.«Et si male nunc, non olim sic erit».
(Se ora soffri non sarà sempre cosi)
Orazio
Nato a Genova nel 1404 è stato tutto e di più. Architetto, scrittore, matematico, umanista, crittografo, linguista, filosofo, musicista e archeologo. Considerato come “l’uomo universale del primo Rinascimento” e riconosciuto come una delle figure più poliedriche della sua epoca. Alberti era signore del suo mondo. Non parlerò dell’Alberti architetto o musicista, ma tenterò l’impresa di dare una idea dell’uomo che era, di gettare una luce sulla sua persona, attraverso le sue opere, opere che mostravano l’impronta dell’uomo nuovo, dell’artista e umanista laico.
Immersi nei suoi scritti ci troviamo persi in un labirinto dove a ogni svolta verso la soluzione ci respinge inesorabilmente verso la partenza per permetterci di trovare nuove risposte alle nostre domande. Molte sue opere che si esprimevano sull’epoca storica nonchè la cultura dominante, vennero sottoposte a rigida censura. Ciò non fermò certo Alberti il quale aveva gusto nell’usare pseudomini e l’anonimato che diventavano la traduzione fedele di un modo di concepire le cose. Il ricordo ossessivo di una ingiustizia iniziale, la vita umana travolta dalla fortuna cieca (soggetto presente in molte sue opere nel quale quest’ultima prendeva il posto della saggia provvidenza) il tutto connesso al ricordo di una amara esperienza giovanile. Il suo gusto nell’incarnarsi in personaggi dal carattere sempre più autobiografico (creando cosi nello stesso Alberti una divergenza fra il razionale e l’illusione) forniva una storia sempre uguale, dove l’esistenza, non solo nella fantasia della sua penna ma anche nella realtà della sua vita era perseguitata dalla sfortuna e dal malvolere degli uomini.
Il rapporto difficile e ambiguo con la sua grande famiglia a cui si sente legato ma dal quale viene respinto e danneggiato non ci porta certo alla sorpresa che ogni riflessione sull’uomo, sulla società e sulla vita abbia alla radice una esperienza amara. L’essere umano ci viene disegnato da Alberti come animale irrequieto che si rivolta contro la natura, violandola. L’uomo che si fa odiare da tutti, perchè di tutti è nemico. Nemico della natura, degli esseri viventi, dell’uomo, lupo per i suoi simili, li riduce in servitù e li uccide. Cosi scriveva nel “Theogenius“: «L’uomo efferatissimo si trova mortale agli altri uomini e a se stessi».
Non solo ma quello che uomini e Dei guardano, secondo Alberti, non è la verità ma l’apparenza, non il volto ma la maschera, usare quest’ultima per smascherare gli stessi uomini. Cosi nel “Momus“: «…Non mostrare mai il proprio risentimento; seguire i tempi simulando e dissimulando. […] Non c’è sentimento che non si possa coprire alla perfezione sotto l’apparenza della probità e dell’innocenza. […] Che splendida cosa è il saper nascondere i più segreti pensieri con il sapiente artifizio della colorita e ingannatrice finzione!».
Certamente negativo ma non si discosta dalla realtà che viviamo anche Noi nella nostra epoca, dove la fiducia verso il prossimo è sempre venuta meno. Superati gli oceani del tempo Alberti ha centrato ciò che viviamo nell’attualità e ciò porta a riflettere. Dopotutto se la storia ci insegna qualcosa, questo qualcosa è che l’uomo non cambierà mai. Ancora una volta voglio riprendere un passo il quale riassume l’amarezza albertiana per un’esistenza travagliata.
«Là dove mi si doveva gratitudine, abbondò l’invidia; là dove mi sarei potuto attendere un aiuto per vivere, trovai l’ingiuria; la dove i buoni avevano fatto tante promesse, i malvagi mi resero altrettante scelleratezze…Tali sistemi sono comuni tra gli uomini; non dimenticare che sei uomo».
A queste parole non c’è replica e gettano allo stesso tempo luci e ombre su quella che è stata la sofferenza patita da Alberti, sulla sua personalità, al suo grido disperato verso la società e la famiglia da Lui comunque tanto amata.
Altro tema ricorrente delle sue opere e non c’è da stupirsi è la morte, come liberatrice dei mali e datrice di serenità. Per Alberti la vita dell’uomo, neanche a dirlo, è priva di significato. Direttamente o indirettamente omette ogni possibile riferimento all’immortalità dell’anima e ovviamente a Dio (cristiano) e alla religione. In più di uno scritto ci esprime la sua idea sul valore delle tombe e sepolcri premiando la saggezza dei filosofi indiani che vorrebbero affidata al solo ricordo degli amici la sopravvivenza dell’individuo e nel senso più pratico, elogiava il sistema della cremazione, ottima maniera secondo Alberti «..per disfarsi di quella cosa putrescente e malsana che è il cadavere». Nella sintesi il tratto saliente della morte nel pensiero albertiano era la liberazione dagli inganni. In effetti la morte non inganna nessuno, è equa e non fa differenze di nessun tipo.
In breve non so quanto possa essere stato profetico riguardo alla natura dell’essere umano o della società, quanto possa aver sofferto nella sua vita dove la denigrazione era di casa o quanta verità possa celarsi nelle sue parole, è difficile immedesimarsi in un genio ma non è cosi difficile sentirsi in qualche modo accanto a Lui, alla sua “visione”. Riporto queste parole tratte da “Il sogno“: «Vedendo il diluvio di stupidi di cui abbonda questo nostro tempo, mi venne in mente che il luogo più congeniale per passarci la vita, date le mie abitudini, sarebbe stato il paese del sogno. […] E ci andai subito».
Non ho certezza ma speranza che Alberti dall’alto del suo paese del sogno stia sorridendo amaro a vedere quanto poco è cambiato il nostro mondo. Ma so che dove si trova è in pace lontano dal male che lo circondò.
Giacomo Tridenti
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> Utopie visive: la “Città Ideale” di Urbino -L.B. Alberti (?)
un genio assoluto
un pessimismo molto attuale il suo…..
sempre bravissimo il Tridenti. stavolta e’ stato un piacere rivivere l’ uomo Alberti …. l’ ho sempre adorato
intanto plaudo al tuo stile a me molto congeniale: poche frivolezze ma molta materia.Ottima questo tuo riassunto di UOMO che essendo tale ha dovuto lottare in una melma che noi ben conosciamo. Ieri come oggi pare che l’Umanità non abbia fatto un passo avanti ma non è così, gli è che la marmaglia continua a prosperare dalla sua stessa mota e i fiori fanno fatica a respirare. Complimenti e grazie, a me queste pagine servono moltissimo a rimembrare in quanto purtroppo la memoria oggi difetta 🙁
concordo in toto con Brezza …..
complimenti a G. Tridenti
splendido post su uno di più grandi geni di sempre
Progettò la bellissima torre del Duomo della città in cui sono nato, Ferrara ….