. «Con il mito dell’eroe ha inizio una nuova fase dell’evoluzione per stadi. Il baricentro si è spostato in maniera radicale; il mito non possiede più quella natura prevalentemente cosmica e universale che caratterizzava sempre il mito della creazione, bensì si è definitivamente scoperto che il centro del mondo è là dove è situato l’uomo. Dal punto di vista dell’evoluzione per stadi ciò significa che nel mito dell’eroe non solo la coscienza egoica raggiunge la sua autonomia, ma anche che la personalità totale si manifesta distaccandosi dalla natura, sia questa il mondo o l’inconscio… L’eroe è quindi il precursore archetipo dell’uomo in genere, il suo destino è un esempio a cui l’umanità deve conformarsi, e di fatto si è sempre confermata, certo come a un ideale irraggiungibile e mai realizzato, ma comunque in misura tale che gli stadi del mito dell’eroe fanno parte degli elementi costitutivi dello sviluppo e della personalità di ogni singolo individuo».
John von Neumann
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Il cosiddetto “Viaggio dell’Eroe” è il viaggio dell’Io, dell’essenza personale dell’uomo per raggiungere l’Autorealizzazione, l’Individuazione e la Consapevolezza profonda e risolutiva di Sé.
Ogni fase della vita, ogni passaggio cruciale, è marcato dall’influenza di precise “categorie mentali” o Archetipi. Dalla nascita alla morte, dall’infanzia alla vecchiaia, dall’adolescenza alla maturità, ogni evento della nostra vita può essere portato alla consapevolezza, esplorato, vissuto e realizzato di fronte la nostra “attenzione mentale”. I nostri momenti di cambiamento, di trasformazione interiore, di “morte psicologica” di una parte di noi, non sono altro che un passaggio dall’influenza di un Archetipo ad un altro, e a ogni piè sospinto coincidono con i momenti cruciali della vita… Averne consapevolezza significa compiere il nostro “Destino“!
Tutte le emozioni e le esperienze esistenziali sono sentimenti noti a tutti.
Quindi, psicologicamente, interiormente, ciascuno è uguale a tutti gli altri esseri umani. Ci possono essere delle differenze fisiche, biologiche, attitudinali, ecc… ma sostanzialmente ciascuno rappresenta tutta l’umanità.
In effetti, psicologicamente, noi siamo il mondo.
È un’illusione quella di crederci separati o diversi dagli altri, giacché in verità in
ognuno di noi c’è la matrice esistenziale di ogni vivente, uguale e comune a tutti,
ognuno di noi è fatto della stessa sostanza dell’altro!
L’intera esistenza umana è una lotta ‘interiore‘ volta a raggiungere il “Centro” che si nasconde tra i nostri:
– impulsi entropici (indotti dall’Ego e dai condizionamenti esterni),
– e intuizioni sintropiche (frutto di brevi momenti di lucida consapevolezza del nostro profondo Sé transpersonale).
Questo conflitto esperienziale (inconscio) risiede in tutti i Miti sul “Drago”, sul “Guardiano della Soglia”, vale a dire il “Padre” degli “Abissi” del nostro Inconscio: lo “Shaitan” (“Avversario”/”Satana”) che controlla il “Nekash” biblico, ovvero il serpente sull'”Albero del Bene e del Male” – si tratta dei “difetti mentali” (come li chiama il Buddhismo) che la Torah chiama “Elohim”, o che lo Gnosticismo chiama “Potenze” o “Arconti”.
Ebbene, tutto si gioca sulla dialettica del “Vero” e del “Falso”, ergo sull’esperienza del “conoscere“, nel profondo dell'”Io Sono“: tra intelletto e incoerenza, tra intuizione e razionalismo, tra immaginazione e logica (“dualità“): tutto è nella nostra mente! L’esistenza oscilla tra queste due polarità, tra queste due funzioni e facoltà coscientive dell’Uomo, tenendo presente che non vi è nulla di esterno alla propria mente (uno dei più grandi astrofisici del Novecento come Carl Sagan affermava che noi «..siamo l’incarnazione locale di un Universo cresciuto fino all’autocoscienza…») – ecco perché è nel profondo dell’Inconscio, fino al Campo sintropico del SuperConscio, che sembra risiedere un “Centro” di energia sottile superluminale (privo di alcun contatto con l’universo visibile e materiale) che è matrice di ciò che siamo, congiuntamente all’intera Creazione. Di fatto il Campo purico della nostra Coscienza concepisce, governa, costruisce e diventa l’Universo. La nostra esperienza come Esseri dentro l’Universo è una continua attività all’interno della Coscienza: ciò di cui facciamo esperienza come immagini, sensazioni, pensieri, emozioni e sentimenti, sono tutte “qualità” della Coscienza. La Coscienza e le sue Qualità è tutto ciò che esiste: questo è il nostro Sé, tale è la nostra vera Identità. Gli esperti affermano che gli oggetti della conoscenza umana non sono altro che nozioni concettuali, non sono la realtà esterna. Tutto ciò che noi chiamiamo cose non sono altro che idee. Tutto è mente. In effetti le idee per esistere hanno bisogno di essere percepite. E la percezione si gioca esclusivamente nella nostra testa, nella nostra mente. Noi percepiamo e veniamo a conoscere qualsivoglia cosa solo tramite il riconoscimento che opera la nostra mente, niente può essere al di fuori di essa. Al di fuori dei nostri sensi esisterà pure la materia (seppur ad uno stadio elementare e possibilista-quantistico), ma ciò che essa rappresenta dipende dalle facoltà delle nostre categorie mentali (“Archetipi“). Comunemente si crede che le cose naturali abbiano un’esistenza reale distinta dalla percezione che l’intelletto ne ha: si distingue l’essere percepito di una cosa dal suo essere reale, ma questo non è corretto, di fatto l’oggetto e la percezione sono la stessa cosa!
Poiché la “psyché” è l’estensione della realtà, cioè è l’”attenzione coscientiva” con cui veniamo a conoscenza delle cose, allora secondo gli studiosi la psiché è l’Universo stesso, in quanto esso non può essere altro che ciò che la nostra mente conosce. Ogni cosa dipende dai nostri “modi di pensare”, ergo dai nostri stati mentali emotivi. È la nostra “Guerra Santa”. Ad oggi c’è bisogno di trovare un nuovo e virtuoso modo di pensarci.
Allora, è in questo percorso catartico, esattamente nel suo Centro, che si dispiega il nostro Destino secondo il benessere e la “Salvezza”. Pertanto la comprensione della “via di mezzo” è un metodo per creare un sacro “punto fisso” in mezzo all’amorfa fluidità dello spazio profano: un “Centro” nel “Caos”. Solo un tale “fulcro di consapevolezza” è in grado di facilitare il passaggio, ontologicamente, da un modo di essere all’altro – perfino da una “dimensione” all’altra.
Pertanto, in questa sede, cercheremo di descrivere i “modi di essere” giusti per raggiungere la felicità incondizionata (e non solo!). Si tratta di alcuni fondamentali “stati mentali“, nel senso di vere e proprie virtù quali le “qualità dell’essere” in grado di sintonizzare mente e cuore in una personalità funzionale al suo benessere e a quello degli altri (cioè dell’intero contesto umanitario):
1) etica del pensiero, della parola e dell’azione
2) generosità empatica
3) stoica pazienza
4) resilienza entusiastica
«L’uomo, per essere felice, deve avere un “Centro”; tale centro è innanzitutto la certezza dell’Uno. La più grande calamità è la perdita del centro e l’abbandono dell’anima ai capricci della periferia. Essere uomo, significa essere al centro, vuol dire essere centro» – Frithjof Schuòn.
Una sorta di codice morale, per così dire, sembra sia iscritto nel tessuto stesso della natura e del cosmo: in effetti, qualsiasi cosa facciamo sembra in qualche modo influire su ciò che ci circonda – sulla “Rete della Vita“!
Secondo gli studiosi gli eventi della nostra vita non nascono dal nulla, o dal caso, poiché sono correlati al nostro mondo interiore nel corso del tempo. Perciò le stesse “leggi morali” possono e devono essere intese quali leggi oggettivamente e fisicamente operanti nell’“esistenza”: ovvero si tratterebbe a tutti gli effetti di forze artefici degli eventi stessi della vita.
Pertanto, la conoscenza di queste sincroniche interdipendenze fenomenologiche dovrebbe essere alla base dei processi individuali di scelta, di una sana educazione civica e di un nuovo modo di partecipare al cambiamento del mondo in cui viviamo.
Se aderiamo a questa prospettiva interpretativa dei “processi di messa in scena degli eventi“, costituiti da informazioni (ideali), energie (mondo interiore), materia (comportamenti), che a quanto pare al loro stato naturale risultano essere “armonici“, almeno fin quando l’intervento umano non spezza quell’equilibrio omeostatico, allora lo spettro della “responsabilità morale“, cioè di ciò che sono gli effetti dei nostri pensieri emotivi o delle nostre azioni, conseguentemente, si amplia: esso abbraccia non solo le azioni, ma anche l’impiego delle nostre energie interiori.
Ecco che la Morale, in questo rinnovato approccio, non è solo un’astrazione concettuale o la trasposizione più o meno palese di dottrine ideologiche o religiose, ma è una forza umana vera e propria: una legge naturale avente un fondamento sistematico, una legge che determina relazioni tra mondo interiore e mondo esteriore.
A dimostrazione di questo approccio, pensiamo a quanto affermato dalla filosofia mistica circa la natura “reale” delle leggi morali: ricordiamoci infatti della karmica “legge di causa-effetto“, che sarebbe ora di radicare una volta per tutte nelle nuove prospettive interpretative della realtà. In sostanza tutto ciò che pensiamo, che diciamo e che facciamo ha delle conseguenze sulla nostra vita ma anche su quella degli altri, nondimeno ha effetti sul Mondo che ci circonda… vedi finanche il cosiddetto “karma collettivo“.
Il fondamento oggettivo della Morale è stato brillantemente illustrato dal prof. E. Laszlo nei seguenti termini: «Possiamo discernere tra bene e male, giusto e sbagliato. Questo perché nel modo in cui le cose sono, alberga effettivamente, un’indicazione di come dovrebbero essere. Le cose non sono passive, inerti, ma si evolvono e co-evolvono con le altre… possiamo dire se un’azione merita di essere considerata bene o male in relazione al fattore che da’ energia al processo evolutivo: più esattamente, in relazione al fattore che, se manca, lo indebolisce. Questo fattore è la coerenza. Come una particella è coesa a un’altra, un atomo a un altro atomo in una molecola, e una molecola, cellula, organismo… con altre molecole… così in una biosfera planetaria la coerenza permette l’evoluzione di forme più elevate per struttura e complessità accompagnate da forme più elevate di mente e coscienza. La coerenza da’ forza all’evoluzione anche nel mondo umano. La coerenza in noi significa salute: il funzionamento ottimale del corpo… quando un organo non è coerente con il resto funziona male… a sua volta la coerenza intorno a noi equivale al funzionamento integrale dei gruppi e delle organizzazioni di cui facciamo parte: famiglia, comunità, nazione… La coerenza in noi e intorno a noi sono collegate e si rafforzano a vicenda. Tutto quello che facciamo promuove o ostacola la coerenza e quindi l’evoluzione e lo sviluppo dell’ambiente… comportamenti caratterizzati da equità, mutuo rispetto e solidarietà meritano di essere valorizzati e premiati, a differenza dei comportamenti antisociali e antiecologici che meritano di essere sanzionati (Cfr. “Risacralizzare il cosmo” cit). La capacità di intendere l’azione che “promuove coerenza dentro di noi e intorno a noi, dona alla vita una dimensione morale».
Il bene è costituito, dunque, ci spiega Laszlo, da intenzioni e azioni costruttive (mondo interiore ed esteriore) in rapporto al processo evolutivo che è un processo cooperativo e fraterno!
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La natura della realtà e dell’essere umano
Oggi la fisica quantistica spiega che esiste solo il Vuoto neurale, la realtà è un plasma eterico concepibile come un tessuto connettivo vibrante, le cui proprietà sono quelle di un sistema ermeneutico pensante al di là del nostro ecosistema temporale – che dunque è un suo mero supplemento.
Pertanto il risultato degli effetti di questa Coscienza Assoluta, e trascendentale, sono le perturbazioni energetiche delle correlazioni tra eventi quantistici della sua Mente eterna, se mi passate il termine.
Il suo inconscio crea “spazi della mente”, emanazioni olografiche che collassando creano un “Campo di Punto Zero” onnipervadente, ovvero una dimensione spazio-tempo, mutevole e impermanente, perché percepita da “aggregati neurali autonomi” della medesima “Sostanza” che si legano ad un corpo biopsichico immerso nello spazio-tempo – in cui converge la consapevolezza stessa del Vuoto. Si tratta degli esseri umani che inscenano i loro drammi su quella stessa realtà olografica, ecco perché secondo la scienza e la neurobiologia la realtà è sempre filtrata dalla nostra psiche, la quale elabora dei “modelli mentali” di rappresentazione di quella medesima realtà. Tutto è un meccanismo “pensante”!
Rimane il fatto che esiste solo l’Onesses trascendentale, una consapevolezza eterna vivificata proprio da un suo sotto-sistema qual è la cosiddetta “Noosfera“, cioè la sfera del pensiero umano, in un certo senso ciò che C.G. Jung e oggi la Psicologia e la Neuropsicologia intendono per “Coscienza Collettiva” e che esperisce, attraverso i corpi biologici e i limiti spazio-temporali, i segnali olografici dei Sistemi di Coerenza elettrodinamica del Vuoto neurale. Infatti la fisica quantistica afferma che l’Etere si manifesta immanente per mezzo di un’energia evolutiva (Coerente) ed una involutiva (frequenze Non-Coerenti rispetto alla vibrazione del Campo Quantistico Unitario). Quest’ultima è la forza entropica che tende all’annichilimento, alla trasformazione-morte – la forza che attanaglia le nostre vite!
In parole povere tutto ciò che appare imminente e fenomenologico è governato dai lati in luce (forze coerenti e creative) e in ombra (forze non-coerenti che tendono all’estinzione e alla morte) degli Archetipi!
Oltretutto, questa dimensione olografica, con le sue leggi di Natura, viene percepita come oggettivamente e materialmente indipendente, ergo a sé stante, dai limiti dei sensi umani.
Tutto questo riduce la realtà ad uno scenario ego-centrico: ci costruiamo un Mondo condiviso totalmente rivolto su noi stessi (seppur percepito come separato dal nostro Io), tanto da convincerci di vivere una certa realtà in base alle storie che tutti noi ci raccontiamo sul cosiddetto “orizzonte degli eventi”. Invero esiste solo una Coscienza Collettiva che interagisce coi suoi pensieri, che fa esperienza per evolvere – e il “livello materiale” è solo un’allucinazione (della frammentazione) di quella stessa coscienza, come diceva Einstein.
Appurato il fatto che la nostra realtà è mera rappresentazione, come pure affermava Schopenhauer, allora dobbiamo ricordare che ogni elemento della Realtà è un’ “idea” del Vuoto subquantistico, ergo un nostro Archetipo, che ha infatti influenza sulla Noosfera. Pertanto, frequenze Coerenti verranno percepite e dunque sentite/interpretate come positive, mentre quelle Non-Coerenti saranno le nostre emozioni negative sul relativo piano dell’esperienza. La mente umana tende ad assoggettarsi a queste “rappresentazioni”, ergo a questi conflitti interiori nel bel mezzo di quello che Jung definiva il “processo di individuazione“, un’integrazione dei propri temperamenti e parti caratteriali in grado di completare il nostro “destino“, attraverso i talenti e le capacità che per natura ci appartengono. Si tratta di: «..quel processo biologico attraverso il quale ogni essere vivente diventa quello che è destinato a diventare fin dal principio». Purtroppo però, prima di divenire ‘chi siamo‘ (sempre se ci riusciamo in un’intera vita), rimaniamo sempre invischiati nella bolgia dei conflitti interiori tra emozioni e pensieri positivi o negativi (anche perché raramente sappiamo “chi siamo”, quali siano davvero i nostri talenti innati). Sappiamo dunque che l’Io finisce per disarticolarsi e scindersi dal Sé attraverso diversi ruoli e subpersonalità, e così il suo lungo viaggio esistenziale per raggiungere l’autorealizzazione, l’individuazione e infine l’illuminazione diventa pervaso dalle più insane grettezze cognitive.
Tuttavia, se l’uomo si calasse con la sua mente più in profondità, riconoscerebbe l’equilibrio di base che sta nel fondo (Coscienza) di un oceano (Vuoto/Etere) dove in superficie imperversano invece le onde (mente) dei pensieri emotivi. Ebbene, quel “fondo” immobile è il “centro organizzativo” che genera continuamente Vita: ossia la natura della nostra coscienza, quella “tendenza direzionale regolatrice” che determina il lento, impercettibile processo di sviluppo organico e finanche psichico.
Ebbene, ogni Sistema, compreso il Vuoto neurale, provvede al suo benessere – senza farsi toccare dalle vibrazioni non-coerenti che pur gli servono per trasformare il suo inconscio vibrante sul piano grossolano – lo stesso accade nel subsistema del Sé. Allora, come la cellula tende a legarsi ad altre cellule per crescere, così l’intera Vita è “relazione”, i nostri campi elettromagnetici sono connessi e cercano legami simpatetici: lo stato naturale dell’essere umano è una continua ricerca di un “senso di Unità”.
Questo significa che, nonostante l’entropia spinga costantemente alla distruzione gettando l’uomo nel panico (inconscio) della propria “scadenza”, ossia la morte, la Vita è innanzitutto evoluzione… vuole migliorare.
L’“Essere” funziona attraverso i meccanismi di un Pensiero assoluto, onnipervadente ed onnicomprensivo – tutto è “Pensiero Vivente“. I suoi sogni sono le nostre fortune, i suoi incubi sono le nostre guerre e angosce. In ogni caso il Destino ha già pensato tutto!
Pertanto queste forze, per interdipendenza, governano anche le dinamiche inconsce della mente, in continuo conflitto tra intuizione e razionalità, tra gioia e sofferenza, tra salute e malattia, ossia il teatro della “caduta” vibrazionale che cala dalla coscienza transpersonale fino alle più basse frequenze della mente egoica – tra economia ed etica, azione e contemplazione, sviluppo ed ecosostenibilità, sovranità ed internazionalismo. Così l’Io, rimanendo in pensiero “solo” per il piano relativo dell’esperienza, ci lascia alla mercé delle leggi entropiche dell’universo, compresa la sofferenza e la morte fisica, frequenze peculiari del ciclo vitale della nostra dimensione, appunto.
In effetti non riusciamo più a percepire gli stadi più sottili dell’esistenza, anzi, finiamo per addensare l’attenzione in processi biopsichici talmente “identificatori” da farci continuamente “incarnare” solo sul piano materiale (corruttibile e dunque mortale), mentre oltretutto finiamo per vivere contro natura! Infatti la società moderna con l’invenzione della settimana lavorativa, ad esempio, che non ha nulla a che vedere con i naturali cicli ultradiani e circadiani, macro e micro, come il giorno, i mesi, le stagioni e gli anni… ha messo fine ad un’armonica relazione tra Uomo e Mondo. La settimana lavorativa rende un uomo libero schiavo delle incombenze neoliberiste, dove tutti corrono nevrotici in cerca di “identità” ed “appartenenza” trovando però solo desideri insoddisfatti, vivendo a ritmi innaturali e ricercando palliativi per un briciolo di felicità. Ecco che chiusi in una stanza a lavorare, e così lontani dal sole e dalla natura, siamo in preda ad una grave carenza di dopamina cronica che ha ormai una valenza ad altissimo impatto sociale nelle società occidentali. Carenza di dopamina che sta portando inesorabilmente anche ad un QI sempre più infimo e si vede, eccome se si vede. Senza contare le tante angosce psichiche che oggigiorno sembrano immobilizzare una miriade di persone – ansie, attacchi di panico, depressioni, ecc… In poche parole, viviamo contro natura, altrimenti vivremmo tutti insieme e felici; nondimeno, l’odio e le guerre sono l’unica costante peculiare della storia dell’uomo. In poche parole, le cose non tornano… non dovrebbero andare così! Siamo fragili, e allora cadiamo continuamente.
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Preliminari: essere presenti a sé stessi
Per riuscire a risolvere il separativo ed ego-centrico meccanismo (automatico) della mente egoica, e quindi per “andare oltre” il proprio “livello personale” indotto, c’è bisogno di riconoscere la “vera natura della mente”, e quindi delle “cose”.
La neurobiologia afferma che solo attraverso la pratica della meditazione profonda, quando le onde cerebrali superano le onde Theta, avvicinandosi alle 0,5-3 Hertz delle prodigiose onde Delta, si può in un qualche modo essere davvero consapevoli del nostro Sé transpersonale o “SuperConscio” (come dimostrano certe a dir poco stupefacenti pratiche di alcuni monaci tibetani). Infatti, un’introspezione guidata da una concentrazione penetrante ed attentiva, grazie all’azione della cosiddetta “tubolina” dei neuroni, sembrerebbe essere la pratica adatta a metterci in comunicazione con l’Unità del tessuto connettivo del Vuoto neurale.
A noi poveri mortali basterebbe ogni tanto praticare il silenzio; sederci comodi in un luogo confortevole, rilassarsi con lunghi e profondi respiri nasali, e cercare di non pensare a niente, se non altro cercare di distaccarsi dai pensieri senza commentarli o giudicarli, senza ragionarci troppo sopra. Un piccolo allenamento da fare una decina di minuti al giorno.
Si tratterebbe di entrare nel “vuoto” di noi stessi, cercare di sentire il nostro profondo, le emozioni più viscerali e capire quali sono i pensieri che le causano, senza giudicare, senza pensare razionalmente come faremmo abitualmente. Dovremmo rimanere semplici testimoni. Come diceva Rudolf Stainer: «Procurati momenti di calma interiore e in questi momenti impara a distinguere l’essenziale dal non essenziale». Concentrarsi sul profondo vuoto dentro di noi, significa analizzare la mente per vedere che cosa sta succedendo. Le attuali psicoterapie insegnano che quando lo facciamo correttamente, purifichiamo la mente e portiamo in essa pace ed equilibrio – quando i pensieri negativi arrivano ancora e ancora, portare l’attenzione su un unico punto del nostro corpo, o sulla volontà stessa di “non pensare a nulla”, insomma concentrarsi unicamente su diverse modalità di esperire l’esistenza, ci aiuterà a non immergersi ancora nell’automatico rumore mentale dei pensieri e delle meccaniche emozioni negative (che sono le cause di tutte le nostre concettualità disturbanti).
Invero ogni volta che la nostra mente ci crea dei problemi significa che stiamo ragionando per estremi (stiamo cioè esasperando i nostri giudizi, o verso noi stessi o verso gli altri). Ed è proprio qui che infatti dovrebbe entrare in gioco la vigilanza di un’introspezione attentiva. L’attaccamento e le altre afflizioni mentali sono nella mente, quindi anche i rispettivi antidoti devono essere lì. Dobbiamo imparare a controllare i pensieri allo stesso modo in cui scegliamo i vestiti ogni giorno… questo è un ‘potere’ che possiamo coltivare tutti noi.
Dobbiamo imparare ad essere sempre “presenti a noi stessi“, per acquisire una miglior Consapevolezza delle cose e della nostra Vita. Forse così un giorno, dopo tanto allenamento, potremmo riuscire a dialogare non con i nostri pensieri impermanenti, ma davvero con noi stessi, con quel Soggetto/Testimone che è sempre stato lì, da quando eravamo piccoli fino ad oggi. Infatti mentre il nostro Io cresce di pari passo con il nostro carattere, i nostri condizionamenti e ruoli, il Sé invece è sempre stata la fonte di ciò che siamo destinati ad essere. L’Io è il nostro Ego che deve far fronte alle relazioni, ai rapporti sociali, l’Io è una periferica “esterna” della mente… invece è il nostro Sé ad essere ciò che siamo veramente, è il Sé il Centro di comando che sta al di sopra dell’Io, e che quindi lo vede dimenarsi all’interno delle dinamiche psichiche e sociali. Il Sé è quel Soggetto dentro di noi che ci ha visto crescere, cambiare, che ci ha visto modificare idee, convinzioni, amori e conflitti… il nostro Sé è il custode di “chi siamo”, è il garante del nostro Destino. Durante la nostra vita noi siamo cambiati (il nostro Io è cambiato), ma quel Soggetto che pensa dentro di noi è sempre stato il nostro Sé, ed è sempre la stessa “forza”, qualcosa che fa parte di noi ma che è più grande di noi. Ecco perché è importante meditare nel profondo e imparare a rapportarsi con il proprio Sé, facendone esperienza! Per gli antichi saggi asceti significava parlare con la propria “Voce Interiore“, vale a dire con Dio stesso, giacché secondo la Tradizione primordiale Dio è l’Esseità trascendentale che da’ vita ad ogni essere, è Sostanza trascendente quanto universalmente immanente come “Pensiero Vivente”, e questo tessuto connettivo è insito al Sé.
Per giunta dialogando con il proprio Sé si impara a “pensare” davvero, per il bene di sé stessi mai separato dal bene per tutta l’umanità, come vuole il Sistema del Campo Quantistico Unitario. Infatti la felicità non diminuisce mai nell’essere condivisa così come una candela può accenderne un’altra senza che per questo sia abbreviata la sua stessa vita.
L’essere umano è cuore e mente, la mente costruisce un Ego, l’ego è Io, e così la società ci divide. Viene innalzato l’Io e affossato il cuore. Quindi ciò che dobbiamo scegliere noi è da quale prospettiva vogliamo Vivere, cosa vogliamo Vivere, dove e quando vogliamo Vivere! Dobbiamo ben scegliere tra l’Io egoico e il Sé transpersonale… questo significa essere consapevoli!
Il nostro Sé è una profondità che ci accomuna tutti, sta lì la matrice che ci lega tutti e ci rende della “stessa natura”. Quella Esseità di fondo è un unità connettiva in cui tutti possiamo ritrovarci, è solo questione di consapevolezza, di raggiungere cioè la capacità di farne esperienza in modo personale quanto in modo universalmente unificante (per la Tradizione misteriosifica questo fondente tessuto neurale è il Divino: la meta-coscienza di Dio è l’unica sostanza Assoluta da cui sgorga la Vita).
Ecco che il sentimento di Unità ci svela che tutti noi facciamo parte della “Grande Famiglia dell’Umanità“, che altro non è che la nostra stessa natura – la nostra natura autocosciente!
Ebbene, conseguire una visione più ampia delle cose, e delle vicissitudini della vita, ci porta ad acquisire maggior compassione nei confronti di tutte le persone, di tutti i “ruoli” che incontriamo su quel palcoscenico qual è l’intera esistenza. Miliardi di anni e cause hanno portato a ciò che ora stiamo vivendo e che quindi non potrebbe essere altrimenti. L’Essere Umano deve imparare ad “accettare” questa realtà dei fatti così che una tale Consapevolezza possa allora maturarsi in una costante e benevole calma interiore.
Pertanto, in questo “stato di fiducia” sorgono spontaneamente pensieri etici, fatto che ci avvicina tutti istintivamente alla “pace interiore” (ergo esteriore), cioè a rivolgerci alla nostra riflessione introspettiva: uno stato d’essere che appartiene a tutti e dove siamo tutti alle stesse condizioni! Infatti il Sé è già “realizzato”, esso trascende l’Io personale ed è una condizione (una “Volontà”, dicono i filosofi) che equivale ad una conformazione energetica costante per ogni essere umano (un Campo purico che risiede nel “SuperConscio” junghiano per capirci); ed è esattamente il “silenzio interiore” – lo stato di quiete nella Coscienza – ciò che il Sé più di ogni altra cosa percepisce e riconosce, ovvero lo stato mentale in cui può svilupparsi e progredire, in cui tutti possiamo comunicare “simpateticamente” tra noi! Vedi la cosiddetta “intelligenza del cuore”, l’empatia che nasce da un “sesto senso”, la bellezza di parlarsi guardandosi negli occhi, ecc… Gli esperti affermano che un tale Silenzio, una tale Consapevolezza così carica di saggezza paziente e benevola, si forma dalla pace e dalla quiete che si genera dall’altruismo e dall’empatia nel prossimo: in effetti il dono del “perdono” cambia il futuro e lascia andare il passato, mantenendo dunque una stabile serenità di fondo… vi sembra poco?
«L’universo è un essere. Tutto e tutti sono interconnessi attraverso una rete invisibile di storie. Se ne siamo consapevoli o no, siamo tutti in una conversazione silenziosa. Non fare del male. Prova compassione. E non spettegolare dietro le spalle di nessuno, neanche un commento apparentemente innocente! Le parole che escono dalle nostre bocche non svaniscono, ma sono perennemente immagazzinate nello spazio infinito, e verranno da noi a tempo debito. Il dolore di un uomo ci farà del male. La gioia di un uomo farà sorridere tutti» – Shams Tabrizi.
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La Vita è un sistema unificante: cerca relazioni armoniche per migliorare, per prosperare evolvendosi. È un sistema funzionale al proprio benefico equilibrio, ergo la natura della Vita è la felicità, persegue il Bene
«Atto d’amore è accogliere in noi la nostra parte più ferita e fragile, accorgersi che dobbiamo amare l’ultimo degli uomini perché arriva terribile il momento in cui ci accorgiamo che l’ultimo degli uomini siamo noi» – C. G. Jung (“Visioni”).
In Natura tutto è costruito per massimizzare i benefici di tutti, dal più piccolo organismo unicellulare al più grande mammifero (in teoria anche dal punto di vista sociale)… Per questo non esiste una via per raggiungere la felicità, giacché la via è la felicità stessa!
Di fatto, poiché soggetto, oggetto e azione sono parti della stessa totalità coscientiva (giacché tutto l’Essere è Pensiero Vivente del Vuoto/Etere), allora la Vita nell’Universo è una Volontà trans/impersonale che si comporta come un organismo che provvede al proprio benessere – sempre in cerca di quel “senso di Unità”.
Nella “Rete della Vita” la nostra carta d’identità non è costituita dalla capacità di scrivere o di parlare, ovvero dalle mere abilità intellettuali sulla base delle quali costruiamo il nostro ruolo sociale, ma dalle energie interiori che sprigioniamo con il nostro modo di essere e di vivere. Nella Rete della Vita non possono attecchire ambiguità di sorta. Il mondo interiore dell’uomo, fatto di pensieri, sentimenti e intenzioni, emana energie che entrano in circolo e agiscono sulla Rete della Vita in modo costruttivo o distruttivo, a seconda delle informazioni veicolate.
Le scelte compiute dall’uomo e, in particolare, anche quelle di rispettare, effettivamente, un precetto etico, non derivano solo da fattori intellettuali, ma anche da ciò che veramente l’uomo desidera nella propria sfera interiore. La ricerca dell’autenticità passa, dunque, attraverso la consapevolezza della realtà interiore e delle sue forze.
Ecco che la contemplazione interiore dovrebbe essere concentrata allo studio e all’osservazione del mondo interiore in generale, per verificare i nessi tra ciò che pensiamo, sentiamo e il nostro benessere, compreso l’impatto sulla realtà che ci circonda. I progressi scientifici, peraltro, sono notevoli in
questo campo. Pertanto ci vuole un’educazione psicologica in grado di porre in risalto la conoscenza del proprio mondo interiore, che in effetti, secondo gli esperti è idoneo a produrre, tendenzialmente e progressivamente, quale conseguenza naturale, una condotta esteriore sempre più coerente e conforme ai valori scelti.
Ebbene, la “consapevolezza interiore” ci condurrebbe naturalmente alla percezione dell’Unità che permea tutte le manifestazioni della Vita. I più grandi pensatori della storia sono convinti che la “consapevolezza interiore” può indurre l’essere umano, naturalmente, verso le espressioni più elevate della propria natura, riducendo progressivamente i desideri di oppressione, offesa e aggressività.
In effetti un’approccio olistico alla vita riconosce che un Codice Morale è iscritto nel tessuto stesso della natura e del cosmo: qualsiasi cosa facciamo influisce in qualche modo su ciò che ci circonda, sulla Rete della vita – la ricerca scientifica da molti anni ha illuminato la bellezza e la complessità della Rete della Vita della quale noi facciamo parte. Per di più, si confermano le parole ad esempio del Dalai Lama: «…. quando esaminiamo il rapporto fra la mente, o coscienza, e il corpo, ci accorgiamo di come gli atteggiamenti, le attitudini e gli stati mentali positivi, come la compassione, la tolleranza e il perdono, sono strettamente collegati con la salute e il benessere fisico e accrescono il benessere, mentre gli atteggiamenti e i sentimenti negativi, l’ira, l’odio, gli stati di grande turbamento mentale, minano la salute. Si potrebbe affermare che questo nesso dimostra come la nostra fondamentale natura umana sia sostanzialmente incline ad atteggiamenti e a sentimenti positivi».
In effetti oggi anche la scienza e la psicologia confermano che l’essere umano è prima di tutto (naturalmente) cooperativo, di fatto l’altruismo viene soggiogato dall’egotismo solo nella progressiva complessità dei rapporti intersoggettivi, quando l’uomo cade nelle divergenze degli attaccamenti personali. In ogni caso, sembra evidente che l’unica forza per contrastare l’egotismo è certamente l’altruismo – solo l’empatia potrà davvero salvarci! «La calma indisturbata della mente si ottiene coltivando amicizia per colui che è felice, compassione per colui che è infelice, gioia per colui che è virtuoso, indifferenza per colui che è malvagio» – Patanjali.
Eppure, non è questo ciò che ci insegnano. Spesso ci sentiamo infastiditi da chi ci circonda, ma dobbiamo renderci conto che vedere certuni come “nemici” è una nostra proiezione mentale, non qualcosa che proviene da loro, non è un dato di fatto. Non esiste un nemico là fuori – semmai solo punti di vista non condivisi. Infatti una persona che ci sta antipatica e che odiamo è la stessa persona amata dai suoi amici.
In verità ci inventiamo tutto noi, l’uno contro l’altro. Non esiste un male permanente. Il “male” è la mente indolente che proietta negatività sul mondo; una mente positiva etichetterà la stessa circostanza o lo stesso oggetto come “buoni”. Perciò bisogna stare attenti prima di giudicare. Come diceva Platone: «Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre».
Oltretutto, seminati nella coscienza profonda, a tenerci in comunicazione con la Noosfera e la Coscienza Assoluta del Vuoto neurale, ci sono gli Archetipi psichici, le loro Luci ed Ombre vere e proprie categorie mentali della nostra Coscienza Collettiva. Perciò nel nostro profondo è radicata la natura che tende alla crescita evolutiva (a dispetto dell’entropia involutiva), ci basterebbe ascoltarla ampliando la consapevolezza di noi stessi. Aprendo il nostro cuore verso tutto e tutti..
In sostanza, le persone negative o cattive esistono, eccome, ma la nostra percezione – e quindi la nostra infelicità – può cambiare se pensiamo al fatto che il loro comportamento è dettato da una sofferenza emotiva profonda, perché è questo che accade! Tutti possono esplodere quando sono sotto stress o in un momento delicato, e magari comportarsi come belligeranti in cerca di vendetta. Oltretutto, quando queste persone ci feriscono, non lo fanno per una questione personale: noi non c’entriamo nulla con la loro sofferenza interiore, siamo solo il capro espiatorio del momento. Loro non se la stanno davvero prendendo con noi, con chi siamo, ma solo con la rappresentazione che “loro” hanno di noi… la loro rabbia è un cieco sfogo, non dovrebbe minimamente toccarci, mai! L’idea è quella di non scendere mai al loro livello! Insomma, proprio alla luce di questa nuova consapevolezza, quando qualcuno prova a trascinarci nella sua battaglia, dovremmo evitarlo in qualsiasi modo. Il segreto è crearsi una sorta di “bolla protettiva”. Ogni persona da’ agli altri ciò che ha dentro di sé, a prescindere dalla bontà o dalla cattiveria. Ecco perché se una persona ci fa del male non lo sta facendo necessariamente apposta; probabilmente dentro di sé ha solo sfiducia e malignità accumulata dalle sue esperienze personali. Perciò, se ci sforziamo di comprendere il “retroscena”, è più semplice capire le cause di certe azioni e decidere di non farsi coinvolgere, non scendere al medesimo livello, facendo semmai un passo indietro e cambiare strada… dobbiamo sempre schermarci per mezzo di un nostro scudo protettivo!
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Più brevemente, tutto questo discorso potrebbe essere espresso come la comprensione che fare il bene è naturale. D’altronde ogni ragionamento ed esperimento porta a credere che esiste solo un Soggetto Assoluto che interagisce con l’interno e l’esterno quantistico provvedendo alla propria crescita evolutiva.
Questa comprensione profonda e diretta ci permette di realizzare che ciò che tutti gli esseri desiderano è la felicità, e questa rivelazione ci farà agire per portare loro beneficio nel lungo termine, poiché se io mi focalizzo sulla mia felicità e mi creo un contesto felice nelle relazioni, allora la mia vita sarà un’entusiasmante avventura da condividere con ogni manifestazione dell’esistenza. In effetti, «Guardandoti dentro puoi scoprire la gioia, ma è soltanto aiutando il prossimo che conoscerai la vera felicità» – Sergio Bambarén.
Ecco che una tale consapevolezza ci consentirebbe di vedere chiaramente e correttamente cosa fare e come comportarsi in qualunque situazione particolare, impedendoci di far qualcosa di cui potremmo pentirci in seguito.
Il premio per una vita fatta di gentilezza, generosità, empatia e amore… è una sorta di “stato di grazia“, oggi gli psicologi lo descrivono come uno “stato di flow“: una gioia che si prova soltanto quando si fa qualcosa in modo incondizionato e consapevole, più di tutto quando si sa di aver fatto felici qualcuno o comunque di avergli reso la vita un po’ più leggera.
Può sembrare una frase fatta, ma alla lunga il bene ripaga. Cercare di migliorare il mondo ogni giorno con piccoli gesti influenza positivamente la nostra vita e quella degli altri, ed alla fine dei conti rende migliori anche noi stessi. In effetti, è facile comprendere che, il modo con cui ci rapportiamo alle situazioni, prepara il terreno del nostro avvenire. E non a caso il terzo principio della dinamica, noto anche come “Terza Legge di Newton”, stabilisce che “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Pertanto fare il Bene significa raccogliere, prima o poi, una meritata felicità! È una legge di natura!
Ovviamente, è chiaro che è a dir poco dura rimanere moralmente integri in una società così perversa e competitiva come essa lo è nell’avanzata esperienza umana, ma è proprio qui che si riconoscono gli eroi, quando il gioco si fa duro! In fondo, ché se ne dica, la felicità è anelata da ogni forma di vita! Anche i cattivi soffrono in seguito alle ripercussioni dovute al loro rapporto con l’amore! D’altronde come saggiamente ci ricorda Aristotele: «Se sulla Terra prevalesse l’amore, tutte le leggi sarebbero superflue».
Il vero coraggio sta nella volontà di non reagire al Male o alla sofferenza, nel decidere semmai di renderlo radioso con la nostra Luce, l’unico modo per opporsi all’Ombra è fare Luce, l’unico modo per sconfiggere l’odio e dare amore, questo è il coraggio dell’eroe. Non dobbiamo rispondere con violenza alla violenza, altrimenti gettiamo benzina sul fuoco e l’umanità continuerà a farsi la guerra. Il vero cambiamento rivoluzionario sta nel coraggio di rimanere integri, puri e buoni di fronte le avversità e le ombre che troviamo nel mondo ormai ridotto ad un esangue campo di battaglia. È il momento di cambiare “Sistema”!
«Quando avevo cinque anni, mia madre mi ripeteva sempre che la felicità è la chiave della vita. Quando andai a scuola mi domandarono come volessi essere da grande. Io scrissi: felice. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io dissi loro che non avevano capito la vita» – John Lennon.
Ebbene, esistono delle virtù, degli “stati mentali”, dei comportamenti molto pratici che, se perseguiti con impegno, possono aiutarci a far fronte i nostri impulsi più beceri – tutte quelle emozioni perturbatorie e difetti mentali che ci rendono la vita non di rado insoddisfacente, stressante, infelice o esasperante… insomma priva di relazioni ed eventi costruttivi o davvero gioiosi e felici. Questo perché la nostra inconsapevolezza riguardo il più autentico funzionamento della Vita ci lascia abbandonati in uno stato che ci induce a vegetare contro la nostra stessa natura, creando solo competitività, debito e conflitti.
In fondo anche l’aggressività o il sopruso sui più deboli è una forma di evoluzione, una qualche forma di progresso, il problema è che la “sopravvivenza del più forte” paga a breve termine (ed è una legge di Natura che si applica al mondo terrestre, non necessariamente alla nostra consapevolezza o alla “Ragione” umana che ha il potere di trascendere la “realtà”), tant’è che il sopruso è la strategia preferita dell’Ego personale ed individuale, che è fondamentalmente “utilitaristico” (un retaggio dell’ominizzazione), mentre per il lungo termine il “sistema” dell’Essere può agire in modo sintropico, affinché il suo stesso “Pensiero Vivente” non debba esperire sofferenze rilevanti, ecco perché l’altruismo è l’autentica natura dell’Essere!
Tutto ciò è palese se osserviamo la distonia che esiste tra un’economia “di sussistenza” che ha funzionato per milioni di anni su questo pianeta, sostituita poi dall’attuale e innaturale economia neoliberista di “produzione intensiva” che ha portato solo ad uno sviluppo tecnologico, lasciandosi tuttavia alle spalle fame, carestie, sofferenze fisiche e psichiche… Ecco che finanche la saggezza di un Maharishi Mahesh Yogi ci ricorda come: «Tutti gli episodi di violenza, negatività, conflitti, crisi o problemi in ogni società, sono semplicemente l’espressione di un accumulo di stress nella coscienza collettiva. Quando il livello di stress diventa troppo alto, emerge come crimine, violenza, guerra e disordine sociale».
Ebbene, se ci concentrassimo seriamente nell’introspezione, nel lavoro su noi stessi, scopriremmo presto come tutto, ogni cosa, dipende dai nostri “modelli mentali”. Citando ancora una saggezza millenaria come quella Orientale, che da sempre indaga i processi mentali, teniamo a insegnamento le parole di Swami Prajnanapada: «Giudicare è un’illusione, perché, se dovete giudicare, vi servite della vostra scala di valori. Dietro al giudizio si cela l’idea che siamo tutti identici». In effetti siamo in pochi a riflettere o a ragionare davvero, ma in compenso tutti giudichiamo! Questa è l’unica e impulsiva attività di pensiero che ognuno sembra praticare sempre e alla stregua di tutto. Purtroppo però veniamo sempre giudicati su come appaiono le cose, mai per ciò che siamo davvero! Noi ci guardiamo secondo i nostri motivi, ma gli altri li giudichiamo per le loro azioni esteriori, poiché è chiaro che si giudica sempre e solo avendo come modello i propri limiti logici esperienziali. Questo accade perché l’uomo può vivere solo attraverso la costruzione di modelli empirici della realtà edificati esclusivamente dalla sua personale esperienza psichica… cosa che rende tutto molto arbitrario e tendenzioso. Allora, pericolosissimo diventa il nostro ingenuo attaccamento alle sceneggiate che spesso ci girano per la testa, alle scuse che ci diciamo pur di ottenere ciò che bramiamo, anche perché iniziamo subito a crederci davvero sradicandoci dal nostro “stato di flow”. Perdere la “pace interiore” ci getta in preda alla bramosia, ad un desiderio egotistico, invischiato cioè nel fittizio e caduco piano mondano dell’esistenza – nel rumore mentale, separato dall’essenza delle cose. È lo strumento dell’Ego che finisce per inscenare i simulacri dell’Io personale, cosa che ci fa identificare in una perenne insoddisfazione materiale, vale a dire frequenze soggette alla trasformazione entropico-quantistica: rendendo per giunta il nostro sistema biopsichico corruttibile e mortale.
In sostanza, i nostri pensieri sono la causa e l’effetto di un mondo che ci siamo costruiti; mentre al di sotto di questa coltre fatta da una dozzinale somma dei nostri giudizi, c’è l’autentico stato delle cose, la loro natura per come sono davvero. Ed è qui che piuttosto dovremmo dirigere la nostra attenzione meditativa, nel presente, nella pura espressione cosciente di noi stessi: nel momento in cui il flusso della Vita ci riporterebbe sulla via autentica dell’evoluzione, senza alterazioni, laddove l’essere umano sperimenta la felicità.
«Il nostro cervello è una manifestazione della nostra storia evolutiva. Da Platone a Matrix, il dubbio ci ha sempre assalito: la “cosa in sé”, l’esistenza oggettiva, indipendente dal nostro sguardo, è vera o è un’illusione? Le neuroscienze hanno la risposta: è un’illusione, noi non vediamo la realtà. Costruiamo attivamente un mondo che ci appare reale perché ci è utile. Si tratta di un mondo che naturalmente ha una relazione con la realtà, ma non è la realtà. “Dare un senso”, in termini evolutivi, significa costruire un modello del mondo che consenta di sopravvivere e riprodursi al meglio. La “cosa in sé” non significa nulla. Siamo noi che ne diamo una interpretazione cognitiva. Ma come possiamo noi “uscire dall’illusione”, guardarla “da fuori” per innovare il nostro futuro? Possiamo farlo “deviando”, cambiando modo di vedere: guardando sé stessi guardare, percependo le nostre percezioni, conoscendole, diventandone consapevoli. La consapevolezza della differenza tra percezioni e realtà può portare a sviluppare una nuova creatività, sul lavoro, in amore, ovunque. Il cervello non è mai un analizzatore imparziale ma, attraverso la sua plasticità, si adatta e percepisce, modificando in tal modo la sua stessa struttura. Abbiamo, ad esempio, anche la possibilità di attribuire nuovi significati a un’esperienza precedente» – Beau Lotto, “Percezioni. Come il cervello costruisce il mondo”.
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Gli stati mentali legati all’evoluzione. Le Virtù rivolte al conseguimento dell’autorealizzazione e della felicità
Bene, tutto questo discorso sembra effettivamente essere molto coerente e razionale, logico direi, perfino scientifico. Dunque, più o meno tutti potrebbero accettare che questa esposizione della realtà sia effettivamente come stanno le cose.
Descriviamo a questo punto quali sono gli “stati mentali fondamentali” per superare le energie e le forze annichilenti dell’universo.
Si tratta di qualità insite in noi, particolari “stati di fiducia” che andrebbero vissuti come fossero i voti eroici di ciò che potremmo definire la Via di un “guerriero” o di un “figlio” della “Luce”, nell’eterna guerra tra Bene e Male: tra conscio e inconscio, tra l’Io egoico e il Sé transpersonale, tra amore e odio, tra vero e falso. Insomma la vita, tra gioie e dolori, affinché si possa godere in nome di un bene più grande.
Le più alte menti del pensiero umano sono tutte giunte alla conclusione che, nonostante le difficoltà che comporti rimanere integri in una società così corrotta, questo “stile di vita” è la sola Via per la felicità, compresa quella eterna.
A quanto pare, prima ancora di citare le virtù dell’eroe, dobbiamo farci una ragione sul fatto che il perdono e la compassione, il lasciar andare e l’accettazione, siano effettivamente le chiavi per liberarsi da tutti i blocchi somatizzati nel nostro corpo, e già questo è indicativo per aprirci ad un percorso salvifico. A pensarci bene, noi non possiamo respirare aria nuova se prima non “lasciamo andare” quella vecchia, accettare e perdonare ciò che ci importuna significa quindi lasciare spazio al meglio che ci possa capitare.
«La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera» – Fëdor Dostoevskij.
1. Moralità e Autodisciplina Etica del corpo, della parola e della mente
«La compassione è la base della moralità» – Arthur Schopenhauer.
Per “etica” in questo caso non intendiamo tanto i principi generali e filosofici, quanto uno “stato mentale”, una certa qualità morale del pensiero. È la condotta eticamente appropriata di corpo, parola e mente; e la pratica è racchiusa in una paziente generosità d’animo.
La via da percorrere consiste nell’augurare il meglio alle persone, nel gioire delle cose positive che gli altri fanno e nel pensare in modo chiaro. Queste qualità portano alla felicità mentale, e farle diventare un’abitudine ci assicurerà la felicità lungo la nostra evoluzione. Bisogna impegnarsi a rimanere integri e coerenti. Impegnarsi in azioni virtuose, attraverso parole che portino giovamento e pensieri costruttivi. La migliore etica da perseguire è “una vita piena di significato e dedicata al beneficio degli altri”. Un tale approccio ci consente di evitare tutti i problemi che sorgono dall’agire, dal parlare e dal pensare in maniera nociva. Essa crea un fondamento di fiducia con gli altri, che è la base per un’amicizia vera. Ci aiuta a superare il nostro comportamento negativo impulsivo e a sviluppare l’autocontrollo, portandoci ad avere una mente più stabile, più calma.
2. Generosità
«La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente» – Albert Camus.
La generosità rivela le potenzialità di ogni situazione. Il mondo è pieno di ricchezza spontanea, ma non importa quanto bella sia la musica, non c’è festa se nessuno danza. Se nessuno “condivide” con gli altri qualcosa di se stesso, non accadrà niente di significativo! È per questo che la generosità è così importante. Incentivare il “calore umano” è un qualcosa che non solo da’ forza nel “qui ed ora” ma accelera il processo di crescita evolutiva. Questo “valore” sembra essere ormai “fuori moda”, soffocato da uno stile di vita rabbioso e da attitudini individualiste. Invero la generosità aiuta nella vita più di quanto si possa pensare, perché permette di accorgersi di ciò che si è avuto in dono e di focalizzarsi meno su ciò che non si ha, in modo da sentirsi “tutti uniti nella stessa avventura”, perciò il sostenersi a vicenda diventa fondamentale. Questo è il potere della generosità: trasforma le nostre vite nel profondo perché ci rende aperti a vedere i prodigi che accadono quotidianamente e i doni che riceviamo. Focalizzarci invece su ciò che non si ha non fa altro che convogliare le nostre energie sul sentimento di mancanza, di scarsità (ergo invidia, bramosia, odio, avidità…), quando invece è molto più facile ottenere risultati partendo da un sentimento di gioia e di apertura. Lo potete sperimentare ogni giorno anche nelle piccole cose, si ottiene di più con un sorriso che con un gesto di rabbia.
In ogni caso un tale approccio psicologico aiuta a superare l’attaccamento, l’avarizia e la grettezza, che sono stati infelici della mente e che creano terribili problemi ricorrenti, come le bassezze tipiche della società consumistica e competitiva che ci circondano. Non di rado infatti il nostro interesse verso gli altri è egocentrico ed egoista: ci affezioniamo a chi è gentile con noi e detestiamo quelli che ci trattano male: la nostra mente è estremamente squilibrata. Al contrario, il nostro “centro” non deve includere solo noi stessi (o tutt’al più chi ci è vicino), ma tutti quanti, poiché come abbiamo visto tutti noi siamo un’unica Coscienza Collettiva, pertanto la nostra vera felicità dipende dal benessere collettivo. Anche la semplice sensazione di equanimità verso tutti gli esseri viventi – il non discriminare tra amico, nemico e indifferente – può portare grande felicità e libertà dalle nostre paure: se mossi dalla giusta motivazione e comprensione della Vita la generosità indebolisce i nostri atteggiamenti negativi e le afflizioni mentali, portando pace nella nostra mente; una visione che trascende l’Io o il particolare, ma abbraccia il Sé e l’universale.
3. Pazienza
«Perdere la pazienza significa perdere la battaglia» – Mahatma Gandhi.
Si tratta di coraggio ed imperturbabilità, si tratta di stoicismo: ha a che fare col non perdere l’energia positiva nel lavorare per gli altri e per noi stessi, e di non perdere la felicità futura per colpa dell’agitazione mentale. È uno stato mentale che perdiamo spessissimo a causa della rabbia. La rabbia è l’unico lusso che la mente non può permettersi. Insieme all’impazienza e all’intolleranza, è uno degli stati mentali più disturbanti. In ogni caso, è saggio evitare la rabbia al meglio delle nostre possibilità, e quando morde, “lasciarla andare via” velocemente. La decisione di non seguire la rabbia e di rimuoverla ogni volta che appaia è il supporto per la nostra libera evoluzione, giacché l’odio ci blocca. Perciò con la pazienza siamo in grado di rimanere calmi di fronte alle difficoltà per avere una più chiara ed empatica comprensione delle cose. Questo ci aiuta a gestire meglio le nostre emozioni, a non prendere decisioni quando siamo offuscati dagli impulsi. In questo modo, otteniamo maggiore coerenza tra le nostre opinioni e le nostre azioni, e questo oltre a includere ciò che è “giusto”, significa avere anche una certa lungimiranza e intelligenza. Con la pazienza cesserebbe ogni guerra o qualsiasi odio, poiché con la calma ognuno potrebbe controllare le proprie reazioni di fronte qualsivoglia provocazione, al fine di tendere semmai al dialogo e alla condivisione. La rabbia è il seme della guerra e il perdono invece è il seme della pace, ma una cosa è certa: l’atto del perdonare non è un’azione tipica delle persone deboli, è anzi da veri guerrieri! L’esempio del perdono di Nelson Mandela o di Ghandi hanno cambiato il mondo. La pazienza è quanto mai importante soprattutto in questo periodo storico perché normalmente noi siamo abituati a correre dalla mattina alla sera; viviamo in un’epoca in cui si va sempre di fretta, in cui consumiamo oggetti ed eventi in un battibaleno e fagocitiamo pensieri ed emozioni in una bolgia giornaliera costernata più di ogni altra cosa da concettualità disturbanti, stress e ansia. Ecco che la pazienza ci riporterebbe a dei ritmi più naturali, a vivere e viverci secondo natura, laddove il pensiero rimarrebbe aderente all’autentico flusso della vita, per essere più calmi, più lucidi, più chiari, più obiettivi… per mezzo di una sensibilità più connessa alle esperienze, per così dire, dunque molto più intensa ed entusiasmante, molto più vera! Le psicoterapie attuali confermano che gioia e felicità scaturiscono dalla calma e dall’equilibrio mentale, come pure diceva Elif Shafak: «Cosa significa pazientare? Significa guardare la spina e vedere la rosa, guardare la notte e vedere l’alba». Con la pazienza la coltre fumosa che annebbia le interpretazioni della vita si dipanerebbero offrendo nuovi punti di vista, nuove chiavi di lettura. Una tale mitezza è anche il segreto di ogni “guarigione” (passatemi il termine), oltre che di ogni benessere mentale e psicologico. Infatti nella pazienza, nella calma, nel silenzio (cioè il non pensare ossessivamente e compulsivamente ai problemi) c’è lo “stato naturale” in cui il cosiddetto “processo di individuazione” si sviluppa spontaneamente… come una ferita si cicatrizza autonomamente. Significa riconnetterci con il flusso naturale della vita, dove tutto accade da sé, e dunque liberare tutte le potenzialità (evolutive e positive) del nostro Sé – giacché lo ricordo ancora una volta: l‘universo è un “essere”, è un sistema evolutivo dove tutti sono interconnessi attraverso una rete invisibile di storie. Il disegno generale a noi sfugge, noi non vediamo la sua direzione verso la “fortuna” poiché il viaggio è addolorato da sofferenze, e le afflizioni di uno sono le insoddisfazioni che si ripercuoteranno su tutti gli altri. Per questo dobbiamo “rallentare”, cercare la calma e la lucidità allentando la tensione, solo così i Campi elettromagnetici che ci circondano possono interagire, e riconoscersi, senza interferenze; è un po’ come quando in riva ad un laghetto lasciamo che l’acqua rimanga ferma e cristallina tanto da poter osservare il fondo, ma se invece agitiamo l’acqua, come agitiamo i pensieri della nostra mente, allora, la sabbia del fondo non renderà più l’acqua trasparente, ma fosca e sporca, impedendoci di vedere davvero come stanno le cose!
«Se le acque sono calme, riflettono la luna. Allo stesso modo, se noi ci plachiamo, riflettiamo il divino» – Lao Tzu
4. Perseveranza ed entusiasmo
«L’entusiasta è un infaticabile sognatore, un inventore di progetti, un creatore di strategie, che contagia gli altri con i suoi sogni. Non è cieco, non è incosciente. Sa che ci sono difficoltà, ostacoli talvolta insolubili. Sa che su dieci iniziative nove falliscono. Ma non si abbatte. Ricomincia da capo, si rinnova. La sua mente è fertile. Cerca continuamente strade, sentieri alternativi. E un creatore di possibilità» – Francesco Alberoni.
Il termine “entusiasmo” si ritrova in particolare nella cultura greca antica per indicare la condizione di esaltazione o di eccitazione fisica e psichica di chi mostrava la presenza di un “dio/daimon” nella sua coscienza, tale da renderlo follemente temerario. Si tratta dell’energia gioiosa che assicura la nostra crescita. È lo sforzo entusiastico a persistere secondo la retta via, è la nostra resilienza. Senza di essa la vita non ha alcun guizzo e l’uomo diventa più vecchio ma non più saggio. È un punto del quale si dovrebbe essere consapevoli, continuando a nutrire corpo, parola e mente con le impressioni che alimentano l’appetito per ulteriori conquiste e gioie. C’è infatti una gioia immensa insita nella crescita costante, nel non permettere mai che qualcosa diventi stantio o logoro. Il vero sviluppo si trova al di là della propria zona di comfort e il richiedere poco agli altri e molto a sé stessi è un approccio che ripaga. Ci permette di avere successo nel conseguire i compiti più difficili, e ci impedisce di abbandonare gli individui più difficili da aiutare. È la forza motrice della nostra realizzazione e felicità.
Monito finale:
Mantenere controllo e consapevolezza su:
– retto pensiero
– retta parola
– retta azione
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Fatale
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«Tutto andrà bene alla fine. Se non va bene, allora non è la fine».
John Lennon