Olden: “La Fretta e la Pazienza” è il nuovo disco in uscita

In uscita il 18 ottobre per Vrec “La Fretta e la Pazienza”, il nuovo album di inediti di OLDEN, l’ottavo della sua discografia

Olden, cantautore perugino residente da anni a Barcellona, ha esordito nel 2011 con un disco omonimo in inglese. Nel 2014 è stato uno dei protagonisti del Premio Tenco, esibendosi sul palco del Teatro del Casinò di Sanremo con una versione in italiano di “Nasza Klasa” di Jacek Kaczmarski. Da allora, ha pubblicato diversi album ed EP in italiano, tra cui “A60” (2019) e “Questi Anni – Dieci canzoni inedite di Gianni Siviero” (2022), entrambi classificati secondi alle Targhe Tenco nella categoria Miglior Interprete. Dal 2019 collabora con Flavio Ferri (Delta V).
Cantautore dalla penna profonda e dalla voce calda e potente è in procinto di presentare il suo nuovo album, che vede come unico ospite Paolo Benvegnù nella title track, realizzato e prodotto da Olden stesso e da Ulrich Sandner, registrato in una casa di campagna vicino Barcellona, in un lungo arco di tempo, senza scadenze, con lunghe attese, ripensamenti, incertezze, lampi di creatività e aggiustamenti in corsa.

Tutte le relazioni umane, quando diventano significative, prima o poi soffrono l’esperienza del distacco e dell’incomprensione, alcune per un breve periodo, altre in maniera definitiva. Arriva così il momento di fare i conti con i silenzi e le distanze, che improvvisamente appaiono incolmabili, lottare con l’incapacità di capire e di capirsi, affrontare i dubbi e, spesso, il puro dolore dell’assenza. La parola “pazienza” deriva da “patire”, e richiama il concetto di sofferenza nella sopportazione, fatica dentro il dolore.

La pazienza è resistenza, risposta, antidoto alla folle corsa verso l’edonismo più volgare, l’ossessione al consumo e la voracità dei nostri tempi: “La Fretta e la Pazienzaparla di questo e di sentimenti così umani da spaventare, soprattutto quando si ha il coraggio di comprenderli e non solo di sentirli, per poi riuscire a rialzarsi e ricominciare a camminare. Un disco che vuol riconoscere l’importanza del tempo, la sola via d’uscita quando tutto sembra ormai perduto. Ed ecco che, cantando con Benvegnù, nella title track troviamo espressa la fretta di cancellare velocemente un dolore che si scontra con la necessità di aspettare, di elaborare, di comprendere; la nostalgia, i rimpianti, la consapevolezza di aver perso qualcosa di prezioso, e di non aver detto tutto quando era davvero il momento; smarrirsi senza aver capito quando e perché, ritrovarsi distanti all’improvviso e non comprenderne le ragioni, che forse il tempo, un giorno, suggerirà… vedi le parole «… come si perde la pazienza, un treno, un bottone, senza sapere quando né dove…”. Interessante è anche il personaggio del primo brano “Cinema“, un uomo seduto in un cinema, come fosse un sogno, forse soltanto un ricordo, il resoconto di una nostalgia, il racconto di un sentimento che ha lasciato la sua traccia e che ora scorre davanti agli occhi, come un vecchio film…  o come in “Fidati di me“, una lettera scritta di getto e mai spedita che elabora quello che a parole non si riesce a comunicare… Fino all’ultimo brano, “La natura leggera delle cose“, fatto solo di piano e voce, suonato in diretta, come una lettera scritta di getto, senza finzioni; l’accettazione della fine, la certezza che si è fatto tutto il possibile per salvarsi, e che in fondo, nonostante il dolore, vale sempre la pena vivere pienamente, assaggiare la felicità, senza paura, senza compromessi; perché prima o poi, quella gioia che sembrava smarrita ritornerà, sotto altre forme, ma sarà una nuova opportunità per tornare a sorridere, come una volta, nelle parole: «…ma verranno estati nuove, è la natura leggera delle cose…».

La Fretta e la Pazienza” è il disco di un artigiano che vuole solo essere sé stesso ed esprimersi senza voler somigliare a nessuno, mosso solamente dal proprio racconto interiore. Pochi strumenti, un arrangiamento minimale che lascia spazio a silenzi, rumori e suoni imperfetti. Alle parole, il compito più importante: quello di muoversi in una narrazione che sarà poi rimedio per tutto il dolore sopportato, pazientemente, alla fine di un lungo viaggio.

Dopo gli album “Prima che sia tardi” e “Cuore nero”, orientati all’esterno, alla ricerca di voce “universale” capace di restituire una propria visione del mondo e della società odierna, “La Fretta e la Pazienza” è, al contrario, un racconto del tutto privato, un processo personale che attraversa il dolore e poi cerca di superarlo, forse di dimenticarlo. Un disco che non vuole essere contemporaneo, lo specchio dei tempi, anzi si presenta come contrapposizione alle tendenze che spingono verso un piacere effimero e di scarsa durata, che passa rapidamente a qualcos’altro, per scappare via, lontano.

Olden parla del disco: «“La Fretta e la Pazienza” è una lunga carezza che cerca la cura, la salvezza, la quiete. È una lettera mai spedita. Sono tutte parole non dette, finalmente libere di viaggiare e di arrivare a destinazione. È amore urlato sottovoce, è l’ultimo tentativo, è il più dolce e pericoloso salto nel vuoto, è una mano tesa, ferita, ma ancora non arresa. È tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per sentire la brezza in fronte, riconoscerla e ricordarci di nuovo che la felicità è quasi sempre a portata di mano, e che non ha bisogno di niente per esistere, e che basta solo riconoscerla, quando ci passa accanto. È un nome bisbigliato di notte, o alle prime luci dell’alba, quando nessuno può sentirci, quando il frastuono diventa muto. È l’ultimo regalo prima della resa».

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