Questa RUBRICA parla di quel “consumo” incivile fatto da una società mercificata, la nostra; la stessa che qui prova a resistere con gesti locali e altre forme di autodeterminazione culturale (ispirati non di rado dal ‘mangiar e bere bene’)… mentre quel carrello della spesa si è smarrito in un momento di disattenzione del suo aguzzino
L’haute cuisine, ossia l’ “Alta Cucina“, è semplicemente quella cosa che voi non vi potete permettere. È quella di cui si riempiono la bocca i Mass Media e che sbavando davanti al loro muesli ai cereali guardano tutti in Tv, dal ciccione con la dentiera ai rampolli anoressici delle famiglie borghesi spaparanzati sui divani Ikea, residuo della casa dello studente. Ma cosa siamo, se non piccoli idioti consumistici… eccoci sempre pronti nella voglia di cimentarsi contro i Gordon Ramsay di noartri.
Ed ecco che scatta la sfida: se ci riesce il commesso gay di Voghera in “Master Chef” perché non ci dovrei riuscire io?
Vi domandate perché? Ecco la risposta.
Quando decidete di provare una ricetta, vige una regola, che non è mai stata scritta – almeno che io sappia – ma che è terribilmente efficace nel manifestarsi: “la grande cucina la fanno solo i grandi chef”… e non sempre riesce neanche a loro.
Magari avrete deciso di fare colpo su una ragazza simpatica e carina, o sul vostro collega d’ufficio, sul capo ufficio o sul Senatore che raccomanderà vostro figlio, magari l’intento è quello di sperimentare e prendersi una rivincita sulle ultime tre bastonate al ristorante, care quanto inutili.
Il vostro primo tentativo di alta cucina casalinga: ignari di ciò che vi attende in seguito, sarà comunque un disastro.
Nondimeno, ignari, fieri e incoscienti… voi leggerete dal manuale del grande chef la ricetta: le perfette dosi e le modalità di cottura. Magari farete una prova non impegnativa con un caro amico, con il vostro/a compagna o con vostra madre (che comunque vada farà la faccia disgustata). Mandate a memoria il grande libro del Maestro, escludete le ricette che vi suggeriscono sale pakistano rosa vermiglio, cotture sottovuoto, abbattitori, carta lucido A3, trapani e punte da 12, disossamenti a freddo, pescato fresco del Caspio, ecc…, insomma tutto ciò che non è reperibile sul mercato e nello spazio, e non umanamente praticabile.
Passate alla fase due: e come indicato da Allan Bay (“Cuochi si Diventa” – Feltrinelli Ed.), accumulate sul banco in bell’ordine tutto il materiale necessario; sale, pepe spezie, pentole, coltelli, ecc… Vi renderete conto solo in quel momento che non avete sufficienti coltelli o pentole idonee (suggerisco a questo punto di cambiare ricetta) ma se insistete, allora, con i dovuti accorgimenti, potete comunque sperimentare la cosiddetta haute cuisine nella ricetta gourmet: i piccoli pesci azzurri del Mar della Cina pescati da Mao Tze Tung in persona, con glassa di pomodorini del Vesuvio colti nell’esatta posizione dell’eruzione fatale a Plinio, bagnati in noccioli d’oliva spremute dai piedi scalzi di una vestale celtica (al ritmo del raglio di un ciuchino sardo), con cipolle rigorosamente di Tropea mantecate alla moda di Pirro, ingraziosite da una setacciata di fermentazione di grano e acqua cotti con le fascine di potatura di ulivi centenari e tostate in un forno romano, dell’aneto gioioso ma rustico (una specie di finocchio selvatico), un piccolo rettile sputafuoco (dragoncello), del prezzemolo e rosmarino, tutti rigorosamente colti all’imbrunire, bagnati da un vino biodinamico fermentato al naturale senza controllo della temperatura (a mo’ di aceto). N.b. – se ad un certo punto se ne escono con la spruzzata di balsamico… buttate direttamente il libro nella spazzatura, che pure alla cazzate c’è un limite, infatti state per fare un normale tortino di alici o in saor. Questa sembra essere la ricetta più semplice di Alta Cucina (che ad esempio è nei menù, solo per citarne un paio buoni, del ristornate romano “Agata e Romeo” e della “Ragnatela” di Dolo, storico ristorante di Scaltenigo) a seconda delle varianti a voi gradite. E allora tronfi, sicuri, motivati e concentrati al massimo realizzerete un capolavoro assoluto, chiunque lo assaggerà sarà felice, voi fieri e sboroni penserete bene di riproporlo alla prima cena importante.
Ed è qui si manifesta la maledizione dell’alta cucina.
Alla seconda volta, forse per colpa dell’ingrediente mancante, della mancata pesatura del sale, del fatto che il pesce non è stato pescato da Mao Tze Tung in persona ma da un semplice monaco Battista Tibetano Copto, forse per l’eccesso di Prosecco che vi siete sparati mentre cucinavate, della telefonata dell’amica single e disperata o del cane che abbaiava… insomma qualsiasi sia la vostra scusa, nessuno, dico nessuno, sceglierà di mangiare il vostro tortino. E se lo mangeranno sarà orrendo.
Tutti in compenso si riempiranno dei fegatelli avanzati dalla sera prima, messi a tavola e riscaldati non si sa mai… Il commento “buoni ‘sti fegatelli, l’hai presi in rosticceria?” sarà il colpo definitivo alla vostra autostima.
Non c’è spalla su cui piangere è colpa vostra.
Un piatto riesce bene solo quando, a forza di farlo, non sapreste neanche scrivere la ricetta, lo fate e basta. E lo fate così: aprite il frigo e prendete le cose che stanno scadendo, che avevate comprato perché vi piacevano al mercato, le cucinate e le insaporite con la speranza che vi ricordino il sapore dei piatti di vostra nonna. Servite quelli… senza letti di rucola, spruzzate di balsamico, salvo non siate di Modena, senza la moda alla Apicio o di Carême… fate quello che sapete fare, e fatelo con amore.
E così la risposta sui fegatelli potrebbe essere: “Provace a trovarli fatti così buoni, Vissani m’ha chiesto la ricetta ma je l’ho negata”… e ciccia al culo!
Daniele De Sanctis
ASSOLUTAMENTE D’ACCORDO! FINALMENTE CAZZO! SONO D ACCORDO CON DANIELE DE SANTIS ,
LA VENDETTA DELLA CUCINA DELLA NONNA !!!!!
torniamo alla cucina fatta col cuore che i tecnicismi ce li facciamo fare serviti e riveriti al ristornate
:))))
simpaticissimo post . sempre grandissimo Daniele!
la maledizione dell’alta cucina , ah ah ah ah. e la fortuna dei principianti……..che poi vai a rifarlo quel piatto !! eh eh eh
mi sembra un discorso che ci riporta proprio coi piedi per terra
fare i piatti senza sapere la ricetta,a sentimento…d’istinto, col cuore! altroche’…quella e’ la vera cucina. senza nulla togliere ai grandi chef,che poi ho dubbi che lo siano quelli in tv
e bravo De Sanctis
bel post su cui sono daccordo…. questa cosa che siamo tutti chef o meritevoli del primo premio e’ come tutti quelli che giudicano sui social, la stessa piaga!