La Stonehenge de noantri..

Complessi megalitici fanno la loro “comparsa” anche in Italia.

 Una meridionale Stonehenge riapre le ipotesi e mobilita gli studiosi all’indagine riguardanti i popoli neolitici e primitivi che abitavano le nostre regioni. Una scoperta di notevoli dimensioni, letteralmente e metaforicamente, che ci avvicina ai druidi d’oltre Manica. Il dibattito relativo a finalità, utilizzo e metodo di costruzione è aperto. Il geologo a capo del gruppo che ha compiuto gli studi esclude che si tratti di opera della natura.

 

Una Stonehenge in Italia? Non proprio, qualcosa di molto simile però è stato scoperto recentemente nelle ridenti terre calabresi! La Calabria, dove risiedevano gli Italici propriamente detti, popolo primitivo che parlava una lingua indoeuropea che avrebbe dato all’italiano il suo carattere distintivo, è stata spesso vista come luogo misterioso, in cui leggenda e mito si intrecciano, luogo delle origini, atavico, lontano nel tempo.. questa regione è proprio da definire “piena di sorprese e di magiche virtù”! (cit.: “Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo per Rina“, Italia 1997, titolo originale The Slayers, Giappone 1995). Bè, questa sua fama mistico-primitiva non si smentisce! (potete trovare a questi indirizzi l’elenco di molti miti e leggende che la riguardano: www.portalecalabria / www.calabriaonline).

È stato trovato, nella zona ionica della regione, all’altezza di Vibo Valentia, un villaggio megalitico. E allora? Che c’è di tanto interessante mi direte voi? Di villaggi megalitici ce ne sono tanti.. per esempio in Sardegna. Ebbene la scoperta è interessante perché il complesso megalitico riportato alla luce è in una zona abbastanza impervia e difficilmente raggiungibile, che pare aver conservato la sua primitività.

La maggior parte delle strutture ivi presenti sono dei triliti, molto simili a quelle della britannica Stonehenge. Una caratteristica che rende la scoperta molto interessante e degna di nota, a quanto pare più all’estero che in Italia, è che il territorio è soggetto ad una certa attività sismica. Quindi ci si può chiedere: come mai in un zona dove i movimenti tellurici ogni tanto fanno visita, i nostri primitivi antenati hanno deciso di costruire architetture così imponenti che, cadendo, avrebbero potuto creare non pochi danni? Ma il dato decisamente più incredibile è che le costruzioni megalitiche occupano un territorio vastissimo, con monoliti di granito che arrivano a pesare fino a 200 tonnellate e che vanno a formare perfino delle mura!

Queste le scoperte alquanto straordinarie condotte dalla squadra guidata dal prof. Guerricchio, geologo dell’università della Calabria, che ci ha restituito un reperto fondamentale per lo studio delle civiltà neolitiche italiane. È proprio lui la figura chiave della faccenda: il sito archeologico, vicino Nordodipace (VV) che è stato solo il primo di altri siti interessati dal fenomeno “dolmen”, è stato scoperto da un appassionato che, ritenendo la zona alquanto particolare dal punto di vista morfologico, ha ritenuto doveroso avvertire il vicino comune; in un primo tempo si riteneva che quegli ammassi di roccia fossero capitati lì a causa della forza della natura. Sono state proprio le indagini del geologo calabrese a determinare quelle costruzioni come opera dell’uomo e di conseguenza a far ipotizzare la presenza di un civiltà/comunità caratterizzata da una classe guerriera e/o sacerdotale molto influente.

Il professore, intervistato, non si dilunga in merito a considerazioni storico-sociali relative alla configurazione sociale delle popolazioni residenti in quelle zone, ma comunque ci tiene a sottolineare che in una società caratterizzata da un’organizzazione molto semplice non ci sarebbe stato il bisogno e/o la volontà di erigere strutture di simili dimensioni e portata. Solo in una società che ha sviluppato una certa gerarchia e certe precise differenze sociali, per quanto primitiva, avrebbe potuto dar vita ad un progetto simile. Dopotutto, aggiunge Guerricchio, quelle che ad un primo sguardo sembravano mura difensive sono state poi considerate strutture aventi una fine probabilmente sepolcrale, quindi ordinate da una casta che deteneva il potere almeno spirituale: queste strutture sono presenti a Nordodipace e nelle zone vicine, ma non c’è continuità strutturale, di dimensioni e di forma necessaria a fare di loro delle fortificazioni . L’intero complesso è databile al III-II millennio a. C.

È da escludere che sia opera della natura perché i blocchi di pietra sono come tagliati a dovere, levigati, perché possano formare delle vere e proprie architetture. Come per Stonehenge, anche per il sito di Nordodipace si ipotizza che gli enormi blocchi di pietra, reperibili nelle vicinanze, fossero stati trasportati attraverso delle piste, a prezzo ovviamente di una grande fatica.

Certo le fantasticherie riguardanti gli extraterrestri neanche in questo caso sono mancate! Ma a parte le solite fantasie, il dato su cui ancora si deve indagare riguarda la funzione di queste strutture: il cerchio di pietre inglese serviva per leggere il cielo, probabilmente, ed era costruito in modo da seguire il movimento degli astri, allineandosi con precisione al solstizio e all’equinozio, anche se tanto le fantasticherie quanto le scienze continuano a dibattere su questo punto. Per queste megalitiche architetture calabresi è lo stesso? C’era una sorta di élite druidica anche in Italia che guidava la società e dettava legge e imponeva la costruzione di strutture enormi per tenere a bada gli dei?

Roberto Morra

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