Qualche giorno fa il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti dichiara: «Il voto non serve a niente nel lavoro. Meglio un 97 a 21 anni che un 110 e lode a 28». Ma la vera diatriba era già nata a giugno scorso, quando il Ministero della Pubblica Amministrazione lancia una proposta: per l’ammissione ai concorsi pubblici non conterà più solo il voto di laurea ma anche l’ateneo in cui è stato conseguito.
Il polverone si alza e si creano i due fronti: da una parte si grida “Viva la meritocrazia” e si saluta il provvedimento come espressione di giustizia, nell’altro c’è chi si indigna: si tratta di un modo per favorire solo chi può permettersi di mandare i figli alle università più prestigiose (e costose). Campo di battaglia preferito? Ovviamente Facebook, dove i commenti diventano munizioni da sparare, soprattutto per i “meritocratici” che accusano la controparte di “ossessivo ugualitarismo” e di “solidarietà ideologica” (“voi siete per il 18 politico”, scrive qualcuno).
Quello che si nota è che questo schieramento riunisce molti non-universitari; non è un caso: chiunque abbia frequentato l’università infatti sa benissimo che i voti (men che meno l’ateneo di provenienza) non sono affatto garanzia di effettiva competenza. La carriera universitaria si basa essenzialmente sull’ingurgitare il maggior numero di nozioni possibili, pronte ad essere espulse una volta che l’esame è stato sostenuto. Provate a fare ad uno studente di giurisprudenza del 5° anno alcune domande sul programma di un esame del 1° (es. Diritto Costituzionale), difficilmente riuscirà a rispondervi con la competenza che ci si aspetterebbe. Inoltre, non bisogna dimenticare i fattori psicologici che influiscono sull’andamento dell’esame: tensione dello studente, predisposizione dell’insegnante e la celebre formula “E=mc²” (Esame = molto-culo²).
Questi presunti “meritocratici” non si sono accorti di aver preso una cantonata pazzesca! Nell’epoca del “tutto e adesso”, il mondo della produzione non vuole più attendere i lunghi tempi dell’apprendistato (retribuito), preferisce delegare ai giovani la responsabilità e le spese della propria formazione (in gran parte teorica) costringendoli ad un’infinita Via Crucis tra lauree, master, dottorati, tirocini e finendo per il giudicarli solo sulla base di un elenco di “esperienze” presunte, senza preoccuparsi di testare concretamente il livello di competenze. Si viene così a creare un sistema (imbruttito da questa proposta di legge) dove voti e provenienza sostituiscono qualsiasi altra forma di valutazione. La Meritocrazia funziona esattamente al contrario!
Qualcuno si è spinto oltre: “Io conterei anche gli anni che uno ci mette a laurearsi, non si può restare parcheggiati all’Università per anni!”. Qualsiasi studente universitario sa che i ritardi non sono solo il frutto di pigrizia, eccesso di bagordi o voglia di farsi mantenere, esiste una galassia di fattori che influenzano quotidianamente l’esistenza umana, in grado di togliere energie e concentrazione rallentando la carriera universitaria, senza il bisogno di scomodare casi limite come malattie croniche o lutti familiari. Anche per quel che riguarda il discorso del tempo, un approccio veramente “meritocratico” risolverebbe il problema in tutt’altra maniera: se uno studente che si laurea in 8 anni dimostra maggiori competenze rispetto ad un altro che ce ne mette solo 5, perché bisognerebbe penalizzarlo? Questo non sarebbe affatto “meritocratico”.
(Nota tecnica: Il progetto di legge non è mai stato presentato in Parlamento)
Daniel Nicopòlis
Si cerca di diventare sempre più ossessivi! Si deve lavorare sempre più presto e smettere sempre più tardi! Buona serata e grazie! Lo farò leggere si miei nipoti!
Quindi uno studente di origini povere che con tanto studio e sacrificio è riuscito a laurearsi, è costretto ad emigrare visto che in Italia la tanto odiata meritocrazia è del tutto assente , è uguale a Renzo Bossi , solo perchè entrambi hanno una laurea ? Agli antipodi della meritocrazia sta la legge del più forte o quella del più furbo : tu lavora , io magno , tanto siamo uguali e dobbiamo avere gli stessi meriti … In Italia meritocrazia non c’è n’è proprio , se continuiamo avanti così arriviamo all’arresto preventivo per chi si impegna di più. La mia provocazione é quella di suggerire l’adozione del sistema pratico della Corea del Nord: senza nessun merito si va a scuola e ti pagano pure l’università, non esistono classi sociali nè differenze di nessun genere , non c’è razzismo , sessismo, capitalismo , classismo, destra , sinistra , ricchi , poveri.
La meritocrazia che ho visto io applicata all’estero non è perfetta ma brutalmente efficace. Significa che avere un titolo universitario è importante ma è solo il biglietto di ingresso, non sempre necessario nel mondo del lavoro.
Una volta entrati sta a voi farvi valere. Se sei un ingegnere ma poi non riesci a lavorare come dovuto, il tuo titolo universitario non importa più di tanto e ti ritroverai a cercare lavoro molto presto.
In Italia invece, sono stato promosso oppure contestata in modo altalenante, paradossale ed assurdo, unicamente secondo i “capricci”,”umori” e “sentimenti” dei miei superiori.
sulla base del bel post di Daniel concordo con Vincenzo .
agli antipodi della democrazia c’e’ la legge del piu’ forte , come accade in politica in fondo … dove dovrebbe esserci democrazia ma in realta’ non c’e’ … tanto che , oltretutto , a forza di sparlare … arriviamo alle sparasentenze tipo quella di Poletti , dove si trattano questi argomenti con una superficialita’ a dir poco fastidiosa ……..
c’è fretta di avere tutto e subito , non è tanto il problema dei lunghi tempi per laurearsi , che possono pure essere criticati , ma fino ad un certo punto , perché alla fine ognuno è libero di fare quello che cazzo gli pare , sarà poi il lavoro sul campo a fare la differenza
ma cosi’ poi bisognerebbe applicare la meritocrazia appunto ……….. invece qui si assegnano i posti (pilotati) all’inizio e poi del risultato chi se ne frega …
Grande Nicopolis!!!!
io dico perche’ siamo arrivati a sindacare quanto tempo mi ci vuole per laurearmi. le tasse tanto le pago io, mica loro! anzi, dovrebbe fargli comodo… il problema e’ semmai, una volta che anche io mi presento con quel pezzo di carta, che attesta anche a me come lo stesso per gli altri che sono pronto e competente, cosa si fa per garantire un trattamento ugualitario ??? sono d’ accordo con le preoccupazioni di daniel , la meritocrazia non c’e’ i meritocratici parlano di cose che non hanno senso
considerando la giusta riflessione di Nicopolis che i voti non sono affatto garanzia di effettiva competenza ….. un laureato non ricorda neanche il titolo del libro che ha studiato nel biennio E’ tutto sbagliato gia’ dall’ impostazione iniziale e non fanno che fare riforme che peggiorano la situazione
questo accade anche perché si mette a capo di un ministero che non ha alcuna esperienza del settore … e dicono boiate!!!!!
bel post di nicopolis , complimenti.
meno male che l’ha detto l’ocse, altrimenti mi starei ancora sentendo in colpa per non essere laureato!(volevo farla sarcastica questa, mi rendo conto adesso che invece è proprio così!)
io, che sono un rebel, ho prima trovato lavoro e adesso cerco di laurearmi. Farò crashare il sistema!
:)))
L’articolo mi é piaciuto.
Non sono la persona più competente per giudicare, ma mi é sembrato buono.
Complimenti