Dopo aver riarrangiato, rivisto e reinterpretato in tutti i modi possibili le loro canzoni, non ultimo quel capolavoro che fu l’esperimento della prima reunion in duo tra Page e Plant del ’94, con la London Metropolitan Orchestra in Egitto, oggi i Led Zeppelin, orfani dell’indimenticabile “bonzo”, hanno deciso di non rivisitare nulla. Sono saliti sul palco, e con lo stesso urgente entusiasmo di 40 anni fa hanno presentato le loro perle per quelle che sono: puro e sanguigno rock, 16 pietre miliari suonate dal Martello degli Dei… and the song remains the same!
«It’s been a long time since I Rock and Rolled,
It’s been a long time since I did the Stroll.
Ooh, let me get it back, let me get it back,
Let me get it back, baby, where I come from.
…..»
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«È passato molto tempo da quando facevo rock ‘n’ roll,
È passato molto tempo da quando vagabondavo.
Ooh, permettimi di farlo tornare, permettimi di farlo tornare,
permettimi di farlo tornare, baby, da cui provengo.
…..»
Dopo il jazz arrivò il blues, così Buddy Holly, Jerry Lee Lewis e Chuck Berry poterono inventare il rock ‘n’ roll. A quel punto Elvis Presley fregò tutti e divenne il re di quel genere musicale, vendendolo a buon prezzo di mercato. Così, i Beatles e i Rolling Stones si spartirono il nuovo regno, i primi conquistarono il mondo intero, i secondi abbracciarono l’ombra di quel mondo. Questo fece sì che i Cream e Jimi Hendrix poterono iniziare a maneggiare il rock blues e a farne l’altare del loro talento, ma fu a quel punto che gli dèi decisero di scendere sulla terra per spaccare il culo a tutti!
Era l’inizio del 1969, quando le casse dell’epoca trasmisero l’attacco di “Good Times Bad Times” niente fu più come prima. Subito dopo -mentre Bob Dylan (insieme a Bruce Springsteen e Neil Young) scuotevano altri lidi musicali, i Pink Floyd e i Genesis sperimentavano un altro modo di fare musica, e David Bowie e i Velvet Underground ispirarono altri generi ancora- i Deep Purple e i Black Sabbath andarono a lezione proprio dagli dèi… da quel momento i primi definirono i canoni dell’hard rock, i secondi quelli dell’heavy metal… mentre gli dèi, dopo aver lasciato le tavole delle leggi, continuavano a fare come cazzo gli pareva.
Dopo quarant’anni, lo fanno ancora. Alle stesse note di “Good Times Bad Times” hanno aperto il concerto più ambito della storia della musica. Li adoro, perché ogni volta che fanno una cosa, se la tirano, la fanno come fosse un evento epocale e ci tirano fuori il massimo del profitto. Sono dei gran paraculi i Led Zeppelin. Sono dei talenti geniali da 300 milioni di dischi venduti.
Led Zeppelin “Celebration Day” è lo spettacolare live andato in scena nel 2007 all’Arena di Londra, oggi proposto in anteprima in soli 1500 cinema, in oltre 40 paesi, soltanto mercoledì 17 ottobre: unica anteprima, come nel loro stile. Poi uscirà il 20 novembre in formato sia audio (CD) che video (DVD).
Comunque, pochi fronzoli, sul palco c’è Jason Bonham, figlio del compianto John (‘bonzo’ per gli amici..), il più commosso dei nostri, ormai maturo per suonare con gli altri, sebbene non sia mai all’altezza del padre.
C’è John Paul Jones; ancora una volta si capisce quanto sia stato importante il suo smisurato talento negli Zeppelin. In una band dove c’è solo una chitarra, tra l’altro votata alla strabordanza solistica, solo una sezione ritmica del genere poteva riempire tutti gli spazi senza lasciare nulla di vuoto. E Jones sapeva come farlo, è il più metodico, il più chirurgico, è in piena forma. Ogni suo tocco è un balzo dalla sedia, fenomenale!
C’è Robert Plant; certo, ha perso il registro alto della voce, è normale, ha 64 anni, alla sua età i nonni pisciano cinque volte a notte, invece lui sale sul palco e ti fa delle pose da rockstar come forse mai aveva fatto neanche quando aveva vent’anni. Neutralizza la sua mancanza fisiologica con una maestria geniale, è l’unico infatti costretto a reinterpretare i suo pezzi, e lo fa in modo magistrale, emozionante, originale, lo fa con con classe ed esperienza… è il dio di greca bellezza che ha fatto il patto col diavolo, di cui si pente nella splendida “Nobody’s Fault But Mine”. È la voce della più grande band della storia del rock, si può permettere tutto, perché quando è negli Zeppelin è lui che pesa ogni cosa.
Infine c’è Jimmy Page; l’unico che si presenta senza tingersi i capelli, perché se c’è davvero uno che può permettersi tutto nella Rock Hall Fame, è proprio lui, il genio che ha inventato il Martello degli Dei, colui che può e “sente” ogni cosa, colui che ha fatto e creato di tutto. Colui che ha abbracciato le tenebre e ci ha regalato la luce, il chitarrista strabordante senza il quale non esisterebbe tre quarti della musica contemporanea. Sale sul palco, e ancora una volta fa il culo a tutti, e stavolta sorride pure!
Ad ogni modo, ci sono due cose in particolare che hanno destato il mio incanto, perché è ovvio, non stiamo certo parlando del momento migliore dei Led Zeppelin (sarei il solito coglione che recensisce questo concerto con le consuete frasi fatte dell’ultima occasione, se vi venissi a dire che siamo all’altezza dello smisurato talento giovanile di “How The West Wos Won” ad esempio.. se non altro perché mi manca un certo John Bonham...), e allora, le cose che mi hanno più colpito di questo live sono:
> l’immenso entusiasmo che i nostri avevano nel suonare la loro musica. Una nevrosi impetuosa e appassionante per un “muro di suono” che spinge i loro strumenti al limite della potenza -da far impallidire tutti i gruppi di Mtv messi insieme. Certo, c’erano le scenografie del palcoscenico, c’era il theremin e l’archetto di violino, ma soprattutto c’erano degli strumenti violentati da una passione per la musica incontenibile, una voglia di suonare e di “spaccare” che introduce il secondo aspetto che più mi ha colpito:
> il “tocco” del loro sound… del loro groove. Quell’impetuosità energica che spingeva e spinge ancora oggi i Led Zeppelin a suonare in quel modo, è esattamente ciò che crea la potenza del loro sound: che è, appunto, tutta nel loro “tocco”. Nessuno può suonare “Kashmir” come loro, nessuna Gibson suona come quando Page gli mette mano. È un groove che viene dalla pancia, da dentro, è qualcosa d’inspiegabile, viene da un’altra dimensione, come quando si rimane stregati dal personale tocco di Van Gogh o di Pollock…
E così passano sullo schermo la straordinaria “In My Time of Dying“, la psichedelica “Dazed and Confused” e l’avveniristica “Trampled Underfoot“, passa l’emozione strappa lacrime di “Since I’ve Been Loving You“, l’immancabile “Stairway to Heaven” e la gigantesca “Whole Lotta Love“… Sono i Led Zeppelin, siamo al cospetto degli dèi, non ce né per nessuno.
Fatale
«…..
Walking side by side with death
The devil mocks their every step
The snow drives back the foot that’s slow
The dogs of doom are howling more
They carry news that must get through
To build a dream for me and you
They choose the path where no-one goes
……..
They hold no quarter..
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«…..
Camminando fianco a fianco con la morte
Il diavolo si fa beffe di ogni loro passo
La neve spinge indietro il piede che è lento
I cani di sventura stanno urlando di più
Portano notizie che devono passare di là
Per costruire un sogno per me e per te
Scelgono il percorso che nessuno fa
….
Non hanno direzione…
….»
Led Zeppelin: Celebration Day (Trailer ufficiale)
non ce nè per nessuno!
'mazza che bella recensione!
mi sa che mi son perso qualcosa..
non ne fanno più di gruppi così!
LED ZEPPELIN.
ESTRO.
BELLEZZA.
POTENZA.
il tutto come "un pugno sul tavolo"
😉
mi sono gasato solo a leggere questa recensione, pensa a vederli.sottoscrivo tutto. ineguagliabili!
ieri sono andato.che spettacolo!!!
peccato che non c'era il set acustico…peccato che non c'è più bonham
si sentono le differenze, però che brividi…
non aggiungerei altro…^^
bravissimo, recensione eccezionale come il Concerto!