Hell No Vacancy

"Il prossimo!"

Socchiudo gli occhi cercando di non far trapelare l’irritazione. La voce che gracchia dall’altoparlante è davvero troppo acuta per i miei gusti. Lascia trapelare un’allegria del tutto fuori luogo. È una voce da centro commerciale, da parco giochi d’estate – non da accettazione dell’Inferno [Reparto Estivo]. Dovrò parlarne con Belial: lo speaker è troppo felice per i miei gusti.

Belial, gli dirò, trovamene uno depresso.

 

Più dei pivellini entusiasti del nuovo lavoro odio solo quelli che muoiono in estate. Non c’è categoria peggiore nell’universo conosciuto. Mai visto anime peggio vestite, educate e conciate di quelle.

 

Sono certo che nel mondo del Su non hanno mai a che fare con gentaglia simile. Penso questo mentre si avvicina la prossima anima e reprimo una smorfia di disgusto. Oh, le anime del Su saranno perfette anche in estate: simpatici vecchietti accoppati dal caldo, suore senza macchia e senza paura, giovani ed umili vittime di guerra o grandi eroi, letterati, anime illustri ed illuminate; LORO non si sono mai trovati davanti all’anima di uno morto con una camicia hawaiana verde pisello decorata con manghi rossi e pappagalli rosa addosso, ne sono sicuro.

 

“Allora, lei è…” scorro velocemente la lista “il signor Sumatra?”
“Dottor Sumatra, a dire il vero.”
“Qui non conta. Signor Sumatra, nato a marzo nell’anno umano 1970?”
“Sì.”
“Benissimo. Signor Sumatra, lei è morto e la sua anima è condannata all’inferno. Riempia i moduli” aggiungo allungandoglieli con una smorfia annoiata “e me li riporti compilati per avviare la procedura.”
“Mi scusi” dice “ma non penso di meritare l’inferno..”

 

Vorrei dirgli: oh, certo. Un’azienda in piedi da migliaia di anni e funzionante come un meccanismo ben oliato, avviato da una delle menti divine più eccelse che l’universo abbia mai avuto sbaglia davvero nell’autodestinarsi cani e porci. Più porci che cani, anzi.

 

“Le assicuro che non c’è nessun errore” rispondo, controllando la lista per precauzione “lei nella sua vita ha parlato al cinema per ben 75 visioni su 82, ha lasciato la sua fidanzatina storica con un sms spezzandole il cuore senza mai chiederle scusa e non ha mai fatto la raccolta differenziata. Molto male, direi.”
“Ma… ma…” spalanca gli occhi “io… sono cattolico, seguo la Bibbia.”

 

Scoppio a ridere, e con me il demone dell’altoparlante. Stavolta sentire la sua voce non mi altera perché la battuta, per quanto vecchia, rende sempre.

 

“Sì, beh, ci stiamo aggiornando. Mi spiace. Vada, vada.”
“Il prossimo!” trilla il mio collega senza preavviso.

 

Sbuffo mentre Sumatra si allontana frastornato. Non lo biasimo. Queste ultime regole rendono l’Inferno un mero ricettacolo di anime mediocri, invece che un luogo divino di eterne punizioni. Questo però non posso dirlo a Belial, pena l’eterna dannazione con le anime umane. O, peggio ancora, il licenziamento.

 

“La famiglia Darmo? Gennaio 1959, Ottobre 1960, Luglio 1992, Marzo 1996?”
“Sì.”
“Bene, dunque. Siete morti e condannati all’inferno. Prendete i moduli e riportateli compilati per avviare la procedura.”
“Il prossimo!”

 

Alzo gli occhi al cielo. Quando mi ricompongo, mi accorgo che la famiglia non si è mossa di un millimetro.

 

“Qualche problema?”
“Caro, ma in che villaggio ci hai portati?” sussurra l’anima della donna al marito, scrutandomi dalle corna ai piedi.
“Non lo so. Il dépliant lo definiva un posto accogliente e rilassante.”
“Signori, questo non è un villaggio, siete morti” sibilo.
“Che figata!” dice la figlia più grande “sembra Halloween!”
“Dove sono i nostri bagagli?” chiede la donna, continuando ad osservarmi schifata.
“Signora, non avete bagagli: siete morti, trapassati, schiattati, defunti, persi per sempre, volati via, terminati, finiti, eccetera eccetera. Ora fate spazio, grazie.”
“Il prossimo!”
“Ti sembra proprio il caso di continuare?” ruggisco esasperato al demone dell’altoparlante, con i fogli della famiglia Darmo ancora in mano.
“Dia a me, li compilo io” dice la più piccola della famiglia Darmo, appena adolescente, mentre i genitori minacciano a vicenda di divorziare.
“Grazie. Mi dispiace per il tuo trapasso.”
“Non fa niente” risponde, prendendo una delle mie penne “avevo in mente di uccidermi la settimana prossima.”
“Meglio così, allora” le rispondo, sorridendo. Non faccio in tempo a gioire per aver trovato la prima anima affabile dal mattino che, di nuovo:
“Il prossimo!”
“SEI LICENZIATO!” urlo, mandando a gambe all’aria tutte le anime in attesa al bancone. L’istante dopo sento la terra tremare, come un terremoto in crescendo.

 

Belial sta arrivando – sicuramente disturbato dal frastuono. Chiudo gli occhi e respiro profondamente, pensando alla verità più triste di tutte: noi poveri diavoli in vacanza non ci andiamo mai.

di Daniela Montella

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> “Cervelli a Perdere” – racconto breve di D. Montella

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