersi. Quindi ci abbandoniamo alla sincerità e il concerto si chiude così, semplicemente come era iniziato. Benvegnù smette la chitarra e torna Paolo.
I presenti lo ringraziano, qualcuno gli dice che gli vuole bene.

Fuori è notte, fa freddo, è buio. Io aspetto seduto, convinto che da qualche parte arriverà una voce a spezzare la grazia del momento:
“Stronzo, allora non è vero che le tue canzoni sono brutte!”.

 

Matteo Mammucari

Foto: Riccardo Martinelli

 

> Il concerto di Paolo Benvegnù si è tenuto a Cantiano l’ 11/11/2017 ed è stato organizzato dall’Associazione Culturale Alter Erebus – in particolare da Nicholas Ciuferri, Daniela Camborata, Cristina Camborata, Riccardo Martinelli – con la collaborazione dell’Assessore alla Cultura Mirko Sebastiani; Adriano Naticchi, David Nadery… e noi di Uki.
Chitarre fornite da: Liuteria Garage Made – nelle persone di Antonio Ceccarelli e Valentina Pongetti.

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7 Comments

  • UN ARTISTI CON TESTI DI QUEL CALIBRO NON CI SI OUO’ CHE ASPETTARE UN GRANDE UOMO,DEDITO A DISCORSI DI ALTI VALORI ESISTENZIALI. MATTEO TI HO INVIDIATO UN PO’. HO TUTTO SULLA SCHIENA
    🙂

  • continui viaggi nel profondo. avevo letto qui di questa data ma non sono riuscita a passare. certamente riuscirò a rivederlo di nuovo dal vivo, e quel giorno sarà tutto bellissimo! intanto grazie Matteo M.

  • Personaggio con un cuore cosi’…. i testi parlano chiaro . l’esperienza qui descritta e’ un esempio
    bello leggere i vostri report

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