La rivincita della zucca

Halloween/“Samhain” è il giorno più ‘magico' di tutto l'anno: capodanno di tutto il mondo esoterico

 Il mondo dell’esoterismo definisce Halloween come la festa più importante dell’anno. Nondimeno il 31 ottobre, puntualmente, ci distraiamo su diversi aspetti mondani della festa mentre altre forme energetiche (vedi le rappresentazioni umane di entità spirituali) tornano in vita, tornano cioè a pungere la nostra psiche… e c’è dell’altro perso nella memoria.

.«Armi santi, armi santi,
Io sugnu unu e vuatri siti tanti,
Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai,
Cosi di morti mittiminni assai»

 

Quel volpone di Stephen King diceva questo riguardo Halloween: «È il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall’oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell’oscurità». Ebbene, il Samhain è un’antica festa panteista ed esoterica celebrata dal tramonto del 31 ottobre al tramonto dell’1 novembre, per onorare l’inizio dell’inverno e del periodo più oscuro dell’anno. Gli Antichi dividevano l’anno in due parti: buia e luminosa; così il Samhain era la festa più importante (il capodanno esoterico) perché rappresentava l’inizio del nuovo ciclo dell’Ordine Divino Naturale (il sistema cosmico che orchestra l’universo). Teniamo presente che le mistiche primordiali erano votate alla celebrazioni delle Leggi di Natura, che secondo i Saggi erano emanazioni di un Unico Campo di Luce fondamentale e assoluto, erano cioè le “Qualità” dell’unica e suprema Esseità divina… quella Coscienza Assoluta e trascendentale che in sostanza tutt’oggi chiamiamo Dio. Si tratta dell’assoluto, infinito ed eterno “Spirito“, inteso appunto come Dio.
È importante dunque ricordarci che ogni manifestazione celeste del Divino, non era altro che una sua “emanazione”, una sua “Qualità”; pertanto gli dèi delle antiche religioni non sono altro cheAttributidell’Unico Dio. Ci sono dèi come proiezioni di Luce dello “Spirito Assoluto”, oppure dèi che simboleggiavano proiezioni dell'”Ombra” del suo stesso inconscio spirituale.
Non solo, poiché la realtà è filtrata dalla nostra mente, e poiché l’unica Mente Suprema è quella di Dio, allora Tutto esiste in quanto “idea” della Coscienza Divina, quindi le Forze cosmiche oltre ad essere Qualità del Divino sono anche attributi della stessa psiche umana: ecco che gli dèi erano in primis delle sublimi “forme-pensiero”, e quindi delle vere e proprie forze emotive insite alla natura umana. Quella natura umana però andava purificata per tornare ad ascendere verso il Divino, ecco che allora, per gli antichi, onorare un dio significava immedesimarsi nelle Virtù che l’energia di quel dio stava a simboleggiare, questo univa l’Uomo al Divino in un percorso catartico volto alla liberazione dall’illusione terrestre per riabbracciare l’Esseità Divina.
In senso meramente speculativo, seguendo l’epistemologia della fisica quantistica, potremmo pensare a Dio come alla sorgente trascendente che proietta olograficamente l’intera realtà, che è di fatto un riflesso del “sistema neurale” della Coscienza Divina sul cosiddetto Vuoto SubQuantistico – che non a caso, secondo le ultime ricerche scientifiche, presenterebbe un comportamento “pensante”. Tutto ciò rimanda all’idea di una proto-mente trascendente, una sorta di Coscienza Cosmica Integrata che pensando, da’ inizio alla dimensione spazio-tempo e ad epifenomeni come gli esseri viventi.
Ebbene, altra cosa importante da tenere sempre a mente, è che l’esperienza della manifestazione è possibile solo secondo l’alternanza dei due poli insiti alla Vibrazione Cosmica, frequenze “ordinano” il substrato della realtà nella Coscienza del Divino. Questa “Dualità” appare tra Luce e Ombra dal macrocosmo al microcosmo: nelle dinamiche universali così come nei processi inconsci dell’Uomo (dalla sua Coscienza Collettiva a quella Individuale). Ecco infatti spiegata la venerazione verso gli dèi che appunto erano allegorie delle luci e delle ombre che albergano nell’inconscio dell’uomo, energie in grado di influenzare il corpo e la mente nel bel mezzo dell’infinito ciclo karmico delle “rinascite” (almeno fino a quando l’Iniziato non avrà raggiunto l'”Illuminazione” o la “Resurrezione”).

Allora, il “Samhain” (pronunciato “sow-in”) era l’inizio di un nuovo ciclo di Vita, come accade al seme piantato e che depone le fondamenta per la crescita. Nelle culture antiche il potere rinnovativo del buio, e dunque della morte, era ampiamente riconosciuto: la Vita era concepita in modo circolare, invece che lineare; per cui la morte, ben lungi dall’essere vista come la fine, rappresentava il punto di energizzazione e l’inizio di tutto, proprio come il seme seppellito sottoterra è il generatore dei frutti e dei fiori a venire. Questo si rifletteva nell’usanza di fare iniziare le giornate al crepuscolo invece che all’alba.

Queste Sapienze mistagogiche furono l’origine del Mito, dopodiché, più tardi di millenni attraverso culture e società, secondo la leggenda, nei vecchi pub dell’antica Irlanda si aggirava un noto scommettitore e taccagno bevitore, un tale chiamato Stingy Jack, da tutti cantato come “Ne’er-do-well” (“Non ne combino una giusta”). La notte di un lontanissimo 31 ottobre, Jack incontrò niente popò di meno che il Diavolo. Lo incontrò in un pub per finire nel solito maligno tranello.. Tuttavia Stingy Jack accettò di rendere l’anima al Diavolo non prima dell’ultima bevuta alla faccia di chi gli voleva male. Così dopo la consumazione, per pagare l’oste, quel furbone del Diavolo si trasformò in una moneta, ma il nostro Jack s’infilo come una volpe la stessa moneta in tasca laddove aveva una croce d’argento. Il simbolo sacro impedì allora al Diavolo di ritrasformarsi… costringendo il satanasso a promettere a Jack che non lo avrebbe più perseguitato per dieci anni.

Puntuale, una decade dopo, sempre la notte di Halloween, il Diavolo si ripresentò a Jack reclamando la sua anima. Ma Stingy Jack ne sapeva una più del diavolo, e come se niente fosse lo sfidò ad arrampicarsi su un albero. Il maligno salì subito sull’albero ma li rimase… perché il nostro Jack disegnò prontamente una croce sul tronco non permettendo più al Demone di scendere. Il Diavolo fu allora costretto ad un nuovo patto: gli promise che non lo avrebbe più tentato… ma così fregò il nostro Stingy Jack. Infatti, alla sua morte, a causa di questo patto, a Jack non furono aperte né le porte del Paradiso né quelle dell’Inferno. Eppure il Diavolo, che era un bonaccione, diede a Jack un tizzone ardente per illuminare il suo cammino nell’oscurità. Da quel momento l’uomo mise il tizzone in una cipolla (che poi diverrà una zucca) per farlo durare più a lungo ed iniziò a vagare nelle tenebre per l’eternità.

La notte di Halloween, secondo la leggenda, egli vaga ancora con le sue braci ardenti ed è ricordato come Jack O’ Lantern, ossia “Lantern Man”.

Fu quando gli irlandesi si trasferirono in America in seguito ad una terribile carestia nel XIX secolo, portando con sé questa leggenda, che la cipolla si tramutò in una zucca, più facile da intagliare ed a ricordare la faccia sdentata di Jack O’ Lantern. I bambini oggi si travestono e fanno visita alle famiglie guidati dalla lanterna/zucca e ottengono dolci in cambio della loro “benevolenza”. “Trick or treat” è infatti l’usanza del “dolcetto o scherzetto”. “Trick or treat” letteralmente significa: “trucco o divertimento”, “stratagemma o piacere”, ma il significato originale è: “maledizione o sacrificio”.

Morale della favola: il male trionfa sempre sull’ipocrisia. Ad oggi, la festa dei Santi non se la fila quasi nessuno, mentre le zucche, i dolcetti e gli spiriti maligni vanno di moda che è una bellezza.

La parola “Halloween” discende dalla tradizione cristiana inglese: deriva, difatti, dall’inglese “All Hallows Eve” (“Notte di tutti gli Spiriti Sacri” o “Sera di Ognissanti“, che si celebra il primo novembre. Si tratta insomma di un termine tardo nato in epoca cristiana, faceva riferimento alla notte in cui anticamente i Celti celebravano i propri antenati. La comunione con l’idea cristiana arrivò molto lentamente fino a prenderne il posto che occupa oggi, ma per molto tempo Halloween è stata – e in molti luoghi ancora è – la festa cristiana del mondo anglosassone. Poiché per i popoli antichi il giorno iniziava col tramonto, la sera del 31 ottobre –la vigilia– determinava l’inizio dei festeggiamenti per la festa cristiana. Così, anche se con i film degli anni ’80 abbiamo cominciato a pensare che Halloween fosse una festa tutta americana, oggi sappiamo in realtà che a partire dal 1600, grazie al colonialismo britannico, la festa di Samhain/Halloween fu esportata nel “Nuovo Mondo”. Nei primi decenni del ‘900 infatti, anche in molte parti d’Italia i festeggiamenti a cavallo tra il 31 ottobre e il 2 novembre ricalcavano ancora fedelmente gli antichi usi pagani: zucche intagliate, bambini travestiti che andavano a chiedere i dolcetti porta a porta, le anime dei morti che portavano doni ai più piccini e via dicendo. Ebbene, col tempo solo il nome di questa antica tradizione è cambiato. A causa della frammentarietà regionale che da sempre caratterizza l’Italia, ogni regione chiamava Halloween in maniera diversa. Ancora oggi troviamo “Is Animeddas” e “Su Mortu Mortu” in Sardegna e la “Notte delle Lumere” (le zucche con il lumino) in Sicilia e in Lombardia. Anche la comunione con i defunti attraverso l’offerta di cibo non è cambiata, così abbiamo “le Ossa dei Morti” e “il Pane dei Morti” in Umbria, Marche, Lombardia e Veneto; in Piemonte si ‘aggiunge un posto a tavola per gli spiriti‘; in Liguria i bimbi ricevono un dolcetto chiamato il “Ben dei Morti“; in alcuni paesini della Calabria si imbandisce un piccolo banchetto accanto alle tombe dei defunti, proprio come facevano gli Etruschi. A Manfredonia qualcuno ancora appende al muro la cosiddetta “Calza dei Morti” che nella notte tra il 1° e il 2 novembre viene riempita di dolci per i più piccoli. In alcune regioni i nonni raccontano che da bambini si travestivano da fantasmi per spaventare i passanti e intagliavano le zucche con facce mostruose. Insomma, che non si dica più che Halloween non è una festa anche nostrana!

Ma facciamo un bel po’ di passi indietro. L’autentico senso della festa di Halloween ha origini ben più antiche: in Egitto in questo stesso periodo veniva celebrato il dolore di Iside e Nephthys per la scomparsa di Osiride. La forza estatica del simbolismo è manifestata perfettamente da queste due divinità.

Più in tema invece, secondo gli antichi Celti, l’anno iniziava il 1 Novembre: in quella data si celebrava anche la fine della Stagione Calda e l’inizio della Stagione di Tenebra e Freddo. La notte fra il 31 ottobre e l’1 novembre si teneva così la celebrazione più importante di tutto l’anno druidico in cui veniva spento il “Fuoco Sacro” che sarebbe stato riacceso la mattina seguente con l’arrivo del nuovo anno. Ed è proprio da queste ataviche tradizioni che risale l’origine di questa festa pagana che, benché se ne dica, non è americana, ma appunto europea!

I Celti credevano che, alla vigilia di ogni nuovo anno, “Samhain”, “Signore della Morte” e “Principe delle Tenebre”, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti in quell’anno per cercare col loro aiuto di imprigionare il Sole: in questo giorno, così, le leggi del tempo e dello spazio erano infrante permettendo agli spiriti dei morti di unirsi a quelli dei vivi… andando alla ricerca di un nuovo corpo da abitare. Tutti i cittadini, allora, durante la notte, spegnevano le loro lanterne, i propri focolari e, appunto, il Fuoco Sacro, in modo che le anime dei morti non li trovassero e non soggiornassero nel villaggio.

Non solo, in altre zone d’Europa –soprattutto in Germania– la popolazione pagana credeva nel “Sabbath delle Streghe“, i più importanti dei quali si svolgevano il 30 Aprile ed il 31 Ottobre. In queste occasioni le streghe (che poi erano semplicemente delle erboriste spiritualiste-panteiste) si radunavano in cima alle montagne per evocare spiriti e demoni. In origine era il “quarto sabba” che marcava l’arrivo dell’inverno e lasconfittadel sole: l’arrivo del freddo, della fame, sovente della morte. In questa notte speciale, si celebrava la Discesa del Dio negli Inferi e la sua mutazione in Giudice imparziale delle Anime pronte a reincarnarsi. Dopo il sacrificio necessario perpetuato a Mabon, il Dio era pronto ad accogliere la morte dentro di sé, il suo potere non diminuisce ma è soltanto lontano dalla Terra –la sua Luce adesso brilla negli Inferi. Il suo allontanamento tuttavia ha lasciato un “erede” che adesso cresce veloce nel grembo della Dea. Presto nascerà il giorno del Solstizio d’Inverno, chiamato Yule, per poi riunirsi al Padre in una sola e potente Esseità divina.

Nonostante il diffondersi del Cristianesimo, queste credenze e questi riti non vennero estirpati. Pertanto, nell’835 Papa Gregorio IV spostò scaltramente la festa di “Tutti I Santi” dal 13 Maggio al 1° Novembre, sperando così di dare un nuovo significato ai culti pagani (ma ciò non portò l’effetto voluto e la festa divenne obbligatoria solo sotto Sisto IV nel 1475). In seguito alcuni membri della Chiesa nel 998 introdussero una nuova festa: il 2 Novembre -il “giorno dei Morti“- in memoria delle anime dei morti che venivano festeggiati dai loro cari -mascherandosi da Santi, Angeli e Diavoli- accendendo dei falò. La festa giunse a Roma solo nel XIV secolo.

Halloween, come la intendiamo oggi, è invece arrivata da noi più o meno da un decennio, ma negli ultimi anni è divenuta una moda fantasmagorica.

Halloween è una festa pagana, a cui sono stati aggiunti elementi tratti dalla cultura magica, stregonesca (la tradizione mistificata, ovviamente), il tutto mascherato ipocritamente (e con studiata doppiezza) sotto la forma di party, di divertimento, di mangiate godereccie. Di fatto, col passare del tempo, incredibilmente (ma neanche tanto, a buon intenditor…), quegli spiriti assunsero un connotato diabolico e malvagio, tuttavia, Halloween non è di per sé un rito diabolico, ma è una “finestraaperta, una porta spirituale d’ingresso per certe mentalità e influssienergeticinella vita delle persone.

In origine l’umanità era pagana, credeva nell’Ordine Divino Naturale: una tradizione spiritualista vitalizzata da un sentimento numinoso nei confronti delle forze che vivificano la Vita e la natura. L’immensità assoluta della Vita era per gli antichi un sublime mistero governato da una forza divina: l’Esseità trascendentale, un’energia vitale e universale ordinatrice del Tutto, vale a dire l’Essere divino (l’inconoscibile Vuoto neurale – come lo chiamano oggi i fisici, oppure “Ain“/”Ain Soph” dalla Cabalà o il Pleroma dello gnosticismo – che nelle sue emanazioni forma aggregati neurali consapevoli di sé, ossia Entità spirituali in seguito riconosciute come i Dèi delle diverse culture. Lo stesso Yahwhe era un Archetipo psichico la cui Luce governava questo nostro mondo secondo la Tradizione Primordiale della Gnòsi, un’Intelligenza Eterna che poi in mano alla degenerazione umana è divenuta l’egregora che sottintende le ipocrite religioni di oggi, magari anche la rappresentazione aliena che sembra trasparire dalla “lettura letterale” della Bibbia secondo una mitologia contemporanea come quella introdotta da studiosi come Zecharia Sitchin o Mauro Biglino).

In ogni caso, gli antichi saggi avevano scoperto molto prima della fisica quantistica che tutto è energia. Oggi chiamiamo questa matrice quantistica Vuoto Campo Unico, loro lo chiamavano Dio. Oggi chiamiamo mondi paralleli o diversi stadi energetici della realtà ciò che loro chiamavano “Altromondo” o “Inferi”.

L’antica tradizione esoterica e la filosofia spirituale aveva in sé una credenza nella cosmologia ciclica, poiché la sua concezione della realtà era simile a un insieme di fasi alterne: ossia un ciclo distruttivo-produttivo che manifestava tutto il creato. Ogni essere vivente era un “punto” di un insieme ombrato dall’onnicomprensività divina, perciò, scopo degli antichi, era quello di ricreare quel legame tra Cielo e Terra che era stato spezzato e che avrebbe ricondotto l’anima di ogni uomo a riconnettersi con la deità assoluta e trascendentale dello Spirito/Esseità cosmica. Per questo motivo il “tempo” per gli antichi era un concetto sacro da venerare sia per la sua utilità pratica nei raccolti sia per la sopravvivenza della specie. I “contatori” del tempo, così come delle stagioni, erano le stelle, gli astri del cielo, in primis il sole e la luna.

Ebbene, Samhain, deriverebbe da “samhhuinn” e significherebbe “Summer’s End”, appunto la fine dell’estate e l’inizio della stagione invernale. Il momento in cui la natura inizia il suo riposo e preparava così la sua rinascita con la Primavera. Da qui il collegamento di Samhain con la festa dei defunti.

Così oggi, abbiamo dimenticato che il Tempo Solare è come una ruota, un cerchio o una spirale che simboleggia la creazione continua e il costante movimento dell’Universo: la sua crescita, il suo sviluppo e il suo declino per tornare nuovamente a crescere in un ciclo eterno. Allo stesso modo dimentichiamo che Samhain è l’inizio della Metà Oscura dell’Anno, e per effetto della legge di polarità, esso è l’inizio della Metà Luminosa dell’Anno nell’Altromondo, nell’opposto stadio energetico dimensionale (ogni cosa è duplice).

Si tratta dunque dello spostamento dell’attenzione verso l’interiorità, la profondità: l’Inconscio dove dimorano le forze primarie della Vita e della nostra Coscienza. Soglia di questo passaggio, sul ‘limite’ tra vita e morte, Samhain è porta aperta fra le dimensioni del tempo e delle esistenze. Il potere del Samhain e della stagione oscura, esemplificata dal Segno dello Scorpione, si basa sulla consapevolezza della continuità della vita tramite la morte, il passaggio da una dimensione all’altra, e la riappropriazione del corpo multidimensionale. Il ciclo dello Scorpione offre l’opportunità di liberare vecchi segreti e rancori che continuano a logorare la nostra vita.
Il primo passo consiste nell’essere trasparenti con se stessi. Ciò comporta riconoscere onestamente i problemi e cessare di restare nella negazione.

Con Samhain si conclude la stagione del verde e inizia la vita del seme: il suo tempo nella terra prima della sua futura vita di pianta. Samhain è il tempo dell’ultimo raccolto, degli ultimi frutti, i più dolci e ricchi che ci sosterranno nel lungo inverno. Ed è l’inizio dell’attesa, del tempo interiore della preparazione, del buio. Il tempo in cui i semi dimorano nella terra quieta. È il buio da cui tutto ha inizio, il silenzio da cui sorgerà la prima vibrazione: quel Vuoto cosmico primigenio che deve essere, affinché possa compiersi la nascita. Tempo prezioso e necessario. Tempo di riposo e di ascolto silenzioso.
Questa festa rappresenta dunque un’importante occasione per il lavoro interiore che porta la coscienza a divenire protagonista della vita. Halloween ci ricorda allo stesso tempo che in un momento così profondo, in cui bisogna lavorare su sé stessi, è importante rinsaldare i legami sociali, se non si vuole soccombere al freddo dell’inverno… perché come ogni rito che si rispetti, va celebrato in comunità!

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 Fatale

 

«Oh tu che conosci l’antica arte; nei tempi passati questa vigilia celebrava la fine dell’anno. La vigilia di Samhain tutti gli spiriti della natura, le silfidi, le ondine, le salamandre, gli gnomi e gli spiriti dei boschi, liberi vagavano in ogni dove… proprio come adesso. La vigilia di Ognissanti i defunti uscivano dai sepolcri, per tornare ancora una volta con gli amici di un tempo a godere il tepore, il conforto e la gioia dell’amicizia… proprio come accade oggi.
….
Che tutti quanti siano felici e colmi di gioia. Ora, streghe e maghi, porgete onore e amore a tutti quelli che, prima di noi, già sono passati nella terra dell’eterna estate. Danziamo, dunque, e stiamo felici per tutti i nostri fratelli che hanno già varcato la soglia… Ma anche rendiamo onore a tutti gli altri amici che abitano nei reami e nei mondi sconosciuti e meravigliosi. Danzate, orsù, tutti insieme con me».

«Fuoco brucia, bolli paiolo..
Occhio di tritone, dito di rana,
Pelo di nottola, lingua di cane,
Forca di vipera e punta d’orbetto,
Zampa di ramarro, ala di gufetto,
Per una fattura che faccia male,
Bolli e ribolli brodo infernale».
William Shakespeare

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