Domenico Campanelli (Cosenza, 1983) è laureato in Scienze Politiche, indirizzo culture e diritti umani. La sua inesauribile voglia di conoscenza lo porta negli anni in giro per il mondo: in Turchia, Iran, Pakistan, India, Balcani, Europa, Messico, Guatemala, Cile, Bolivia. Nei suoi viaggi studia le culture e le tradizioni di diversi Paesi, comunicando attraverso i linguaggi universali della musica e del teatro, e perseguendo ideali umanitari. Si dedica inoltre ad un approfondito studio del sé e delle discipline interiori, dei testi sacri e della psicologia. Tornato in Italia da pochi anni, si occupa attualmente di organizzare eventi culturali e artistici nella sua regione, di promuovere tecniche rivolte all’auto-conoscenza, e di diffondere propositi sociali e culturali attraverso la musica. “La politica spirituale e la rivoluzione interiore” (Europa Edizioni, 2019) è il suo esordio nella saggistica
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– Ci presenti il tuo saggio La politica spirituale e la rivoluzione interiore?
Si tratta di un testo ricco d’informazioni che possono tornare utili alla nostra vita, per migliorare il nostro presente e le nostre scelte, ma anche per comprendere più a fondo il momento storico che stiamo vivendo. L’opera fornisce infatti dettagliate descrizioni circa la situazione mondiale contemporanea, da un punto di vista sociologico, economico, ambientale, riporta esperimenti scientifici moderni, nozioni di psicologia e neuro scienze, conservando sempre un linguaggio semplice e discorsivo. È un libro eclettico, capace di suscitare interesse su vari aspetti, di dare consigli, ma soprattutto di sensibilizzare l’individuo alla comprensione del suo ruolo all’interno del contesto sociale che vive e sperimenta ogni giorno, alla consapevolezza delle possibilità e potenzialità celate nel suo interiore e nello studio della coscienza. Credo si possa definire un tentativo di creare un solido ponte tra la tradizione e la modernità, tra i due diversi emisferi del nostro cervello, tra lo spirito e la materia, tra il progresso e la sostenibilità.
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– Nell’opera affermi che “solo la conoscenza di noi stessi ci renderà finalmente liberi”. Qual è il messaggio importante che il tuo saggio veicola?
Nel coltivare una nuova attitudine mentale andiamo pian piano innescando nuove cause all’interno del nostro processo interiore e quindi anche nel nostro stesso percorso di vita. Per il neuro scienziato David Eaglemann la realtà non è nient’altro che una proiezione del nostro inconscio. Applicare la consapevolezza, la compassione, la pazienza, la pace e il perdono oggi è dimostrato che contribuisca ad ampliare le nostre reti neuronali e le loro interazioni, quindi anche la conoscenza dei più profondi meandri della psiche. Perseguire una finalità di conoscenza interiore, oltre che di servizio cosciente nelle nostre vite, ci permette di calmare la mente concorrendo a un proposito importante per la nostra crescita e per il mondo. Applicare tale stato di mente volontariamente equivale a costruire un presente sempre migliore, fatto di nuove opportunità, dunque anche chiaramente più libero. Il messaggio dunque possiamo dire sia questo: ognuno di noi nello scegliere il bene per se stesso, inteso come etica propedeutica al reale benessere interiore e alla crescita della coscienza, può operare una piccola ma grande rivoluzione in grado di influenzare finanche il riequilibrio delle grandi problematiche mondiali.
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– Da “La politica spirituale e la rivoluzione interiore”: «È giunto il tempo che scienza e religione, spirito e materia, politica e volontà primaria della natura, si riuniscano finalmente e concretamente in un unico proposito, rivolto in primo luogo verso l’evoluzione della coscienza e delle facoltà superiori della nostra mente». Come è possibile per te attuare questo proposito?
Oggi sarebbe possibile applicare una nuova e rivoluzionaria visione della conoscenza umana, focata sulla comprensione dei punti in comune sempre più riscontrabili tra le dottrine morali del passato e le scienze moderne. La religione è ancora un aspetto culturalmente predominante nella società contemporanea, ma la dinamica sistemica non ci permette di comprendere a fondo i messaggi del passato: le ultime avanguardie delle nuove scienze potrebbero però distendere molte resistenze “razionali” legate ai quesiti esistenziali, innescando così un nuovo pensiero e quindi anche un nuovo processo psichico non ancora del tutto esplorato, basato su una fede sempre più empirica. Questo passo rivoluzionerebbe nel futuro completamente molti aspetti della nostra vita e della società, in quanto produrrebbe e attirerebbe nuovi risultati. Come arrivare a questa trasformazione? I punti in comune sono evidenti, bisognerebbe quindi lasciare che questa nuova consapevolezza cominci gradualmente ad estendersi nei circoli culturali, religiosi, scientifici di tutta la società, fino a influenzare nuove scelte politiche più responsabili ed innovative, orientate dal desiderio di preservare invece che dal proposito di accumulo, da quell’obiettivo che, se sconsiderato, infine distrugge i sistemi della vita di cui siamo parte. Tutte le crisi di questo tempo, psicologiche, culturali ed ambientali non sono altro che una conseguenza di tale negligenza: se volessimo sarebbe però possibile tornare ad armonizzare le nostre intricate nature interiori per riflettere nell’esterno sociale un nuovo ordine sistemico della realtà.
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– Nella tua opera parli diffusamente dei cambiamenti epocali apportati dalle nuove conquiste della fisica quantistica e delle neuroscienze. Che cammino stanno indicando, e che tipo di trasformazione a livello individuale e sociale ne sta derivando o ne deriverà?
Già da più di mezzo secolo le applicazioni della fisica moderna hanno apportato immense conquiste nel progresso tecnologico, dall’elettronica alle comunicazioni, dalla sanità alla ricerca. Molte scoperte però appuntano a una visione totalmente nuova dell’universo, dello spazio e del tempo così come li conosciamo. Il principio d’indeterminazione, le tesi di Planck e Heisenberg, l’esperimento delle due fessure, la teoria delle stringhe e molte altre conclusioni non lasciano dubbi sulla limitata concezione della realtà che finora abbiamo applicato nella scienza e nella società, dovuta nient’altro a una condizione di funzionamento psichica relativa. Non dimentichiamo però che il nostro organo cerebrale nasconde ancora inesplorate capacità, alla luce delle quali molto probabilmente cambierebbe radicalmente anche la nostra concezione di spazio e di tempo. Questo significherebbe per l’essere umano e per il sistema una grandissima trasformazione, fatta di nuovi e più estesi limiti, nuove scienze, nuove opportunità, passibile però anche di enormi rischi: ecco perché prima di poter trovare applicazione a molti fenomeni subatomici che sempre di più possiamo osservare non potremo far altro che cambiare le nostre intenzioni sul mondo. Se non saremo capaci di sviluppare reale empatia per il pianeta di cui siamo parte e custodi in realtà non potremo mai svelare il volto di una nuova e più evoluta umanità.
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– Nel tuo saggio affermi che il nostro inconscio è legato per “entanglement quantistico” agli altri esseri viventi e anche a ciò che è al di fuori della materia come noi la conosciamo. Secondo te una nuova umanità più consapevole è davvero possibile?
Particelle correlate, che hanno dunque interagito per un periodo di tempo in uno stesso sistema, se stimolate o soggette a una causa di qualsiasi tipo manifestano istantaneamente una reazione uguale anche se distanti tra loro anni luce. Il fenomeno è chiaramente proporzionale alla quantità di correlazione avvenuta tra le particelle, ma da un punto di vista più esteso tutte le particelle dell’universo sono in qualche modo soggette ad una, seppur debole, inter-connessione. Questo vuol dire che più a fondo il male, l’ignoranza, la sofferenza e l’odio ancora presenti nel pianeta (dunque nel piano psichico condiviso) limitano sottilmente anche le nostre possibilità di crescita ed evoluzione, ma se le persone sviluppassero, anche gradualmente, consapevolezza del proposito comune che ci unisce allora possiamo dire che nel tempo comincerebbe a sorgere una nova mente collettiva, sinonimo anche, nel migliore dei casi, di una “nuova umanità”. Il problema è che se per lo meno non si dovesse presto cominciare a pensare collettivamente in un modo nuovo e più aperto allora probabilmente non riusciremmo a far fronte all’intensificazione delle crisi che oggi viviamo.
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– Qual è il significato dei due termini “politica spirituale” e “rivoluzione interiore” presenti nel titolo della tua opera?
La politica spirituale riflette un pensiero sistemico più attento al percorso interiore delle persone, alla preservazione delle fonti naturali che sostengono la vita, dunque più consapevole delle finalità che realmente contribuiscono a generare pacificazione nelle coscienze ed armonia nel piano condiviso. Tale ideologia si basa sull’esperienza luminosa ed oscura del passato, oltre che sulla dimostrazione scientifica che sempre di più è in grado di indicarci scelte collettive in armonia con le leggi naturali a cui siamo inevitabilmente soggetti. Politica spirituale è comprendere l’etica in armonia con la dinamica primaria della natura e del nostro funzionamento psichico essenziale, è agire nel proposito di servire ciò che mantiene il delicato equilibrio dell’esistenza invece di abusarlo, per concorrere così a nuove incredibili scoperte in grado di innovare oltre ogni nostra aspettativa la vita su questo pianeta… Quale altro pianeta altrimenti? Rivoluzione interiore è comprendere che nello studio del nostro processo interiore possiamo trasformare concretamente i patroni psichici che inconsciamente guidano le nostre scelte proiettando pensieri confusi e spesso controproducenti nelle nostre vite. Significa inoltre consapevolezza che tale processo, se unito a quello di altri esseri umani, può esaurientemente sviluppare un nuovo stato psichico collettivo grandemente trasformativo nel senso di migliorare la nostra esistenza e quella di ogni altro essere: il sistema siamo noi, se noi cambiamo profondamente, educando le nuove generazioni a nuovi ideali e modelli, cambierà anche la dinamica sistemica nel complesso. Questo cambiamento potrebbe però essere più urgente di quanto pensiamo.
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– Nella tua vita hai viaggiato molto e in diversi paesi del mondo. Qual è l’insegnamento più importante che hai tratto dai tuoi viaggi?
La diversità è ricchezza: questo non è solo un detto comune, ma una grande verità. Ogni luogo che ho visitato, ogni cultura che ho conosciuto ha saputo nutrire un aspetto profondo di me, che altrimenti magari non avrei mai conosciuto. Viaggiare ci insegna l’umiltà: non tutto che abbiamo appreso è sempre valido, specie andando avanti in questo incredibile percorso della vita. A volte gli altri, che sono uno specchio della nostra persona, riflettono punti di vista che possono completare la nostra visione del mondo, migliorandoci ed insegnandoci. Viaggiare infine mi ha mostrato che tutto ciò che è veramente importante è sempre stato lì con me dove sono, in ogni presente; ma come dice un antico proverbio zen “se non fossi arrivato fin lì, non avrei compreso tale verità”. L’esperienza in questa vita si basa non su un sistema di credenze, ma bensì sulle costanti e sui sentimenti che ci rendono umani: questi non hanno confini, bandiere, nazionalità.
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