La nostra giornata segue dei ritmi ben stabiliti, soprattutto se sei lavoratore (in fondo la parola contrattuale “dipendente” la dice lunga). Quanto tempo abbiamo da dedicare a noi stessi? C’è chi parla di complotto, ma il nostro destino può non dipendere necessariamente da questo: in effetti assumersi la responsabilità della propria infelicità è l’inizio di ogni cambiamento
«Girando sempre su se stessi, vedendo e facendo sempre le stesse cose, si perde l’abitudine e la possibilità di esercitare la propria intelligenza.
Lentamente tutto si chiude, si indurisce e si atrofizza come un muscolo». (Albert Camus)
«La libertà è la volontà di essere responsabili di noi stessi».
(Friedrich Nietzsche)
Si dice che le 8 ore di lavoro servano ad impedire lo sviluppo delle facoltà nascoste dell’uomo.
Facendo un calcolo delle ore della giornata, vediamo che se da 24 togliamo le 8 di lavoro, ce ne restano 16. Poi ce ne sono, in teoria e fisiologicamente parlando, 8 di sonno. Delle 8 ore restanti (24 – 8 di lavoro – 8 di sonno = 8) va via un po’ di tempo per mangiare, percorrere il tragitto casa-lavoro e viceversa, e per provvedere alla propria igiene personale (che è importante). Insomma, sembra che indipendentemente dalla nostra volontà noi passiamo quarant’anni della nostra vita esistenziale rinchiusi, giorno dopo giorno, in uno stabile a fare attività logoranti e che arricchiscono altri. Ogni persona non ha mai tempo per evolversi, dovendo pensare soprattutto a mantenersi. Indubbiamente, “vivere per lavorare” è la più grande boiata sociale, la più diabolica impostura che ci siamo ‘voluti’ addossare!
Ci resta ben poco tempo a guardarla così e la colpa è di quelle 8 ore che ci porterebbero via un terzo della giornata.
Nondimeno, le cose possono guardarsi anche da una prospettiva diversa.
Le ore formative
Già all’interno di quelle ore che ci restano, cioè che non sono né di lavoro né di sonno, è possibile compiere delle attività formative, dal mio punto di vista. Questa è la prima obiezione che muovo.
Infatti si afferma che una piccola parte di quel tempo che ci resta durante la giornata si utilizza per informarsi a proposito dell’attualità e di ciò che accade nella società in cui viviamo.
Questa attività, per quanto si possa gridare allo stoccaggio di informazioni e flusso di informazioni da cui siamo travolti, mi pare un qualcosa che possa smuoverci dal nostro torpore se invece viene utilizzata con una certa lucidità.
È possibile accumulare informazioni senza sviluppare un minimo di pensiero critico al riguardo?
Un altro poco di tempo, di quelle poche ore, è dedicato ai rapporti sociali/familiari/interpersonali. E pure questo se trasformato sotto il segno della “qualità“, è un altro punto importante da cui ripartire.
Vuoi che sia una telefonata con un amico o parente, vuoi che sia una mail, vuoi che sia una chiamata da un centralino che ci vuol vendere qualcosa, credo che il rapporto umano sia sempre (per quanto la telefonata a fini commerciali sia una scocciatura, non c’è solo quella) un buon modo perché in noi possa smuoversi qualcosa.
Dopotutto gli incendi nascono dalle scintille no?
Quello che ci resta
Secondo i disfattisti, ci resterebbero 3 ore di libertà: in queste tre ore non sarebbe possibile fare niente. D’altronde come affermava Stanley Milgram: «È facile ignorare la responsabilità quando si è soltanto un anello intermedio in una catena di azioni». Perciò, davvero tutti noi sappiamo usare al meglio il nostro tempo libero? Pensate sia possibile, oggi, immaginare un momento della giornata libera dagli smartphone? E pensare che in tre ore, se tengo a bada la mia pigrizia, sono in grado di studiare un sacco! E voi? Ad esempio in questo tempo possiamo iniziare a pianificare una nostra, nuova, e migliore vita… o no?Secondo voi tre ore sono poche?
Ok, dopo aver lavorato, essersi svegliati chissà a che ora improponibile, insomma quando si è totalmente sfatti, la voglia di fare qualcosa è ben poca: studiare, leggere, approfondire sono tutte attività che ci possono risultare tediose.
Tuttavia, mettiamo caso che insegno una materia che mi piace o che ho fatto un lavoro per il quale ho studiato e che sono stato in un ambiente di lavoro calmo e rilassato: in questi casi forse non è neanche necessario che mi metta a studiare o leggere, posso anche solo riposarmi. D’altronde noi di Uki siamo fautori del famoso “ozio creativo” di cui parlava un sociologo come Domenico De Masi.
Forse ciò che va cambiato sono le condizioni in cui si lavora, l’approccio al lavoro, il modo in cui ci si arriva, il concetto di lavoro stesso. O no?
Non è facile, lo so, non sono un utopista. Però basta saperle queste cose perché tutto venga visto sotto una luce diversa. Dire che il sistema “funziona così da sempre“, in fondo, non è la confessione che il sistema non funziona? Mi tornano in mente le parole di Molière: «Non è solo per quello che facciamo che siamo ritenuti responsabili, ma anche per quello che non facciamo».
Io sto con Aristotele
Scusate tanto, ma se noi la pensiamo come il buon Rousseau insegnava (pace all’anima sua) e cioè che il contratto sociale è fatto tra individui senzienti che volontariamente decidono di unirsi in una società, sacrificando il proprio “io individuale” ed egoistico in funzione di un “io comune”/”volontà generale”, perché dovrebbe essere la società di cui siamo parte ad avere potere su di noi? Non dovremmo essere noi ad avere potere su noi stessi?
Il continuo piangersi addosso dei complottisti, che sembrano non essere in grado di pensare che l’uomo possa avere la volontà sufficiente per cambiare le cose, finisce per portarli sempre ad incolpare delle forze più grandi di noi a cui noi come deboli agnellini sacrificali dobbiamo soccombere.
Francamente, a essere inquadrato come uno che non usa la sua volontà e segue la massa non ci sto. Voi lo volete?
Non fraintendetemi. Non c’è dubbio che esista un’élite sociale in grado di guidare le tendenze di mercato e i processi culturali come quelli sociali, così come sembra sempre più palese il fatto che l’umanità sia ormai assuefatta a queste tendenze costrittive, tanto da renderla una massa priva di ogni senso di “risveglio individuale” o volontà fattiva per cambiare il Sistema (mantenere gli individui perennemente sotto un’autorità superiore fa sì che questi non siano più capaci di comportarsi autonomamente!). Nonostante ciò, sarebbe funzionale smetterla di guardare i “divieti” senza mai mettersi in cammino.
Secondo Aristotele, che viene giusto qualche secolo prima di Rousseau, l’uomo è un animale sociale, quindi si unisce in società di sua spontanea volontà: ci è portato, diciamo così, e si rende conto che al di fuori non riuscirebbe a sopravvivere.
Quindi anche i rapporti sociali di ogni tipo, guardando ad un Aristotele sociologico (cosa che non era molto, anche se però riflette molto sul valore dell’ ”amicizia”), possono essere un’opportunità in grado di sviluppare e smuovere in noi qualcosa, secondo me, come dicevo prima.
E le otto ore di lavoro magari prevedono contatti umani, con dei colleghi, dei sottoposti: non possono quindi essere momenti costruttivi? Che danno vita ad una riflessione di qualche tipo? È ora di spegnere la Tv – evitando di distrarci ulteriormente verso l’assuefazione – e semmai riunirci per confrontarci tutti insieme – magari senza Social Media o smartphone, altri mezzi di distrazione cognitiva. Riunirci in simposi fatti di argomenti e valori alti è sempre stato l’inizio di una nuova rivoluzione, nuovi modi di pensare. Aumentare i centri di aggregazione (invece di implodere sui display), dove mentre ci si diverte ci si commisura con tematiche più profonde di quelle dei tabloid…
Autodeterminazione Responsabile
Una società libera è fondata sulla persona concreta (e non giuridica), sulla sua capacità di creare forme sociali. Per fare questo bisognerebbe, innanzitutto, evitare di stabilire degli “ideali morali assoluti” attraverso i soliti processi di astrazione, che non di rado le corrompono in “ideologie” volte al solo profitto; dobbiamo evitare di creare strutture funzionali a quei “valori arbitrari” la cui austerità va spesso a discapito delle persone stesse. I valori devono essere piuttosto materiale di confronto tra le parti, riferimenti assoluti tra i singoli, non dogmatiche istituzioni… altrimenti ricadiamo nei giochi di potere: un circolo vizioso dell’umana psicologia sociale.
Vogliamo esagerare? Sognare in grande? Ci vorrebbe una nuova società (anarchica? Nell’accezione positiva del termine?) che prenda forma dal “libero accordo“, sulla “solidarietà“, sulle “libere associazioni“, sulle unioni, sul rispetto per la singola individualità che non volesse farne parte, secondo il principio che le decisioni valgono solo per chi le accetta! Che poi è quello che la psicologia sociale delle élite manipola davvero! Una Legge diventa automaticamente una legge per tutti solo perché lassù, magari dall’Europa, si è fatto un accordo tra gente che per giunta nessuno conosce neanche di vista! Vedi la “moneta” ad esempio, essa è una convenzione! Noi decidiamo e accettiamo un “valore di scambio”, un qualcosa che però poi viene maggiorato da un “valore nominale” totalmente unilaterale e fazioso. Una convenzione/accordo che diventa talmente oggettivo da lasciare che intere Nazioni o padri di famiglia cadano in malora, seppur basterebbe rimettere semplicemente in discussione l’accordo… In un mondo dominato dalle merci e dal denaro, si è creato un semplice ricatto: o vendi la tua forza lavoro al capitale o muori di fame. Eppure tutto è fittizio! Assurdo!
Ecco perché in una società libera, votata cioè ad un senso di “autodeterminazione responsabile“, si potrebbero rifiutare leggi, comandi, imposizioni, principi fondati sul volere della maggioranza, rappresentanze, discriminazioni, guerre come metodo per risolvere contrasti… realizzando piuttosto la gestione ed il superamento dei conflitti attraverso chiarimenti ed “accordi tra i diretti interessati“.
Si dovrebbe tornare al “localismo“, non è possibile che un Centro Di Potere prenda una singola decisione univoca per tutte le Nazioni… ognuna ha piuttosto esigenze e risorse differenti! Ci vuole tanto a capirlo? Vogliamo essere solo “contro” il Sistema o davvero “liberi” dal Sistema?
Sia chiaro, nonostante il pregiudizio diffuso, non sto qui pensando ad un’utopica società fatta di assenza di regole e di interazioni sociali super partes, infatti non si dovrebbe lasciare nulla al caso/caos, una tale “autodeterminazione” dovrebbe diventare un programma educativo fin dalla tenera età – e in ogni caso toglietevi dalla testa che le “regole” contrastino il crimine, gli studi sociali sono ormai chiari su questo: le devianze sociali dei singoli e delle masse sono un prodotto della stessa società autoritaria!
In questa sede semmai, mi premeva parlare di quelle teorie che propongono un nuovo modo di concepire la società, costruito intorno a norme e/o principi etici egualitari, condivisi e non imposti dall’alto.
L’avete postata tutti la notizia che in Svezia sono state ridotte le ore di lavoro, non è vero?
Roberto Morra
«C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso… Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale».
(..dal film “Into the Wild”)
«Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere». (José Saramago)
Finalmente un discorso sensato senza allarmismi ma con idee vere!
Grazie Roberto!
e come si fa a ricostruire una società in questo modo? domani alle sette suona la sveglia e tutti corriamo a lavoro. domani saremo a votare di nuovo tra Renzi e Berlusconi!!!!!
Non pensando appunto al solito schifo ma a qualcosa di più produttivo per te!!!
ma? è indubbio che sia responsabilità nostra, ma il sistema non si abbatte così facilmente. rimane il fatto che qua ci fanno lavorare sempre più ore e ci tolgono sempre di più
ad ogni modo questo è un articolo molto interessante,davvero..
bellissimo e profondo articolo, molto di piu’ che da una lettura superficiale.
grande Uki e sempre complimenti a Morra!
Secondo il mio parere bisognerebbe ritrovare e incentivare il valore del bene comune, che, in ogni contesto, produce il bene di tutti.
Attualmente il valor3 del bene comune e’ totalmente accantonato 3 sovrastato d@l b3n3 personale, dal personalismo, e questa disordinata frammentazione sta producendo il crollo di tutte le strutture.
Il bene comune costituisce le fondamenta della costruzione ed il riferimento etico per eccellenza. Mancando, mancano il pavimento ed il tetto, per cui le inutili e sbilenche pareti e paretine, franano.
Buon pomeriggio!
Non sono a favore e non mi metto contro il Sistema, me ne esco e lo disconosco