Mangaboo: intervista esclusiva tra musica ed arte

Una coppia fuori dagli schemi, dal background musicale eclettico e ricco di sperimentazioni diverse

Reception” è il quarto singolo del duo Mangaboo, un brano elettronico, tribale, arcaico e moderno al tempo stesso, con mille sfumature al suo interno. Uno di quei brani che crescono ascolto dopo ascolto, rivelandosi sempre diverso. Ne abbiamo parlato con gli stessi Mangaboo, all’anagrafe Giulietta Passera (The Sweet Life Society) e Francesco Pistoi (Motel Connection).

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Ciao, e complimenti per il vostro quarto singolo, da poco uscito! Iniziamo con una domanda facile; quali sono le vostre impressioni a posteriori sul vostro lavoro? Vale a dire, quanto è cresciuto e come dalla sua data di uscita, a novembre, fino ad oggi?

Grazie!
Il nostro modo di scrivere si è evoluto molto nel tempo ed è in continua crescita: da febbraio 2018 stiamo scrivendo il nostro secondo album, la prima stesura dei pezzi avviene velocemente e in due studi separati, uno nelle Langhe e uno a Genova, ci scambiamo progetti in continuazione e ad ogni stesura aggiungiamo samples, ritmiche, linee vocali e synth; circa una volta al mese ci vediamo per scegliere il mondo sonoro che vogliamo dare ai pezzi utilizzando dei sintetizzatori analogici (Juno 106, Jupiter 8, Mopho, Wurlitzer, Prophet, Moog…) e registriamo le voci definitive con l’aiuto del nostro fonico e produttore Andrea Bertolini.
Anche il nostro live si è evoluto: dall’autunno 2017 abbiamo deciso di abbandonare il computer e di gestire il concerto con un campionatore (akai mpc 2500) e portando sul palco con noi alcuni dei synth e degli effetti che usiamo in studio.

 

Il vostro legame con l’arte è piuttosto netto, e si coglie perfettamente anche nelle righe del brano. In effetti, anche i remix è come se lo destrutturassero e mostrassero volti differenti. Da dove viene la scelta dei producers?

L’8 giugno è uscito per Elastica Records il nostro ultimo singolo “Reception” insieme a tre remix, abbiamo presentato la release con un concerto al Medimex di Taranto, un bellissimo Festival e conference musicale che ha luogo in una città splendida.
I tre remix di “Reception” sono fra i più belli che abbiamo mai ricevuto e hanno tre storie particolari:
Cirqular è un producer messicano con un gusto molto interessante e vicino al nostro, si esibisce in Sud America, USA ed Inghilterra sui palchi dedicati alla Down Tempo e Bass Music dei festival Trance, Psy e non solo e speriamo di riuscire a portarlo in Italia molto presto; ci ha trovati e contattati per via delle nostre affinità musicali su SoundCloud chiedendoci di farci un remix, così è nata una collaborazione a distanza che potrebbe spingersi anche oltre il suo remix di “Reception”.
Il collettivo A V A è composto dal nostro produttore Andrea Bertolini, Alex Voghi e Valerio Vaudano, abbiamo giocato in casa ed abbiamo ricevuto un remix molto fresco e che rispecchia la grande passione di questo trio per la House Music.
Ulderico Trasconi è un produttore che seguiamo da qualche tempo, nessuno sa chi sia e l’abbiamo scoperto per caso tramite un repost di Laurent Garnier. Abbiamo provato a scrivergli per chiedergli un remix e siamo stati felicissimi di ricevere una versione meravigliosamente Techno della nostra “Reception”.

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Immaginare un mondo privo di confini, nascente da un’eterna danza, ricorda molto i temi ripresi nelle mitologie mesoamericane, dal Messico fino al Cile. Oltre all’ispirazione visiva, quanto la letteratura e le tradizioni orali di epoche antiche e di culture differenti ispirano le vostre opere? In altri termini, quanto anche le opere scritte o narrate, oltre al Mago di Oz che ispira il vostro nome, influiscono sul vostro flusso creativo?

La lettura è forse una musica che non possiamo ascoltare, la parola pronunciata nella mente è un’embrione di suono, pronunciata ad alta voce diventa gesto, e armonizzata diventa musica e ogni musica contiene al suo interno un codice ritmico e armonico, nell’assimilare questi codici immediatamente abbiamo l’opportunità di consegnarci a una danza, muovere il corpo è di per se uno gesto di scambio con l’altro. Viva chi balla perché muovendosi restituisce al pensiero una praticità.

 

Avete un legame particolare con il pittore Giacomo Grosso, un personaggio caratterizzato da un’enorme contraddizione in termini in quanto, al tempo stesso, scardinò la rigida morale di fine ‘800 con i suoi dipinti “immorali” (tra cui proprio uno dei dipinti a cui vi siete ispirati, “Il Supremo Convegno”), e si chiuse in modo ostinato e quasi ottuso alla pittura moderna, facendosi quasi portavoce di un paradossale conservatorismo. Da dove viene questo legame, e cosa vi ha portati alla scelta di un pittore che, comunque, ricopre un ruolo non di primissimo piano nella Storia dell’Arte italiana?

Ci sono artisti di primo piano, artisti da mansarda e anche artisti da seminterrato, sta a noi che siamo una scala andare a trovarli. Quello che ci interessa è la contemporaneità dell’opera d’arte, come sosteneva Gino De Dominicis «Tutta l’arte è contemporanea», ogni artista è a noi contemporaneo nel momento in cui l’osserviamo, quel tempo unico in cui guardiamo un’ opera è sempre contemporaneo, siamo lei e noi in un dato tempo. Quello che ci ha catturato di Grosso è la capacità di una pittura ancestrale dedita a catturare una storia, dipinta, fissata nel tempo. La velocità della narrazione pittorica ci affascina moltissimo, forse perché stanchi dell’esaltazione dell’oggetto, l’oggetto inteso come struttura narrante, crediamo che negli ultimi anni si sia abusato di questo tipo di narrazione che, tranne rari casi, sembra un’ostentazione del nulla, se vediamo un secchio giallo appoggiato per terra con intorno persone a bocca aperta, scappiamo a gambe levate. Amiamo chi ci racconta qualcosa, la terra rotta dei Cretti di Burri, l’attraversamento di Fontana e le forme mute di Pino Pascali, per citare artisti italiani più in primo piano.

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Di conseguenza, un ulteriore domanda su Grosso è inevitabile: facendo un paragone di natura più speculativa e filosofica, forse, come vi ponete voi rispetto alle nuove avanguardie musicali, osservandole dall’esterno? Qual è la vostra opinione anche su questo “ritorno di fiamma” del retrò, e quanto influisce tutto questo generale “guardarsi indietro” sul vostro modo di vedere il mondo?

Guardarsi indietro, guardarsi le spalle è un segno di timore, non ci appartiene. L’unica cosa che ci appartiene è un gusto comune con cui ascoltiamo le novità che il pianeta ci propone, e quando la novità è sorprendente sentiamo quel solletico in pancia, fresco, ci sentiamo immediatamente “estivi”.

 

E come ultima domanda, direttamente legata a questa: che progetti avete per il futuro? La vostra musica potrebbe anche creare un ibrido interessante con composizioni “analogiche”. Avete pensato ad ulteriori future collaborazioni con personaggi che non siano limitati solamente all’ambito dei producers, per arricchire ulteriormente la vostra tavolozza espressiva?

È un gran bel momento, abbiamo voglia di scrivere ed abbiamo sviluppato un buon metodo. Siamo un gruppo nato da poco e sentiamo la necessità di esprimere ancora molto, in questo processo stiamo anche iniziando delle collaborazioni, ma è ancora prematuro parlarne, a ottobre avremo il disco finito e se voi ci inviterete di nuovo a parlarne noi ne saremo contenti.

 

Federico Ciampi

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3 Comments

  • Al grido di tutta l’arte è contemporanea qui se ne fa tanta proprio per la capacità di amalgamare diverse correnti stilistiche e emotive
    interessante progetto e bell intervista

  • Sempre bella musica e interessanti realtà su Uki. Grazie Ciampi approfondirò questo progetto musicale davvero affascinante
    <3

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