Lo Stato Sociale @Atlantico Club (Roma) – 11/2014

Un'esilarante "voce di un pensiero condiviso" per una festa elettronica...

Dovrei iniziare col dirvi che Lo Stato Sociale è un gruppo indie-pendente, che oscilla tra l’impegnato e il cazzeggio –o almeno è l’idea che vogliono dare di loro stessi dicendo a più riprese di non volersi prendere mai sul serio– abbinando profondità dei testi ad una efficace e contagiosa leggerezza della loro musica elettro-pop (almeno agli esordi). Dovrei dirvi che questo gruppetto bolognese che fa fatica a nascondere la propria fede politica, in realtà sta avendo un forte impatto sui «giovani di sinistra arrivisti, bugiardi, senza lode: gente che in una gara di idiozia riuscirebbe ad arrivare secondo» (cit. Lodo). Dovrei dirvi, come dicono i critici musicali che ce l’hanno a morte con questa formazione bolognese, che è proprio questa apparente contraddittorietà e incoerenza a renderli discussi e discutibili.

Vi direi questo se fossi uno bravo, che recensisce pagine di giornali non letti e che influenzano l’opinione pubblica quanto un servizio del Tg1 all’una di notte, dal momento che Internet ha cambiato le regole del gioco. Piaccia o non piaccia.

Ma io «non sono Lester Bangs, non sono Carlo Emilio Gadda» e nemmeno un Bertoncelli qualsiasi. La musica non è una cosa seria –nell’Italia peggiore– obbedire è lecito, ribellarsi è cortesia –e se io, te e Carlo Marx– c’eravamo tanto sbagliati –più canzoni e meno rompicoglioni!

Sono tante le frasi, gli slogan ma anche le parole più calibrate e quelle più poetiche scritte dagli Stato Sociale che ti entrano dentro, che si posano come occhiali in 3D sopra gli occhi attenti di chi è in cerca di qualcosa di buono da mettere su YouTube (L) e poi magari da condividere su Facebook. Perché c’è un legame diretto tra chi sta sopra il palco, e canta, e chi gli sta di fronte, e balla. È questo essere la voce di un pensiero condiviso a rendere gli Stato Sociale una delle scoperte più interessanti degli ultimi anni. Ed è anche la coerenza del loro percorso “indipendente” a metterli al riparo dai giudizi più negativi. Non saranno certamente i cantautori 2.0 –e non so se vogliano esserlo– ma nemmeno il solito gruppetto indie che alla fine non ci dice niente e che per mascherare tale vuoto si rifugia nella lingua inglese.

Gli Stato Sociale stanno avendo successo e allo stesso tempo sono sempre al centro delle critiche dei soliti pennaioli incattiviti che senza questi gruppi non avrebbero di che vivere, tale è la pochezza del panorama musicale, non solo in Italia (e forse del lavoro, più in generale). Dal canto suo, il quintetto bolognese non esita un secondo per sottolineare, con delle sferzate nemmeno troppo velate, il fastidio al malleolo che gli procurano queste figure professionali…

Certo, fa tutto parte del gioco, all’offensiva segue la controffensiva e chissà chi vincerà la guerra alla fine. Loro dicono di averla vinta e «siccome gli erano avanzate delle cartucce alla fine hanno vinto anche la pace». Speriamo sia così.

 

Sicuramente, il loro secondo disco ha fatto di nuovo centro. Dentro c’è spazio anche per due collaborazioni, con il Piotta e con Caterina Guzzanti. La seconda, a mio modesto avviso, la più interessante, per i contenuti. Iniziare una canzone così: «Sono quattro anni che ti amo e non ti ho mai parlato di Zeman» e finirla in questo modo: «Nella vita ho tifato sempre per chi perde», è una roba per palati fini…

 

All’Atlantico, ieri sera, se non avessi saputo chi fossero, avrei creduto di essere ad una festa elettronica, tanta la fatica di riuscire a percepire più di due parole in fila. Questa cosa mi ha spiazzato letteralmente: ma come, le basi musicali non servivano solo a supportare i loro testi? E invece, è stata la musica a coprirne i contenuti, che certo erano nella testa di tutta quella gente che era lì a sudare e a darci dentro, proprio come i loro dirimpettai sul palco. Eppure, per me che ormai faccio fatica a scalmanarmi in un posto affollato, in un certo senso è stata una mezza delusione: è stato come mangiare un piatto di bucatini all’amatriciana senza il guanciale! Ma vabbè, tornerò ad ascoltarmeli su iTunes…

Lorenzo Fois

Foto: Danilo D’Auria

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> Leggi anche l’intervista esclusiva di Uki a Lo Stato Sociale

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