La ricerca della felicità catastematica: la formazione del ‘gusto’

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Questa RUBRICA parla di quel “consumo” incivile fatto da una società mercificata, la nostra; la stessa che qui prova a resistere con gesti locali e altre forme di autodeterminazione culturale (ispirati non di rado dal ‘mangiar e bere bene’)… mentre quel carrello della spesa si è smarrito in un momento di disattenzione del suo aguzzino

 

Il “gusto” nel dizionario italiano è descritto come il “Senso” con cui si percepiscono i “sapori“. Ad esempio, si dice “di gusto”: mangiare un cibo gradevole, con passione. Se poi si approfondisce, si passa a quella “sensazione” gustativa data da una sostanza intesa come “sapore” di amaro, dolce, sapido, ecc… La definizione prosegue con la “Sensazione” di piacere ricavata da cibi e bevande in senso figurativo «il piacere è il godimento che ne ricaviamo. Il Gusto è anche inteso come la capacità profonda di discernere le cose belle e fini, nel senso di eleganza e misura. Dopo averne goduto nei sensi definiamo di Gusto, o con Gusto il complesso delle preferenze, delle scelte e delle tendenze, che ci procurano piacere . Gli orientamenti di un’epoca, in questo caso, sono il gusto e possedere gusto individua il nostro stile».
Quando parliamo di Gusto quindi parliamo di sensazioni e di un gruppo di fattori che ci influenzano nelle scelte. Ed è su questo aspetto che mi voglio soffermare. Siccome tratto di solito della questione delle “scelte consapevoli” o delle scelte come attività politica, le nostre scelte non possono che avere gusto… e se giuste o di qualità è da considerare.

 

L’educazione al gusto

È una parte fondante del carattere, della formazione personale intesa come parte integrante di una persona. Di gusto si può dire di un individuo «che ha un gusto innato», cioè genetico. Il che con non è vero, ma ci piace pensarlo. Il gusto si genera in un ambito familiare sano, la formazione del gusto deriva dai contesti in cui si sviluppa il carattere e il senso pratico sin dall’infanzia.

Il gusto per il bello e per il cibo nel particolare si formano nei primi otto anni della nostra vita, con i sapori che vi sono più cari. Fortuna vuole almeno per noi italiani che il nostro cibo, in particolare, sia così ricco di sfumature e di prodotti naturalmente buoni, molti di noi hanno avuto nonne, zie, madri e parenti di ogni genere che si sono prodigati a farci assaggiare la qualsiasi cosa commestibile.. almeno nelle feste. Ed essendo la nostra una cultura basata sul desco, ne abbiamo molte di pietanze e cibi sublimi nella memoria a cui poter attingere nei comparativi.

Il gusto musicale è dovuto anch’esso alla formazione, ma in questo caso è meno implicito il connubio con la formazione tout court familiare: un genitore sensibile, un fratello grande patito, un amico del cuore appassionato, è una trasmissione di conoscenze, ma la percezione della sensibilità e dell’animo sono qualcosa di poco stimabile.

Il gusto del bello. Una seconda fortuna tipicamente italiana è l’arte classica, l’Italia è stata culla di diverse civiltà e movimenti artistici, un italiano medio cresce tra vestigia e rovine di architetture classiche romane, romaniche, bizantine, arabe, normanne, rinascimentali e a seguire tra razionalismo, futurismo, ecc… è ovvio che solo lo sfascio culturale del dopoguerra poteva portare ad ambienti degradati come lo Zen, le Vele e il Corviale, dove sono poche le persone che riescono ad avere un gusto del bello. Ma esiste la sindrome di Sthendal, cioè quello straordinario effetto di ammirazione e di sgomento di estasi e panico che colpisce chi di animo sensibile si trova davanti ad un capolavoro assoluto di bellezza e arte. È evidente che se nascete in un ambito desertico di cultura, in povertà assoluta e di degrado, se patite la fame, sarà improbabile che svilupperete un gusto personale condivisibile.

 

Il gusto si nutre di bello, di buono, e in questo si riesce a ricreare persino per matematica. Nell’arte come nel cibo alcune formule come le proporzioni, il punto di fuga, giustificano la determinazione dei processi che ci piacciono universalmente. La S trasversale nell’arte giapponese, la fotografia di Kurosawa o di John Ford, la luce dei quadri del Caravaggio, le prospettive sfalzate nelle sculture di Michelangelo, sono solo degli esempi. Il gusto musicale formatisi con l’ascolto volontario o meno della musica classica (che piace anche alle mucche), o delle canzonette del Melodramma. La capacità di scrivere composizioni universali anche da sordo di Beethoven ne sono alcune testimonianze.

È ovvio quindi che il gusto ci circonda semmai che bisogna ambire a discernere, tra ciò che ci piace e ciò che siamo disposti a scimmiottare.

Perché da sempre nella cultura umana al gusto si sovrappone l’opulenza, al bello, il grottesco. Purtroppo la cultura non è scevra da errori e false promesse, di miti fasulli e falsi Dei. Con l’avvento della tecnologia l’arte di esprimersi e l’artigianato, l’approfondimento inesistente nei Media, la ripetibilità cara ad Warhol… hanno costruito un mondo di plastica di poster e di automatismi. E quando si parla di opulenza è sufficiente pensare alle labbra rifatte di alcune signore della televisione moderna, per capire la differenza tra primati inconsapevoli e Essere Umani.

Il gusto è un dovere dell’uomo, e ha a che fare con la “misura“. Si educa, come diceva Alfieri (se è vero) «Volli, volli fortissimamente volli». È il giusto mezzo, è l’essere parco, è gustarsi l’emozione, essere capaci di adeguarsi all’interlocutore, è condivisione sincera, è conoscenza, buone maniere, sensibilità e arte. Non può essere compromesso ne compresso… non è un unico ambito, è totale. È la vita stessa: è un obiettivo! È la capacità di relazionarsi con l’esterno in modo proattivo. Prendere l’aspetto migliore delle cose e delle sensazioni che ha a che fare con la trasmissione dei saperi. Ha molto a che fare con il concetto epicureo: «Il sommo bene sia iè il Picere (ἡδονή, edonè)».

 

Suddiviso tra “piacere catestematico” e il “piacere cinetico”

Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l’uomo più insoddisfatto di prima.

Quello del consumismo lo definisce il sociologo Zigmunt Bauman: «Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi, alla vanità».

Il piacere catastematico è invece durevole, e consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l’ultimo, senza preoccupazioni per l’avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.

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Ma i desideri: «Alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione».
Inoltre: «I bisogni naturali sono necessari, come ad esempio bere acqua per dissetarsi: soddisfano interamente poiché essendo limitati possono essere completamente colmati.
Bisogni naturali ma non necessari: come ad esempio per dissetarsi bere vino, certo non avrò più sete ma desidererò bere vini sempre più raffinati e quindi il bisogno rimarrà in parte insoddisfatto.
Bisogni né naturali né necessari, come ad esempio il desiderio di gloria e di ricchezze: questi non sono naturali, non hanno limite e quindi non potranno mai essere soddisfatti».
«Epicuro non indica quali debbano essere i bisogni naturali e necessari da soddisfare, poiché è demandato alla ragione dell’uomo stabilire quali per lui siano i bisogni essenziali, naturali da soddisfare. Epicuro paragona la vita ad un banchetto, dal quale si può essere scacciati all’improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate più raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed è pronto ad andarsene appena sarà il momento, senza alcun rimorso. Così definisce la felicità. Nelle piccole cose, intendendo esattamente questo, la capacità di apprezzare di godere di quello che si ha, e di generare una sensazione positiva attorno alle piccole cose».

Tutti i virgolettati sono tratti da Bertand Russel: “Storia delle dottrine occidentali”. Ed SEI 1984

Gustoquindi è la capacità di relazionarsi al catastematico attraverso la conoscenza, prima di essere scacciati dal banchetto!

 

Daniele De Sanctis

 

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