Intervista ad Andrea Chimenti, autore dell’opera “L’organista di Mainz”

Una breve raccolta di cinque racconti inediti, che: “…assomigliano alle canzoni contenute in un LP e dopo trentacinque anni di testi messi in musica, ora desidero scrivere e raccontare fuori dai canoni di strofe e ritornelli, liberando tutte quelle storie che affollano la mia mente”.

Andrea Chimenti (Reggio Emilia, 1959) è un musicista, cantautore e scrittore. Ha realizzato numerosi album musicali e colonne sonore dagli anni Ottanta a oggi, collaborando con musicisti internazionali e sperimentando diversi ambiti creativi. Dopo la pubblicazione di alcuni racconti esordisce nel 2014 per Zona edizioni con il romanzo “Yuri”. Del 2021 è la prima edizione de “L’organista di Mainz”, poi pubblicato in una nuova veste e con tre racconti inediti da Lorusso Editore

  • Vuoi presentarci la tua raccolta di storie “L’organista di Mainz e altri racconti”?

L’Organista di Mainz inizialmente conteneva solo alcuni racconti di quelli presenti nell’ultima edizione. È stato un progetto particolare che ha previsto, oltre al libro cartaceo, anche una scatoletta di metallo piena di oggetti e rivestita al suo interno di velluto. Hai in mente la “capsula del tempo” che molti di noi da bambini hanno costruito? Era una scatola dove riponevamo piccoli oggetti quasi sempre di poco conto come biglie, vecchi portachiavi, penne di uccello, soldatini o cose del genere. Andavamo poi a sotterrarla da qualche parte per ritrovarla anni dopo, come fosse un piccolo tesoro. Ho voluto ispirarmi a questo gioco e così all’interno della scatoletta ho messo vari oggetti relativi alle storie narrate nel libro. Tra questi oggetti una pennetta USB con l’audiolibro. È stata un’autoproduzione a tiratura limitata.
Grazie alla scrittrice Monica Mazzitelli sono venuto a contatto con Lorusso Editore che mi ha proposto una ristampa e così è nata la nuova edizione con l’aggiunta di nuovi racconti. Questa edizione prevede solo il libro senza la scatoletta di metallo che rimane legata alla vecchia edizione numerata e ormai esaurita da tempo.

  • Nella tua opera sono contenuti otto racconti profondamente diversi tra loro e ambientati in differenti epoche, tra cui un futuro distopico (forse più tristemente plausibile di quello che si possa pensare). C’è un ricordo legato alla stesura di una delle tue storie che vorresti condividere con noi? Qual è il racconto che più hai amato scrivere, e perché?

Tutti i racconti hanno segnato un momento particolare e non è facile avere una preferenza anche perché sono molto diversi l’uno dall’altro. La diversità dei racconti è un aspetto per me molto importante, come le canzoni racchiuse in un LP: mi piacciono gli autori musicali che sanno spaziare con una tavolozza di colori molto varia. Anche io cerco nei miei dischi di raccogliere brani diversi l’uno dall’altro e così mi è venuto spontaneo fare allo stesso modo in questa raccolta di racconti. Sicuramente quello che ha dato il titolo al libro detiene un posto speciale nel mio cuore: “L’Organista di Mainz”. Sono affezionato al protagonista Freiheit Neumann, a questo giovane che ho voluto dipingere con toni chiari, ma che degradano verso lo scuro facendolo risultare né buono né cattivo, come è spesso la realtà di ogni uomo. È un racconto che ha come sfondo la musica e anche questo aspetto me lo fa amare particolarmente.
Anche “I dodici bottoni di Josef Oberhauser” è un racconto importante per me perché affronta un argomento che sento profondamente: quello dell’olocausto. Mi sono involontariamente imbattuto in uno spezzone di pochi secondi tratto dal documentario di Claude Lanzmann “Shoah” dove si vede un ex ufficiale nazista negli anni ’80 fare il cameriere in una birreria di Monaco. Lui aveva sperimentato le prime camere a gas e vederlo nella tranquillità del suo lavoro quotidiano come se il peso di migliaia di morti fosse evaporato per sempre, mi ha scioccato. Sono andato a vedere il documentario che ha una durata di nove ore scoprendo un capolavoro assoluto. Lanzmann ci ha lasciato una testimonianza straordinaria. Ho utilizzato il personaggio Josef Oberhauser per raccontare una vicenda che si snoda tra gli anni ’40 e ’70 calata in un contesto storico molto preciso e assolutamente realistico.

  • Sei un musicista e cantautore affermato da circa quarant’anni, e da qualche tempo hai anche intrapreso la carriera di scrittore. Cosa provi quando scrivi una canzone e quando invece scrivi un racconto? Qual è la differenza di approccio tra le due forme espressive?

Sia nella musica che nella scrittura sento un profondo coinvolgimento. Entrambe riescono a trasportarmi in altri mondi anche se con modalità diverse: nella musica il mio lato istintivo è preponderante mentre nella scrittura vive sempre l’istinto, ma controllato dalla razionalità, dalla mia parte cerebrale. Una volta avuta l’idea ho bisogno di studiare prima di scrivere un racconto. Devo informarmi accuratamente sul contesto storico e cerco di calare i personaggi con le loro vicende dentro un realismo che sia il più preciso possibile. Questo lavoro a monte è indispensabile per la stesura del racconto. La musica anche se parte con il medesimo impulso vive di un’esplosione più immediata e viscerale.

  • Musica e letteratura formano un fantastico duo. Vuoi consigliarci una colonna sonora da tenere in sottofondo mentre si sta leggendo “L’organista di Mainz e altri racconti”?

Mi piace molto questa domanda, perché per me è importante avere sempre una musica di sottofondo mentre scrivo un racconto e spesso anche quando leggo. Molte volte è proprio la musica a suggerirmi cosa scrivere.
Ho ascoltato molto un autore Iraniano: Arash Safaian, in particolare un brano “Una fantasia” tratto dal suo disco “This (not) Beethoven”. È un autore che ho scoperto durante la stesura dei racconti e che sto cercando di approfondire; credo che potrebbe accompagnare bene la lettura dell’Organista di Mainz. Di questo autore consiglio anche di ascoltare Der Fuchs.

  • Nel 2017 è uscito per la Contempo Records il disco live “Andrea Chimenti canta David Bowie”. Lo sto ascoltando proprio ora mentre scrivo questa intervista, e da grande amante del Duca Bianco lo sto apprezzando tantissimo e ti faccio i miei più sinceri complimenti. Cosa ti ha lasciato questo straordinario artista, e in generale, quali musicisti e scrittori ti hanno più influenzato?

Mi rendo conto di aver osato molto ad affrontare un live dedicato a David Bowie. Un anno prima della sua morte mi fu proposta una serata dedicata a Prokof’ev, Beethoven e Bowie presso il museo del Novecento a Firenze. La cosa inizialmente mi aveva intimorito, ma vista la particolarità della serata in cui si potevano finalmente abbattere tutti gli steccati che solitamente erigiamo in musica, ho accettato. Doveva essere un’unica data, ma hanno continuato ad arrivare richieste e così ho proseguito con una serie di concerti che si sono focalizzati sempre più su David Bowie. Sicuramente è un autore che mi ha molto influenzato, soprattutto il suo approccio alla musica, così vario e coraggioso, capace di mutare nel tempo senza adagiarsi mai sugli allori. Ho amato tanti altri autori come Lou Reed, Marc Boland o il nostro De André, ma anche mondi diversi che affondano le radici nel prog: Genesis, Yes, Pink Floyd, Van der Graaf Generator e tanti altri hanno costruito la mia identità. Non per ultimo direi tutto il mondo classico fino al contemporaneo. In letteratura c’è stato un autore che, avendolo letto in giovanissima età, posso considerare il mio primo amore: Dino Buzzati. Ma anche Italo Calvino, Franz Kafka, Lev Tolstoy, Carlos Ruiz Zafòn, Agota Kristof, Haruki Murakami e molti altri, ma aggiungerei un autore contemporaneo che ho letto recentemente: Daniel Mason di cui ho potuto leggere solo “Soldato d’inverno” e che ho trovato entusiasmante.

  • Ci racconti di cosa parla il tuo romanzo d’esordio, “Yuri”? So che è anche il nome di un tuo disco: quali sono i legami tra i due prodotti?

Yuri è un adolescente che viene trovato nudo. Lui non sa da dove viene e dove stia andando. Ogni mattina al suo risveglio dimentica il giorno precedente. Solo una cosa ricorda: la storia di un libro che porta sempre con sé e che legge ogni giorno spingendolo a identificarsi con i personaggi narrati. Il romanzo scorre su due binari: la vita di Yuri calata in una spietata realtà e la storia narrata nel suo libro che differentemente si muove intorno a mondi fantastici.
Yuri vuole essere una metafora dei giovani di oggi depredati del loro futuro.
Il disco è nato successivamente e non segue pedissequamente il romanzo, ma ne trae liberamente ispirazione.

  • Hai idea di cosa tratterà il tuo prossimo progetto letterario? Hai in cantiere un nuovo disco, dopo la tua ultima uscita del 2021 dal titolo “Il deserto La notte Il mare”? E già che ci siamo, dove potremo sentirti live nei prossimi mesi, e dove potremo assistere a una presentazione della tua raccolta di racconti?

Sì, ho in mente una traccia da seguire per un prossimo libro. Non so ancora se sarà di racconti oppure un romanzo. Mi piacerebbe continuare ad esplorare la formula racconti che per molti aspetti sento più vicina, forse perché mi ricorda il disco che raccoglie un certo numero di canzoni.
Sto lavorando anche a nuovi brani musicali, ma non so quando e se riuscirò a terminarli…ogni disco che faccio penso sempre che potrebbe essere l’ultimo, non do mai per scontato l’ispirazione per un prossimo.
Per quanto riguarda i concerti sarò il 26 aprile al Germi a Milano e sono in programma diverse date per questa primavera/estate.

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