Grandi imprese come Novamont, Versalis, BASF, Clariant, DSM, Evonik, Braskem, cluster dedicati alla bioeconomia, centri di ricerca, istituzioni europee: sono questi i protagonisti del libro “The Bioeconomy Revolution” di Mario Bonaccorso; la loro visione, i loro investimenti, le loro proposte per accelerare uno sviluppo molto spesso frenato da chi difende rendite di posizione
Con il previsto aumento della popolazione mondiale fino a sfiorare 9 miliardi di abitanti nel 2050 e l’esaurimento delle risorse naturali, l’Europa ha bisogno di risorse biologiche rinnovabili per produrre alimenti e mangimi sicuri e sani ma anche materiali, energia e altri prodotti.
La Commissione Europea nel febbraio del 2012 ha adottato una strategia per indirizzare l’economia europea verso un più ampio e sostenibile uso delle risorse rinnovabili.
Con la comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle regioni “L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa– Strategia per una crescita sostenibile”, la Commissione ha cercato di dare delle risposte, e fornire un quadro di programmazione sostenibile all’interno del quale orientare le scelte politico giuridiche degli Stati membri.
L’obiettivo è creare una società più innovatrice e un’economia a emissioni ridotte, conciliando l’esigenza di un’agricoltura e una pesca sostenibili e della sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle risorse biologiche rinnovabili per fini industriali, tutelando allo stesso tempo la biodiversità e l’ambiente. Il piano si incentra pertanto su tre aspetti chiave:
– sviluppare tecnologie e processi produttivi nuovi destinati alla bioeconomia;
– sviluppare mercati e competitività nei diversi settori della bioeconomia;
– e, infine, stimolare una maggiore collaborazione tra i responsabili politici e le parti interessate.
La definizione di “sviluppo sostenibile” risale al 1987 e fu data nell’ambito della Commissione Mondiale sull’Ambiente e sullo Sviluppo (WCED) nel documento conosciuto come “Rapporto Bruntland” – dal nome della coordinatrice della Commissione – in cui si sottolineava che è sostenibile quello «Sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni».
La bioeconomia è una teoria ideata da Nicholas Georgescu-Roegen, che la propose per creare un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile, volta alla decrescita, partendo dal presupposto che qualsiasi processo economico che produce beni materiali da un lato diminuisce la disponibilità di energia e di materia prima nel futuro e, dall’altro, aumenta l’entropia: nel processo economico, in sostanza, anche la materia si degrada, diminuendo così la possibilità di essere usata in future attività economiche.
Per far fronte agli effetti negativi di quello che lo stesso Georgescu-Roegen definiva provocatoriamente “quarto principio della termodinamica”, occorre ripensare completamente l’economia, rendendola capace di incorporare anche i vincoli ecologici. Occorre un nuovo modello economico, ed è qui che entra in scena la bioeconomia.
Ma cos’è la bioeconomia?
Tutti ne parlano, ma pochi sanno davvero cosa sia. Per spiegarlo, la cosa migliore da fare è dare voce direttamente ai protagonisti, come accade nell’ebook “The Bioeconomy Revolution” di Mario Bonaccorso, fondatore del blog il bioeconomista.
Il libro, scritto in inglese perché si rivolge ai lettori di tutto il mondo, ha il privilegio di ospitare la prefazione di Christian Patermann, colui che è considerato a tutti gli effetti come “il padre della bioeconomia europea”.
«The Bioeconomy Revolution” is not just another book to be added to the growing number of publications worldwide on the Bioeconomy and more recently on the so-called circular economy». [Christian Patermann]
Il libro elettronico potrebbe essere visto come un’antologia di esperienze, un insieme di istruzioni pratiche, con domande sulle strategie, prospettive, piani d’azione, ecc… di quelli che sono i protagonisti di questa nuova “rivoluzione” come Novamont, Versalis, BASF, Clariant, DSM, Evonik, Braskem, cluster dedicati alla bioeconomia, centri di ricerca, istituzioni europee. Dall’Europa agli Stati Uniti, dal Brasile alla Malesia: il libro è un vero e proprio viaggio intorno al mondo, fatto attraverso le interviste a manager, economisti, ricercatori e politici che raccontano la loro visione, i loro progetti e le proposte per trasformare la bioeconomia in una realtà sempre più concreta e affermata. Le interviste hanno il merito di guidare in modo semplice e immediato in questo mondo.
«La bioeconomia è una vera e propria rivoluzione», spiega Bonaccorso. «La possiamo considerare come la rivoluzione industriale del terzo millennio: dopo quella trainata dal vapore nel Settecento, quella trainata dalle fonti fossili nell’Ottocento e quella tecnologica del Novecento, in questo millennio la rivoluzione sarà trainata sempre più dalla risorse biologiche, consentendoci uno sviluppo della nostra economia più attento all’ambiente». Le basi per questo sviluppo ci sono già, ricorda Bonaccorso: basti pensare che oggi la bioeconomia «In Europa vale più di 2mila miliardi di euro e dà lavoro a 22 milioni di persone».
Katia Valentini
Me lo auguro che sia così e che si verifichi al più presto!
avoja a voi ….. non e’ per ora che le cose cambieranno. scusate il mio pessimismo
vero, ma e’ il futuro. prima o poi ci dovremmo mettere in discussioni con queste tematiche ed economie
ottima iniziativa. andrebbe divulgato
grazie Uki
il quarto principio della termodinamica puo’ riferirsi a molte cose in questi ambiti
ottimo articolo della sempre bravissima Valentini
ma arrivera’ mai anche da noi questa rivoluzione ???
bel post Katia ! 😉