[…] Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è anchora sdruccioloso, perilche è simile all’acqua: e muta ogn’anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo. […] . Hieroglyphica – Orapollo
C’è chi nasceva la notte del 24 dicembre, e chi moriva.
Lulu, moriva nel suo dramma, e Alban, suo compositore moriva nella stessa notte. Notte di lucine e cene, e banchetti e confetti, e biscotti e biglietti, e auguri e regali.
“Lulu” è un’opera scritta da Alban Berg dal 1928 sino alla sua morte, lavorando alla partitura fin quasi alla fine dei suoi giorni, lasciando incompleto il terzo atto. Dopo la fine della seconda guerra mondiale “Lulu” fu diffusa in due atti, mentre un rigido divieto della vedova di Berg, Helene, impedì per decenni ogni conoscenza del terzo atto. Completato in seguito da Friederich Cerha, valendosi delle molte indicazioni di strumentazione contenute nella particella di Berg: il suo accurato lavoro non può ovviamente restituirci l’opera che Berg in pochi mesi avrebbe portato a termine; ma, pur con qualche inevitabile rischio di approssimazione, consente di conoscere il progetto berghiano assai meglio della versione in due atti, non solo perché a quest’ultima mancano intere sezioni compiute, ma soprattutto perché molto più arbitrario di qualunque intervento è sottrarre un intero atto a un disegno che il compositore aveva già definito in tutte le linee essenziali, in una costruzione rigorosa e coerente, fitta di simmetrie e di calcolati ritmi interni, che non può venire mutilata di un terzo.
Lulu è un’onirica danza di morte, segnata da una sorta di ironia post-apocalittica. Un capolavoro di labirintica complessità, dove si addensano enigmaticamente ironia e struggenti tenerezze, inflessioni tragiche inestricabilmente miste al triviale e a un comico-grottesco quasi surreale.
Lulu è un personaggio misterioso che viene da non si sa dove, con la sua distaccata inconsapevolezza, collocata sempre lontano, in una sorta di vuoto. Lulu è simbolo della forza distruttrice dell’Eros in una società che ipocritamente lo reprime: nel rapporto con i suoi persecutori-vittime si svela l’iniquità dei meccanismi tesi a ridurla a oggetto e merce. Lulu è vittima di un ordine di cui rifiuta i principi e cui, come Don Giovanni risulta incommensurabile. Lulu non ha nessuna morale.
Lulu più ancora che forza dell’istinto e della sessualità è un’enigmatica immagine di bellezza, misteriosa epifania che non può sottrarre né se stessa, né i suoi “satelliti” ad un destino di distruzione e di morte.
Lulu è il serpente del primo atto, l’Uroboro che si morde la coda. Lulu è un mortale girotondo, attraverso le riprese e le simmetrie… e suggerisce l’inesorabile chiudersi di un cerchio.
Lulu è un’opera contro l’ipocrisia della società borghese, piena di pregiudizi sessuali che fa solo del moralismo legato alla religione e vede il sesso come un atto demoniaco.
Lulu è il sesso, vivo e palese, non ha bisogno di nascondersi. È la forza primaria, dominate, che dà il potere sull’uomo ancora preso dalle sue paure e dalle sue debolezze.
Lulu è lo strumento del male e del destino; la causa principale delle morti di tutte le persone con cui, nel bene o nel male, viene a contatto.
Le scene sono crude, i personaggi vivi e violenti. La stessa Lulu è violenta nella sua drammaticità erotica che attrae e avvinghia a sé i presenti: essi riescono a liberarsi solo morendo. E anche lei, non è solo il carnefice. È la prima e l’ultima vittima del dramma.
Lulu è l’eros e tanathos: «Sembrerebbe proprio che il principio di piacere si ponga al servizio delle pulsioni di morte […]», direbbe il vecchio Sigmund. Il piacere che nasce e cresce, che ci divora il corpo e l’anima.
Come il ripetersi delle sillabe del suo nome, Lulu si ripete, e muore ogni anno durante la notte di Natale. Assieme al suo creatore.
Sofia Bucci
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http://youtu.be/QfdP4II20Cg
la prima e l’ultima vittima del dramma………è destino…come l’ennesima notte di natale
sarebbe un ottimo modo per passare la notte di Natale….all’opera con Lulu…
grazie a S.Bucci….non conoscevo quest’opera …. così misteriosa quasi…
anche perché l’aneddoto che si porta dietro…..non è per niente male!!! :O
:O
morire la notte di Natale è apocalittico, teatrale, esoterico quasi….è l’eros su thanatos….
la Bucci smuove profonde crepe sentimentali…
vi ricordo l’Uroboro citato già dalla Bucci….
non di rado alcune opere d’arte sfiorano cose ben più grandi di noi
ne farò un sortilegio a suon di lirica…
Che roba? Sembra una sceneggiatura di un dramma erotico… dal sacrificio finale…dalla Maddalena al Cristo morto!
Ho trovato cosa fare stanotte… me lo sparo tutto!
La dualità tra Osceno e Sacro. Per un Natale poetico.
Osceno e sacro l’amore delibera
stessa sede per sé e per gli escrementi.
Se non mi leghi io non sarò mai libera,
né casta mai se tu non mi violenti.
Ci dava la prigione del destino
solo qualche ora d’aria per l’amore
che per destino ha solo il suo declino.
Si aspetta e si riaspetta e poi si muore.
Dài, maledetto! Amore, dài, sii buono,
rimetti insieme tutte le mie tessere
per farmi essere quella che sono
e che ancora non ho potuto essere
Così: una e molteplice, infinita
negli insiemi infiniti della mente,
e cripta di reliquie in morte e in vita,
io solo questo so: che non so niente
Patrizia Valduga, Osceno e Sacro
L’Amore santo e blasfemo.
Grazie, anche per la metafora della Maddalena e del Cristo. Ci sta tutta.
Buona visione e ascolto!