Guido Maria Grillo si è ritagliato uno spazio senza omologhi nella scena musicale italiana, proponendo un’incessante ricerca sonora dalle suggestioni armoniche e melodiche delle musiche del Sud, fino a una fitta trama elettronica ed acustica, risultando così dal carattere decisamente internazionale.
“Anema Lesa” è un disco in cui la coscienza individuale erompe e diventa coscienza comune, integrata… che soffre, lotta, resiste («…Se la Bellezza non vale più niente / chi ci salverà per sempre?»). Ecco che tradizione e contemporaneità, elettronica, influenze mediorientali ed echi arabeggianti tipici delle musiche del Mediterraneo, sono state le cifre sonore del singolo “Nennella” (“bimba”, in dialetto napoletano), che ha anticipato questo nuovo lavoro per etichetta Private Stanze e distribuzione Audioglobe.
Si tratta di un’opera che racconta i più profondi sentimenti umani con un pathos d’altri tempi. Un disco viscerale, lontano dagli stereotipi e dal politicamente corretto, che come già accennato racconta di un’anima universale lesa ma non sconfitta.
Immerso nell’arte fin da piccolo (nella casa materna, della famiglia De Curtis, zeppa di quadri dello zio pittore, echeggiavano arie d’Opera intonate dal nonno, tenore e violinista, e da un altro zio, grande esperto di Giacomo Puccini), Guido Maria Grillo è cresciuto ascoltando Tenco, Jeff Buckley, la grande canzone napoletana, Fabrizio De Andrè (a cui ha dedicato la sua tesi di laurea in Filosofia). Da sua madre, pronipote del “principe” Totò e docente di Storia dell’arte, ha ereditato vocalità e passione per l’arte figurativa. Lo abbiamo intervistato per immergersi un po’ nel suo immaginario musicale e poetico…
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- L’anno scorso, usciti (quasi) dalla pandemia, hai pubblicato “Anema“, oggi sei tornato ancora con un'”Anima”, stavolta “lesa”… In cosa, secondo te, vale la pena ancora lottare e resistere come individualità per la comunità?
L’anima è lesa, offesa e bistrattata, ma non sconfitta. Crede ancora si possa lottare e Resistere, oppure ne è costretta, non ha alternativa. Non so darti una risposta univoca, credo non abbia scelta. Annullarsi non è un’alternativa praticabile perché sarebbe una condanna definitiva ancor più insostenibile dell’offesa. La mia vita e la mia musica si muovono entro questo angusto spazio vitale, non certo serene e leggere, ma vive.
Resistono tenacemente alle spinte contrarie di una società ostile, pericolosa, indifferente, superficiale; la musica è parte significativa dell’espressione culturale di una società.
La mia vita e la mia personale espressione artistica sono fortemente in dissenso ed, all’interno di una cultura in cui domina il “pensiero unico”, non possono che essere in grossa difficoltà. Io stesso, dunque, che sono pienamente la mia musica, vivo con difficoltà l’ostracismo verso l’alterità, convinto che l’assuefazione e la perdita di autonomia critica, in cui siamo caduti, siano altrettanto pericolose. Non so dirti se valga la pena lottare, credo, piuttosto, che non ci sia alternativa, se non annullarsi, appunto, e questa battaglia, combattuta da un individuo critico, investe qualsiasi comunità altrettanto critica.
- Hai usato la musica per esprimere tutte queste emozioni… come si è presentato stavolta il processo creativo del concept di questo nuovo lavoro?
“Anema Lesa” è in perfetta continuità con “Anema”, racconta delle stesse vite, dei medesimi sentimenti, delle visioni, dei patimenti. Anche dal punto di vista musicale è in continuità con il precedente EP, quasi a voler completare un ideale album “lungo”. L’uso, seppur non esclusivo, del dialetto napoletano mi ha spalancato nuovi orizzonti semantici e musicali. Mi ha fornito la possibilità di dare senso alle mie origini e alla tradizione, fino a prima quasi ignorate, traducendole in un linguaggio contemporaneo, frutto dell’incontro tra quel che amo del passato (la melodia, il romanticismo, la poesia, condensati, in maniera ineguagliabile, nella canzone napoletana classica) e quel che mi appartiene nel presente (ricerca, sonorità composite).
Il sentimento rimane protagonista indiscusso delle mie canzoni, nella forma di una esperienza personale che s’illude di poter essere universale.
- Questo nuovo lavoro parte quasi in sordina, ci rapisce subito l’immaginario d’altri tempi di “Nennella”, si prosegue con l’invocazione di “Se non ti vedo”, il pathos di “Viole”, il lamento di “Core acciso” fino al bellissimo crescendo finale di “Chi ci salverà?”… come hai lavorato per creare l’omogeneità dell’intero disco? Com’è stato amalgamare le musiche, pur avendo tante influenze, insieme ad una così specifica poetica lirica?
La tua domanda suggerisce che si colgano, contestualmente, varietà e coerenza. Credo sia la forza dei dischi migliori, quella cioè di spaziare senza perdere il filo, mantenendo una coerenza formale, semantica, musicale.
È molto importante, per me, essere fedele a me stesso, seppur nell’evoluzione. Riuscire ad alzare, di volta in volta, l’asticella, senza timore di sperimentare, con coraggio, senza perdere la propria identità è ciò a cui ogni artista dovrebbe tendere. La riconoscibilità del proprio linguaggio, in ogni ambito artistico, mista all’azzardo ed al coraggio di sperimentare è, io credo, la forza dei più grandi artisti. Avvicinarmi, anche solo di un briciolo, a questa visione, mi basterebbe ad essere soddisfatto del mio lavoro.
Le mie sono canzoni gravide di un pathos che ho vissuto io, in prima persona, nell’atto di scriverle. Sono pure, non calcolate, consapevolmente lontanissime dalle logiche del mercato vigente. Dico ciò con profondo dispiacere, non con vanto, perché vorrei fortemente che il “mercato” riservasse loro un posticino, non escludendo, cioè, apriori, il “non mainstream”, permettendogli, così, la sopravvivenza. Purtroppo, il pensiero unico, cui facevo prima riferimento, non lo permette, anche quando si traveste di tollerante democrazia del consumo. Proprio qualche minuto fa, tra le righe del libro che sto leggendo in questi giorni, mi sono imbattuto nell’articolo che Pasolini scrisse sul Corriere della Sera, all’indomani del massacro del Circeo. Denunciava precisamente come il regime del consumo, travestito di libertà, opportunità per tutti e tolleranza, fosse, in realtà, spietatamente intollerante perché in grado di plasmare, indirizzare o, addirittura, revocare qualsiasi concessione di libertà sulla base della convenienza del potere. Quel potere, allora ed ancora di più oggi, era ed è essenzialmente economico. Detta le regole in nome del profitto ed alcuna espressione artistica o culturale ne è immune. Di questa visione critica sono intrise la mia vita e la mia musica.
- Dacci qualche dritta sulle tue prossime uscite e concerti… come passerai quest’estate?
Il problema della quasi totale assenza di opportunità per la musica “non allineata” investe, inesorabilmente, anche il “mercato” del live. Non è semplice organizzare tour per musica che richieda un certo tipo di pubblico e luoghi. Negli anni, il problema si è rapidamente acuito. La dimensione in cui la mia musica si esprime meglio, data la sua natura essenzialmente emotiva, è certamente quella del live. Ciò nonostante, dopo molti anni di tour in lungo e in largo attraverso tutta l’Italia, dopo la pandemia, ho faticato a ripartire, pur avendone una voglia spasmodica. Nei prossimi mesi continuerò a produrre e sto pianificando qualche concerto che annuncerò sui miei canali Social a tempo debito.
sempre straordinario g m grillo . mi piace tantissimo
Quanta espressione in questa stupenda voce
Mi strappa l anima
bella intervista. artista autentico ….
:)))
bellissima canzone. una rilettura della tradizione napoletana davvero interessante
sa creare un atmosfera molto intensa
anche l intervista e’ molto interessante. un pensiero molto profondo per un artista evidentemente che merita attenzione
grazie uki