L’estate non fa sconti, arriva implacabile, tormenta gli animi, fa bollire il sangue, regala copertine a vip in topless e filmati d’epoca alle persone normali. L’estate non passa inosservata, fosse solo per tutte quelle rotondezze semicoperte che brulicano sulle spiagge. Ci sono i posti snob, i posti discreti, i posti affollati, i posti che era meglio se restavi a casa o ti facevi una passeggiata all’aria aperta o condizionata.
E Roma è una città unica nel suo genere, trabocca di Storia con la s maiuscola e di storie con la s minuscola. Con le sue rovine in centro, i suoi palazzacci in periferia, è sempre pronta a stupirti e a far parlare male di sé. La grande bellezza, da un lato, e il degrado urbano, dall’altro. E poi c’è il mare, a un tiro di schioppo.
Roma è la città eterna, “caput mundi“, Capitale d’Italia al centro dello stivale. Bagnata sulle sue coste dal mar Tirreno, dove parecchi secoli addietro Enea poggiò una bandierina che oggi ha senz’altro cambiato colore. Come l’acqua del mare. Di pesci, infatti, a causa dell’inquinamento marino, ce ne sono rimasti ben pochi e non è esclusa una mutazione genetica di molte specie sopravvissute. Compresi gli esseri umani…
Ma in fondo, piaccia o non piaccia, il litorale romano è il luogo di rifugio dal caldo e dall’afa che in estate arrivano implacabili a tormentare i cittadini capitolini. Questi, tuttavia, sembrano dividersi quando si tratta di scegliere il sito dove meglio possono stendere un telo sulla spiaggia e rosolare per benino le loro pelli bianche.
Campanilismo da spiaggia
Chi abita a Roma nord, infatti, al mare va con i mocassini, l’asciugamano griffato e la camicia. Probabilmente è un avvocato o un architetto; se proprio gli va male lavora nell’edilizia o nelle public relation. Ma soprattutto frequenta una parte ben precisa del litorale, precisamente Fregene, stabilimento “Singita“, dove vivere il rito del saluto al sole è diventata ormai una moda d’importazione (sebbene da coglioni). Ci sono molti intrusi provenienti dal meridione cittadino, anche se non molti, perché qualche volta fingere aiuta a vivere meglio. Qualcuno magari stanco delle solite abitudini, delle solite persone, giudicate troppo mediocremente per i propri standard.
Se non riesci a prendere casa alla Balduina, ai Parioli o al limite in zona Prati, il minimo che puoi fare per elevarti anche solo di un grado centigrado è goderti il tramonto al Singita e guastare un frittura di calamari e gamberi alla friggitoria li a due passi.
Se abiti a Roma sud e non hai intenzione di fare la scalata sociale, ovviamente, le cose cambiano. Fregene è lontana anche solo nella fantasia.
Negli ultimi anni, la macchia mediterranea ha assistito pertanto all’esodo coatto da Ostia verso Torvaianica di loschi individui. Solo pochi kilometri da percorrere rigorosamente con il T-max, direzione Capocotta, indossando infradito, canotte e pantaloncini con gli stemmi delle squadre di calcio.
Il coatto (ripulito e non) è di casa qui, fra capezze, orecchini, canne, tatuaggi e bestemmie si fa largo in mezzo alla folla, piazzando l’asciugamano, la borsa frigo, il pallone e i racchettoni fra la ragazza e il vicino di ombrellone. Quando il sole tramonta non fa nessun saluto particolare, non sorseggia cocktail dai nomi improbabili, ma trangugia l’ennesima Ceres della giornata.
Capocotta zona franca
Per chi abita nel quadrante sud, come dicevo, andare al mare nella zona compresa tra Ostia e Torvaianica è semplice e anche comodo. Ad esempio, per giungere a destinazione Capocotta, zona cult e alternativa rimasta tale per diversi anni, basta prendere la via Pontina e uscire allo svincolo “Torvaianica – Pratica di Mare”. Qualche altro chilometro fra curve, alberi e prostitute sul ciglio della strada e si arriva finalmente sul lungomare. Un agglomerato di abusivismo, macchia mediterranea e automobili addossate l’una sopra l’altra. I giovani ci vanno perché trovare da fumare sulla spiaggia è più facile che alzarsi e andare a comperare una bottiglia d’acqua al chiosco (attenzione: sono tratti di spiaggia libera occupati e gestiti da alcuni signori che si sono arricchiti grazie a queste attività sulle cui licenze permangono diversi dubbi). Ad ogni modo, se volete rilassarvi sulle note di Bob Marley, basta parcheggiare l’auto (chi ci riesce) e se non trovate nessun commerciante d’erba appoggiato sul guard rail di fronte l’insegna “Zion” o “Oasi”, state tranquilli, appena oltrepassate le dune la concorrenza vi spaventerà…
Frequentando personalmente questa zona da oltre dieci anni posso garantire che in quei pochi metri di costa l’illegalità ha preso il sopravvento e lo Stato ha ammainato la bandiera, come in molte altre zone d’Italia ormai. Ma alla gente piace così. E poi, come si ripete sempre in questi casi, ognuno è libero di andarci o meno. Così come al Singita, dove il malaffare è mascherato bene con teli bianchi, cuscini giganti e cocktail serviti in caraffe piene di ghiaccio.
A Fregene tutto è più grande e più raffinato, le manie di grandezza si esprimono attraverso i Suv parcheggiati per la strada, magari in doppia fila, perché certa gente di perdere tempo a trovare parcheggio non ha voglia. Il coatto ha casa a Roma sud, ma la maleducazione non conosce quartiere di provenienza. È in atto una guerra civile di matrice ideologica: figlio di papà contro coatto, insomma. Il solo risultato è l’imbarbarimento della comunità.
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La movida notturna
Anche di notte le distanze sociali vengono a galla. I quartieranti non si mischiano tra loro. Chi abita a Ponte Milvio difficilmente vedrà un altro ponte di Roma prima dei trentacinque anni. Roma è la Capitale d’Italia, una delle città più famose e belle al mondo, unica per il suo passato, eppure i suoi abitanti sono provinciali come pochi sulla Terra. La maggioranza delle persone non esce fuori dai propri confini, fisici e mentali. E così, ogni zona di Roma ha anche la sua movida.
Eccezion fatta per Trastevere e pochi altri Rioni, dove la convergenza è pressoché speculare, l’Eur vede solo gente del sud, mentre i nordici frequentano unicamente Monte Mario e la zona dello stadio Olimpico. I locali sono simili tra loro, perché chi investe soldi e fa profitto non conosce differenziazioni ma intravede solo affari. E così si passa dalla Bibliotechina al Vogue, dal Gazometro al Level four. La stessa musica commerciale, le stesse marche di vodka dozzinali. Ma se i gestori aprono le porte a chiunque venga lì a consumare e a bere drink, le persone che frequentano i locali tornano a dividersi categoricamente. Se di giorno sei stato tra quelli che hanno mostrato muscoli e tatuaggi a Capocotta o ai Cancelli è molto probabile che di notte parteciperai alla movida della Bibliotechina piuttosto che a quella del Level four. Lo stesso vale, all’inverso, per chi invece ha vissuto l’esperienza “unica ed irripetibile” del saluto al sole al Singita. Una doccia e si è pronti per scendere in pista allo Chatlet o al Bosco delle fragole.
Come si dice in questi casi, mogli e buoi dei paesi tuoi…
Il muro di Berlino
Roma è stata grande, Roma è stata quella che è stata. Un nome da donna per una città altamente maschilista. Forse per questo ci sono tanti coatti e figli di papà per strada. Forse per questo la sua società è oggi tra le più arretrate. Roma ha bisogno di risollevarsi e di ampliare i suoi orizzonti. Come si dice sempre da queste parti, Roma deve uscire fuori dal Raccordo Anulare. E per farlo deve innanzitutto abbattere il Muro di Berlino che ha costruito al suo interno. Non è facile, ovvio. La gente aspetta sempre la pioggia prima di vedere se per terra è bagnato. Ma nessuno può cambiare Roma se non i romani. Difficile che lo possano fare politici e amministratori di ogni colore e genere, spesso forestieri…
C’è chi dice non ci sia la Repubblica, chi la Democrazia, chi ancora lo Stato. Infatti c’è Roma. I suoi monumenti, la sua storia, le sue strade e il suo mare ci ricordano chi siamo. Ci mostrano i segni di un glorioso passato e di un misero presente, racchiuso nella rivalità cittadina, nel divario tra nord e sud, nella distanza quasi siderale tra Capocotta e Fregene.
Il muro di Berlino è difficile da vedere ma molto facile da toccare. Si inserisce perfettamente nell’ambito del discorso sulla crescita delle diseguaglianze sociali. All’interno della città si parlano lingue differenti, la fede politica e calcistica si mescolano difficilmente. Il muro, infatti, sopravvive di stereotipi: a Roma nord si tifa Lazio, si vota in larga misura a destra e in famiglia si dispone di almeno un Suv, una smart e un mini cooper. A Roma sud si tifa in prevalenza Roma, si vota generalmente a sinistra e in famiglia una macchina si divide almeno in due. Roma nord è più ricca, Roma sud è più popolare. Ai Parioli, Porta Pia, Prati, Collina Flaming i palazzi sono più signorili e curati. All’Eur, Roma 70, Fonte Meravigliosa, Trigoria si respira meglio, l’aria è leggermente meno inquinata. Le donne di Roma nord si rifanno labbra, seno, occhi e appaiono più giovani di quanto siano. Per questo spesso sposano chirurghi plastici. Le donne di Roma sud in casa indossano una tuta e la sera portano i bigodini in testa per non andare nuovamente dal parrucchiere.
Chissà se la globalizzazione, oltre a consegnarci involtini primavera e sushi sulle nostre tavole natalizie, riuscirà un giorno ad abbattere frontiere pericolose quanto i luoghi comuni e le convinzioni sociali che le hanno create?
Per ora accade, in parte, soltanto di notte, quando un vodka tonic è lo stesso identico cocktail dozzinale in ogni angolo della città.
Lorenzo Fois
spettacolare! 😀
profonda verità. splendido post!
LOL
io so’ de Roma e te do’ proprio ragione!
Fois sindaco di Roma! 😀
analisi lucida e avvilente di una Roma che non c’è più…
grande Uki!
per questo bel post mi si strozza una risata in gola. complimento a L. Fois
roma nord “state of mind” ma te sei scordato montesacro che oramai fa comune a se 🙂
confermo! 😉
Veramente un bell’articolo! Complimenti Lorenzo!
Ti meriti i miei complimenti perchè scrivi molto bene, però basta con ‘ste banalità che piacciono tanto ai romani (ancora con la storia Roma Nord/Roma Sud che non esiste, perchè sono 4 i poracci che non si spostano per la città intera e che non hanno amici dall’altra parte del “muro”).
Nel finale centri un punto fondamentale, la provincialità del romano, di cui resti vittima anche tu nella prima parte dell’articolo.
La semplificazione è il male, va bene per un pubblico “generazione Vanzina”. Bisogna riportare la complessità delle situazioni al centro dell’attenzione o siamo spacciati. Questi articoli fanno sorridere, al più, te con questo stile di scrittura potresti fare molto di più.
Intanto ringrazio Mario e tutti quelli che si sono spesi in complimenti. Scrivere e leggere sono due cose che camminano insieme, e in questo periodo di povertà assoluta sotto tutti versanti della cultura essere oggetto di critica (micro-critica) è per me un onore sincero … Voglio solo precisare che, come ho anche scritto nell’articolo d’altronde, il “muro” è fatto di stereotipi e luoghi comuni che io non mi prefiggo di abbattere ma di descrivere con ironia. Questo, e solo questo, è lo scopo di questo pezzo. “Farsi due risate”, come hai detto te. E sono felice che qualcuno abbia apprezzato ciò. Mi scuso con tutti quelli che si aspettavano un saggio di alto profilo sui veri problemi della società e di questa città in particolare. Ognuno di voi, di noi, sotto questo aspetto, però, può fare molto di più che descrivere e commentare generalizzazioni.
Hasta pronto!
Quelli di Roma nord je puzza er culo
W la Roma provinciale!
D’accordo con te solo riguardo la provincialità complessiva di una città che invece potrebbe, e dovrebbe, essere esempio. Per il resto, come dice Mario, solo tanta generalizzazione senza alcuna contestualizzazione. Loré, poi fa mejo de così!
Io concordo invece col Fois che il post sottolinei proprio, e appunto, le generalizzazioni stereotipate riguardo Roma…
Era da un pò che non visitavo il vostro sito: è sempre molto bello e ricco di spunti.
Roma … è Roma!
Bell’articolo! Poi ci sono quelli di entrambe le parti che (di nascosto) vanno al Gay Village
ahahahahah!!! eheheh….!!!