Padania: L’isola che non c’è

Una metafora regionale per rivelare la stasi di una nazione e di un popolo ostaggio dei luoghi comuni

«…due ciminiere e un campo di neve fradicia
qui è dove sono nato e qui morirò
se un sogno si attacca come una colla all’ anima
tutto diventa vero tu invece no…»

 

Ho sempre pensato alla Padania come ad una sorta di isola che non c’è. Una terra abitata da persone fuggite allo scorrere del tempo, chiuse nel loro autismo dal sapore medioevale. Un posto che rappresentasse il rifiuto della realtà. Uno stato della mente costruito attraverso un processo di negazione. Un non-luogo che gli Afterhours hanno deciso di raccontare in un concept album che ne portasse il nome, Padania appunto, all’interno del quale scandire, fase dopo fase, la loro versione dei fatti, evocando attraverso una metafora regionale la stasi di una nazione e di un popolo ostaggio dei luoghi comuni.

 

Tracklist:

METAMORFOSI: Una partenza sommessa che sa di comizio privato. Trema la voce preoccupata elettronicamente nel vortice dei suoni post rock.

TERRA DI NESSUNO:  Un elogio sconsiderato dell’istinto di sopravvivenza. Il tutto in un arrangiamento apparentemente improvvisato che solo dopo molti ascolti sembra mostrarsi studiato per colpire alla bocca dello stomaco.

LA TEMPESTA È IN ARRIVO: Volano le chitarre distorte sui tamburi di guerra. La battaglia è alle porte. Primo singolo dell’album.

COSTRUIRE PER DISTRUGGERE: La presa di coscienza di un despota prima della caduta. Il delirio di onnipotenza che minaccia sé stesso. Fra i ricordi, le delusioni, le proiezioni compare la storia con la  S maiuscola, raggiunta da un montaggio cinematografico applicato al testo. Bella, forse una delle più belle di sempre.

FOSFORO E BLU: Una cartolina dalla periferia, tutta inquinamento cromatico e sonoro.

PADANIA: La sospensione dell’incredulità non può essere infinita. La più immediata. Secondo singolo dell’album.

CI  SARÀ UNA BELLA LUCE: Prove tecniche per il caos. Metodo e follia.

MESSAGGIO PROMOZIONALE n.1: Consigli per non essere acquistati. Belle sonorità.

SPRECA UNA VITA: Una esortazione a crescere, ad abbandonare l’isola che non c’è. Forse i suoni più belli del disco.

NOSTRO ANCHE SE CI FA MALE: La voce torna in primo piano in una ballata tutta zucchero e fiele.

GIÀ NEI TUOI OCCHI: Apparentemente ironica con il suo ritmo sgangherato questa canzone resterà tra le più innovative nel repertorio Afterhours.

MESSAGGIO PROMOZIONALE n.2: Qui ci prendono per il culo… e forse ce lo meritiamo.

IO SO CHI SONO: Per comprendere gli effetti di una tirannide tanto forte da alterare i costumi di un paese serviva un tiranno. Questo è stato Agnelli dalla fondazione degli Afterhours ad oggi. Alla sua coerenza, alla sua spietatezza, alla sue capacità camaleontiche si deve lo scarto che questa band ha prodotto nella cultura italiana. Qui molto Blues Explosion.

ICEBERG: Strumentale.

LA TERRA PROMESSA SI SCIOGLIE DI COLPO: Certe verità si raggiungono solo violentandosi nel pianoforte dell’arte. Certe rivoluzioni si confessano solo ad un amico, lo stesso di sempre, nel pianoforte della vita.

Terminato e ripetuto l’ascolto si resta interdetti, smarriti. Padania sembra un disco partorito nel frastuono di una modernità poco rassicurante, costruito su liriche amare, prodotte da un cut-up meno schizofrenico che in passato ma egualmente acido, che preferisce lasciare alla voce lo smantellamento del senso compiuto. Con questo disco Manuel Agnelli e gli Afterhours si lasciano alle spalle la semplicità, facendo del loro nono album in studio un disco-opera, molto distante per composizione e arrangiamenti dalle immediatezze del passato. Un album visionario che nella successione empatica dei brani muove verso un’introspezione sempre maggiore, producendo uno sdoppiamento in grado di rivelare un cortocircuito fra il sé e l’Io. Uno specchio dissonante dove si affaccia un bambino e compare un adulto.

 

«…oh bimbo
le cose che hai visto
non bastano più
oh piccino
diventa ciò che sei
diventa ciò che sei
adesso sei un uomo…»

 Piero Maironi

 

 

Padania

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