Alle 11:30 del 18 ottobre 2091, la videoconferenza ONU era pronta per iniziare.
Il Presidente della Nuova Federazione Russa, Vladimir Raskolnikov, era in procinto di fare il discorso più importante della sua vita. Un discorso che aveva provato tante volte, e che ora sentiva ribollire nello stomaco, fermentare. La bocca era secca e gli occhi annaspavano in attesa del segnale, ma d’altra parte chiunque si sentirebbe così, pensò.
Prima di cominciare, Raskolnikov si schiarì la voce, cercando di soffocare l’agitazione. «Signori, vi ringrazio per essere qui ad ascoltarmi, quest’oggi. Mi rendo conto che quello che sto per dire potrebbe essere male accolto dalla maggior parte di voi. Tuttavia, come uomo, sono convinto che si tratti di un’azione necessaria, a questo punto della Storia dell’Umanità».
Le premesse di certo non facevano pensare ad annunci gaudenti.
«Pur parlando a migliaia di chilometri di distanza, dobbiamo guardarci negli occhi: la situazione che la civiltà umana ha vissuto negli ultimi 60 anni è disastrosa. I dati sono eloquenti, e la portata del problema è sotto gli occhi di tutti. E non mi riferisco solo al fatto che stiamo vivendo in città-bunker in attesa che finisca il Grande Inverno Nucleare, o che la popolazione mondiale sia diminuita del 95%. Sarebbe troppo facile, anche in termini propagandistici, dare la colpa di tutto a quel maledetto giorno del 2032 in cui gli USA, oggi ahimè non presenti, decisero di sganciare bomba-fine-di-mondo. Ma la verità è che siamo tutti responsabili di questa tragedia.
La verità, come dicevo, è che la responsabilità va condivisa. Non siamo stati in grado di recepire i segnali. Credo che vi troverei tutti d’accordo se dicessi che alla radice della disastrosa situazione attuale c’è stata la nostra negligenza. La nostra cecità. La nostra confusione nel non dare la priorità ai giusti problemi. Problemi che l’Umanità avrebbe dovuto affrontare unita, e che invece ci siamo lasciati scivolare addosso, convinti che la sola tecnologia li avrebbe risolti. Convinti che il sistema si sarebbe auto-regolato. È forse troppo facile fare queste constatazioni ora, me ne rendo conto. Ma come uomo ritengo sia importante farne ammenda. Mi riferisco, sostanzialmente, a tutti quegli eventi che hanno preceduto la bomba fine-di-mondo».
La voce assunse un tono paternalistico, come quello di un anziano cantastorie davanti a un gruppo di bambini.
«Ottanta anni fa, quando la maggioranza di noi non era nata, il mondo era già al corrente della più grossa sfida della modernità: il cambiamento climatico. È evidente che la comunità scientifica ci aveva avvertito con sufficiente anticipo per permetterci di invertire la rotta. Tuttavia, i nostri nonni, e i nostri padri dopo di loro, non hanno recepito l’avvertimento con la dovuta attenzione.
Serviva una visione globale, umanitaria, per affrontare con le giuste proporzioni la questione. Ma le divisioni interne, l’egoismo, il mero interesse individuale hanno prevalso. Il sistema economico si è rivelato incapace di adattarsi. E la politica, come sempre avviene in questi casi, ha inseguito i propri elettori invece che guidarli. Così i nostri predecessori si sono ritrovati, da Pechino a Washington, da Mosca a Bruxelles, a dover litigare come bambini mentre l’intero futuro dell’umanità era a repentaglio sotto il nostro naso. E con le tensioni che aumentavano, il cambiamento climatico iniziava a palesarsi, inesorabilmente».
«Gli ecosistemi iniziavano a crollare, la frequenza di incendi, inondazioni e catastrofi naturali si era fatta sempre più incessante, i segnali erano indiscutibili; ma l’Umanità era distratta. Molti Paesi lanciavano le loro grida d’aiuto, ma il mondo ha continuato ad ignorarli. Fino a un punto di non-ritorno. Il punto in cui vide la luce la più grande crisi umanitaria che la Storia conosca: quella dei migranti climatici. Le stime di oggi parlano di circa 3 miliardi di persone coinvolte. Paesi completamente cancellati dalla cartina geografica. Guerre civili. Genocidi. Abbiamo ben impresse le immagini della distruzione di Bombay, o del massacro di Città del Messico. Fino alla mossa estrema; la bomba fine-di-mondo lanciata dagli USA. Che in fondo non è altro che la punta dell’iceberg.
Di fronte a un evento simile, nemmeno l’Intelligenza Artificiale ci ha potuto salvare».
Un bicchiere d’acqua bevuto rapidamente interruppe momentaneamente il soliloquio.
«Gli errori dei nostri padri sono ricaduti su di noi, purtroppo. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti noi superstiti. Non c’è futuro sotto il sole per l’Umanità. La speranza che i nostri figli possano, un giorno, ricostruire la civiltà, è appesa a un filo: gli scenari che ci aspettano non sono rosei.
La mia intenzione oggi non è quella di fare un pianto sterile. Ma, sappiatelo, neanche di offrire una soluzione. Vi ho riuniti, qui, per fare un annuncio».
La connessione del Primo Ministro Norvegese per qualche secondo saltò, lasciando il tempo al Presidente Russo di riprendere fiato, e condire di suspance la frase.
«Per prima cosa vorrei sottolineare il fatto che si tratta di un annuncio, per l’appunto. Non c’è nulla che l’ONU, o i singoli Paesi membri, possano fare per contrastarlo. Qualcuno di voi sarà d’accordo, qualcun altro si opporrà, ma la verità è che fa poca differenza. Non andiamo contro a nessuna norma di diritto internazionale.
Mi rendo conto che quello che sto per dire sembra fantascientifico, ma dovete crederci perché è esattamente quello che faremo. Il Piano Corona ha già preso il via. Sono qui oggi solamente per illustrarvelo.
Questi anni di reclusione sotterranea hanno permesso ai nostri scienziati di sviluppare, con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale, un macchinario chiamato cilindro ad alta densità tachionica. Signori, gli esperimenti fatti con nanoparticelle hanno dimostrato che questa tecnologia è in grado di creare un flusso che connette due punti distanti tra loro nel tempo. In parole povere, sto affermando che possiamo viaggiare nel tempo. Nel passato, in particolare».
Lo sgomento pervase i volti degli altri 52 Capi di Stato collegati, ma nessuno osò dire una parola.
«La scoperta potrà sembrare magnifica, certo. E lo è. Ma ci sono varie criticità che i nostri scienziati hanno esposto.
Il meccanismo che abbiamo messo a punto ha dei limiti. In primo luogo, l’energia a nostra disposizione permette un salto massimo indietro nel tempo di circa 80-85 anni.
La seconda criticità è che gli esperimenti messi a punto finora non ci hanno dato evidenza dell’efficacia sul nostro presente. Possiamo affermare con certezza di aver aperto un varco nello spazio-tempo, ma non sappiamo se le conseguenze dei viaggi effettuati avranno un risvolto sul nostro presente, o su una tempolinea differente. I test effettuati con microparticelle non ci rendono in grado di affermarlo. E qui mi ricollego alla terza criticità, la più importante.
I nostri fisici, sui quali ripongo la massima fiducia, hanno confermato che il viaggio nel tempo può avvenire solo per particelle piccolissime. Stiamo parlando di ordini di grandezza dell’ordine dei femtogrammi, ovvero un miliardesimo di miliardesimo di grammo. Oggetti con massa superiore non passano nel flusso creato dal cilindro.
Ora, penserete certamente che questa limitazione sia sufficiente per rendere effimera qualsiasi volontà.
Ma l’Intelligenza Artificiale ci ha dato un suggerimento, che vi esporrà in seguito l’amico Xi Jinping III, con il quale abbiamo collaborato per la messa a punto del piano Corona, e che ringrazio in nome della Nuova Federazione Russa».
«Ringrazio il presidente Raskolnikov per l’eccellente preambolo», incalzò il Presidente della Repubblica popolare Asiatica, Xi Jinping III. «Come da lui stesso annunciato, il mio ruolo oggi è quello di esporre i dettagli del progetto Corona.
Il nostro comitato esecutivo ha accolto con curiosità la richiesta avanzataci dal presidente Russo.
Le condizioni scientifiche che limitano il viaggio nel tempo ci ha posto dinnanzi a un quesito. Anzi, tre. In ordine di priorità: ha senso intervenire nel passato senza sapere se ciò influenzerà il futuro? E come faremo, se si possono far viaggiare nel tempo solo particelle minuscole? In quale modo saremo in grado di combattere i problemi che ci hanno afflitto, di cui stiamo pagando le conseguenze?».
La voce del Presidente Asiatico era ferma, e non lasciava trapelare alcun coinvolgimento emotivo, seppure si stesse addentrando nel cuore della questione.
«Sulla prima domanda, credo che converrete con me che considerata la situazione attuale, il vecchio detto cinese “Tentar non nuoce” sia valido. Non abbiamo niente da perdere. Osservando l’andamento demografico possiamo convenire che l’umanità si sia contratta in maniera importante; ci siamo quasi autodistrutti, e il Grande Inverno Nucleare è solo a metà del suo corso. La nostra speranza deve essere alimentata, e se anche l’azione andrà a modificare una tempolinea differente, migliorandola e salvando quella versione dell’umanità dall’estinzione, ne sarà valsa la pena. Quello che dobbiamo fare è studiare un piano intelligente.
Il secondo quesito si mischia in maniera indissolubile al terzo, e spiega il motivo del mio intervento.
Limitazioni come quelle appena esposte sulla massa da poter inviare nel passato rendono fallace qualsiasi idea che comprenda un messaggio diretto. Non esiste nulla con queste dimensioni in grado di inviare informazioni utili, né in grado di avvertire direttamente i nostri predecessori. Anche l’Intelligenza Artificiale messa a punto dagli amici Russi ha confermato i nostri sospetti con proiezioni piuttosto accurate. Ma non si è limitata solo a questo; ha anche consigliato una via alternativa. Meno razionale a prima vista, ma che ha molte più probabilità di risultare efficace. Questa via è quella del Virus».
Un’interruzione scenica diede il tempo agli altri Capi di Stato di metabolizzare quello che avevano appena sentito.
«Avete capito bene. Sto parlando di pezzi di materiale genetico protetti da una capsula proteica, in grado di trasmettersi tra gli essere viventi e di provocare patologie. I virus, dall’umanità sempre combattuti. Ma che hanno dimensioni adeguate per effettuare un viaggio nel tempo. E, noi crediamo, anche le caratteristiche che potrebbero risultare efficaci al nostro intento.
Ora, considerando le premesse fatte dal Presidente Russo, che condivido pienamente, vorrei provare a descrivervi dettagliatamente come abbiamo proceduto.
Un virus di certo non sembra uno strumento dell’umanità, ma un nemico. Ed è esattamente quello che pensavano i nostri padri e i nostri nonni. Un virus rappresenta la morte, il dolore, il male. Trovarsi di fronte a una pandemia, cioè un’epidemia che coinvolge tutto il mondo, è una sfida. Alcuni userebbero la retorica della guerra. E una guerra, lo sappiamo, ha bisogno di combattenti, che stiano tutti dalla stessa parte. In questo caso, a combattere non sotto il vessillo di una singola nazione, o di un popolo, ma dell’intera umanità. Stare fianco a fianco, vivere lo stesso dramma, lottare insieme, potrebbe far risvegliare lo spirito di cooperazione internazionale tra gli Stati. Quello stesso spirito di solidarietà – potremmo chiamarla umanità – che ci è mancato quando ci siamo trovati di fronte il problema mondiale dei migranti climatici, e che ha visto la sua degenerazione con il lancio della bomba-fine-di-mondo. Questo è sicuramente un punto su cui l’Intelligenza Artificiale Russa trova d’accordo la Repubblica Popolare Asiatica sotto il nome del suo Presidente».
Un bicchiere d’acqua bevuto rapidamente interruppe momentaneamente il soliloquio.
«In secondo luogo, abbiamo ahimè la prova che il modello economico che ha visto il picco agli inizi di questo secolo ha accelerato enormemente i processi che ci hanno afflitto. L’emissione incontrollata di CO2, la deforestazione e l’ineguaglianza sociale sono solo alcuni esempi. Una patologia diffusa mondialmente, che costringa il mondo a fermarsi, potrebbe fungere da punto di rottura, di revisione del sistema produttivo dei Paesi. Mi riferisco in particolare a quelli che venivano chiamati Paesi del Primo Mondo, che si troverebbero in una situazione anomala e che, se efficace, potrebbe mettere in discussioni i principi del capitalismo, che si sono rivelati letali. Seppure il range di 80 anni massimo possa sembrare una limitazione insormontabile, l’AI ci ha confermato che non sarebbe troppo tardi, che interventi massicci sul modello di sviluppo mondiale potrebbero rallentare il cambiamento climatico quel che basta per evitare la catastrofe delle migrazioni. Anche questo punto illustratomi dal Governo Russo mi è sembrato molto solido.
Ma voglio arrivare al punto.
Attualmente in Cina possediamo una tecnologia che non ha eguali al mondo per quanto riguarda l’ingegneria genetica. Negli ultimi anni abbiamo dato vita a un vero e proprio allevamento di virus, a scopo di ricerca. Questo laboratorio, centro di eccellenza mondiale, su trova nei bunker di Wuhan, nella regione del Wubei, sulle ceneri di un vecchio laboratorio attivo prima della bomba. Ecco, in questo laboratorio possiamo creare virus dando loro le caratteristiche che più riteniamo opportune; possiamo modificarne la contagiosità, la letalità, la velocità di mutazione, il tropismo; possiamo perfino combinarli con precisione assoluta. E non è tutto: le simulazioni effettuate dall’AI ci dicono con estrema precisione come si svilupperà il virus nella popolazione mondiale. Quella di oggi, ma anche quella di 50, 60 o 70 anni fa.
Abbiamo quindi dato vita a un virus le cui caratteristiche sono, secondo le nostre valutazioni, più consone al nostro scopo.
Si tratta prevalentemente di un coronavirus. Virus a RNA, altamente mutabili per natura, per i quali è difficile sviluppate vaccini. Difficile, ma non impossibile: arriverà il momento in cui l’umanità svilupperà una cura, questo è certo. Ma deve essere sufficientemente posticipato per far innescare i meccanismi sopracitati. Certamente non vogliamo una piaga che metta in ginocchio la civiltà. Vogliamo una piaga che li faccia fermare, e pensare.
I coronavirus sono inoltre virus estremamente contagiosi. Resistenti all’ambiente e trasmissibili tramite particelle aerosol, attaccando il sistema respiratorio, ma potendo poi cambiare affinità per altri tessuti. Perfetti per il nostro obiettivo: una diffusione rapida in scala mondiale. Che costringa a distanziamenti sociali temporanei e, quindi, ad crollo delle attività, delle emissioni e dei consumi. Sarebbe auspicabile una messa in discussione economica che rimetta sul tavolo le priorità, sperando che alla ripartenza ci sia qualche voce diversa, più sensibile ai temi che davvero contano».
Le parole erano accompagnate da un impeto sincero, ma che forse nascondeva una disperazione latente.
«Il virus deve inoltre avere, e mi duole constatarlo, un certo tasso di letalità. Una malattia con letalità vicina allo 0% finirebbe sicuramente inosservata, non considerata come emergenza. Mi rendo conto che questo significa accettare l’idea di causare la morte di milioni di persone, ma qui siamo stiamo parlando di un salto nel vuoto, una mossa disperata di cui forse non vedremo mai le conseguenze. Per questo motivo abbiamo dato al virus una letalità media dell’1%, stimata dall’AI come il minimo necessario, in combinazione con l’alta contagiosità. In alcuni Paesi sarà superiore e in altri inferiore, ma la media sarà questa.
Dovrà arrivare in tutto il mondo per essere davvero d’impatto. Dovrà cioè essere una pandemia. Abbiamo deciso di renderlo particolarmente aggressivo nei Paesi Ricchi, ovvero il Nord del Mondo, e meno nei Paesi più poveri. Per due ragioni: la prima è che ovviamente il cambio di rotta deve essere stimolato in quelle nazioni che detengono il potere di trainare tutte le altre; in secondo luogo, i Paesi poveri non avrebbero le strutture e le risorse per affrontare il massimo della virulenza, rendendo i danni sanitari, sociali ed economici molto più ingenti. Nei Paesi Ricchi, al contrario, i sistemi sanitari ben strutturati e l’organizzazione decisionale dovrebbero rendere i picchi del contagio meno devastanti, evitando che si diffonda più del dovuto. Ovviamente si tratta di un discorso generale: nei singoli Paesi le decisioni politiche faranno la differenza, e ci saranno stragi non necessarie. Si tratta solo di renderle meno probabili.
Anche se accettiamo l’idea di causare morte, vogliamo evitare di crearne dove non strettamente funzionale alla nostra causa. L’AI ci ha dato certezze da questo punto di vista.
Queste sono sommariamente le caratteristiche del Coronavirus che abbiamo creato a Wuhan. Come detto, l’AI ha simulato che una sua comparsa potrebbe causare il contagio del 60% della popolazione mondiale passata, che superava i 7,3 miliardi persone: un numero da noi ritenuto sufficiente per innescare il cambiamento necessario all’Umanità per non autodistruggersi».
Xi III deglutì. Non aveva perso la calma, ma il lungo monologo aveva messo alla prova la resistenza delle sue corde vocali.
«Viste le difficoltà nel muovere e manipolare un virus di questo tipo, abbiamo deciso di far scoppiare l’epidemia nella stessa Wuhan. Non potevamo chiedere ad altri Paesi di farlo per noi. Gli amici Russi si sono offerti, ma come Presidente della Repubblica Popolare Asiatica ho sentito il dovere di assumermi la responsabilità geografica. Inoltre, la città è situata in una regione che prima della bomba poteva contare su un’alta densità di popolazione, perfetta per un iniziale diffusione del virus.
Devo confessarvi infine che le proiezioni fatte dall’AI sul contagio non sono così catastrofiche né in Cina, né negli altri Paesi della Repubblica Popolare. Questo grazie alla gestione dei singoli stati che, come già sottolineato in precedenza, influenzerebbero molto la diffusione. Mio nonno Xi Jinping I e i suoi colleghi coreani, indiani e giapponesi riuscirebbero a limitare i danni durante le fasi di picco. Lo stesso non si può dire per altri Paesi, dei quali non rivelerò i nomi».
Un borbottio comune sembrò alzarsi per commentare le ultime frasi, ma le orecchie di Xi III non lo percepirono, e continuò il discorso con voce solida.
«Affrontando il tema del momento storico in cui spedire il virus, ci siamo confrontati a lungo con il Presidente Russo. Abbiamo convenuto che il periodo migliore sarebbe stato quello successivo alla nascita dei “Fridays for future”, eventi nati nel 2018 di cui tutti conosciamo il triste epilogo, ma precedente alla ri-elezione di Donald Trump in USA a fine 2020, considerato da noi tutti come il punto di non-ritorno per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico. Così, dovendo scegliere un lasso di tempo invernale per permettere al virus di essere inizialmente scambiato con un’innocua influenza, abbiamo deciso di puntare l’orologio nucleare a ottobre 2019. 82 anni fa.
La domanda che sorgerà spontanea in alcuni di voi è: è possibile che il virus passi inosservato? Che venga inviato ma che non riesca ad attecchire su nessuna persona? Il cilindro al alta densità tachionica crea lo strappo nello spazio-tempo, ma solo nel punto in cui viene attivato. Per questo motivo il virus deve arrivare in un punto ben preciso di Wuhan. Nel posto dove è più probabile incontri una persona: il vecchio mercato del pesce, ambiente dove la contaminazione avverrebbe più facilmente. Non abbiamo la certezza che riuscirà ad incontrare un ospite e a moltiplicarsi, questo è evidente. Ma, ancora una volta, lo rendiamo molto probabile».
Un ultimo sospiro anticipò la chiusura del discorso.
«Ringraziandovi per l’attenzione, mi accingo a concludere con delle riflessioni di tipo morale. Come rappresentante del Popolo Continentale Asiatico, so bene che questo che vi abbiamo illustrato sembra un piano fantascientifico, pieno di considerazioni che mai l’uomo prima ad ora si era posto. È possibile che molti di voi siano scossi, disgustati o semplicemente confusi dalla quantità di informazioni che vi ho appena dato. Tuttavia, sono convinto che analizzandole a mente fredda vi avvicinerete alla linea che abbiamo deciso di intraprendere con la Nuova Federazione Russa. Non si tratta di trovare la salvezza, né di sostituirsi a Dio. Voglio credere che non si tratti nemmeno di un’opera di distruzione di massa gratuita.
È un’ extrema ratio, un tentativo disumano di far scoccare una scintilla nell’Umanità. Doloroso, per molti terribile: milioni di persone moriranno. Ma si tratta dell’unica via che ad oggi conosciamo per provare a cambiare il corso della Storia. Per evitare sofferenze molto più ingenti.
Per non arrenderci alla miseria in cui siamo caduti, come specie. Per risvegliare nei nostri nonni ciò che ora rimpiangiamo: il senso di umanità».
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Raffaele Scarpellini
assolutamente perfetto !
Scarpellini sei un grande!
per un attimo ho tifato per il corona virus …
grazie per questa visione “positiva” e per questo messaggio …
racconto geniale .. ;)))
Scarpellini vince tutto!!!! Bravissimo e bellissimo. Grazie per l esperienza
bellissimo
<3
Bellissimo racconto, complimenti!
Racconto intelligente pieno di verità che evidenzia l egoismo dei potenti del mondo.
Quelli che hanno di più e sfruttano i popoli cosi come la terra e quant’altro vogliono senza pensare di rendere conto a nessuno.
Dobbiamo pensare alla terra ed al creato come un essere vivente che vada rispettato anzi aiutato .
Bel racconto Raffaele magari quella persona che citi nel racconto quale fautrice di una nuova svolta potresti proprio essere tu con questo racconto
Bravissimo- Raffaele scrivi benissimo, l’ho letto 2 volte ieri e oggi