Il 1789 fu l’anno della Rivoluzione Francese, i fatti seguirono di pochi anni gli eventi della Rivoluzione Americana e sancirono la fine dell’assolutismo monarchico in tutta l’Europa. Il 14 luglio la popolazione di Parigi insorge e assalta la prigione della Bastiglia, simbolo del potere dispotico del re di Francia. È l’inizio della palingenesi, lo spartiacque tra la modernità e la contemporaneità, nonché l’atto di nascita della cultura borghese dei diritti individuali, del costituzionalismo e del laicismo.
Alle conquiste sociali derivanti dalla Rivoluzione si arrivò per gradi, tutto nacque nella mente di un gruppo di intellettuali dal multiforme ingegno. Oggi i principi di uguaglianza, libertà e fratellanza appaiono come materia acquisita a titolo definitivo, in realtà i pericoli che li insidiano sono molteplici e occorre pertanto una costante attenzione alla loro salvaguardia.
L’Illuminismo è l’atteggiamento culturale e innanzitutto filosofico, predominante nel secolo XVIII, che affida alla ragione umana il compito di guidare la vita dell’uomo, abbattendo tutti i pregiudizi che lungo la storia europea hanno ostacolato l’organizzazione razionale dell’esistenza e il suo sviluppo.
Al risveglio della ragione hanno contribuito in maniera decisiva gli enciclopedisti con la loro imponente opera di diffusione del sapere, sintetizzata nella pubblicazione dei volumi della “Enciclopedia“, fiore all’occhiello della cultura francese.
Gli enciclopedisti sono coloro che nel Settecento hanno rappresentato il vertice della cultura europea; i francesi Voltaire, Diderot, Rousseau, Montesquieu, d’Alembert e d’Holbach sono tra i maggiori.
Vorrei qui ricordare un tedesco, pertanto uno che enciclopedista non era, ma che può essere a ragione considerato il padre dell’Illuminismo a cui dobbiamo la definizione più cogente. Alla domanda Che cos’è l’Illuminismo? Kant risponde: «È l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità che è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro», e questo “altro” è soprattutto la pretesa della fede e della Chiesa di guidare la ragione.
I redattori dell’opera enciclopedica ebbero lo scopo di veicolare il pensiero illuministico ordinando lo scibile nel minore spazio possibile e nel fare assumere al filosofo un punto di vista assai elevato, in modo da fargli scorgere nel loro insieme le scienze e le arti principali, abbracciare con un unico sguardo gli oggetti delle speculazioni, distinguere le branche generali delle conoscenze, i loro punti di contatto e di separazione. Tutti gli intellettuali che misero mano alla Enciclopedia erano deisti, ossia ammettono l’esistenza di un principio razionale divino, inteso come entità trascendente, rifiutando però ogni forma di rivelazione.
D’Alembert con il suo Discorso preliminare all’Enciclopedia ci prende per mano e ci illustra il piano dell’opera, illumina i meandri delle menti da cui è nata l’idea di un’opera di siffatte dimensioni e finalità.
Il polemista Voltaire nel suo “Dizionario filosofico“, esecrato dalla Chiesa, mette alla berlina alcuni capisaldi della fede e disarma a colpi di fioretto coloro che si innalzano a possessori della verità assoluta. Il concetto di tolleranza, nell’accezione della tolleranza religiosa, trova spazio e dignità nel suo “Trattato…”. Il testo prende le mosse da un fatto realmente accaduto: un commerciante ugonotto di Tolosa fu accusato ingiustamente di aver assassinato suo figlio che, in realtà, si era impiccato. Venne condannato a morte e ucciso nel 1761. Voltaire si innalzò a paladino di quella causa, ne assunse le difese e riabilitò Jean Calas, denunciando la vera natura della condanna; dietro i motivi apparenti si nascondeva l’intolleranza religiosa.
Il “Discorso sulle origini e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini” di Rousseau è tra le opere che danno il via al periodo dei Lumi e costituisce una delle basi ideologiche della Rivoluzione Francese. È questo il suo primo importante scritto di politica a cui seguirà “Il Contratto Sociale“: «L’uomo è nato libero e ovunque è in catene, chi si crede padrone degli altri è nondimeno più schiavo di loro». Il ginevrino ha il merito di aver formulato, sia pure su un piano astrattamente politico, l’idea della democrazia, e di aver mostrato come, con la proprietà privata, cominci l’infelicità umana. Rousseau si occupò anche di pedagogia, musica e letteratura in ossequio alla formazione culturale dell’epoca.
Sempre in Francia, anche se nato un secolo prima dell’assalto alla Bastiglia, Montesquieu è, assieme a Voltaire, il pensatore più importante del primo Illuminismo. Il giurista a cui la cultura occidentale deve la teoria politica della separazione dei poteri. All’uomo odierno appare acquisito il concetto che il potere legislativo, esecutivo e giudiziario seguano binari diversi, ma all’epoca di Montesquieu governavano le Monarchie Assolute. Nell’Europa di allora la tripartizione non esisteva e il potere veniva esercitato esclusivamente dal monarca. La democrazia era una chimera da vagheggiare ed era pericoloso avanzare l’ipotesi di una forma di governo diversa dall’Assolutismo monarchico. Con lo Spirito delle leggi gli uomini scoprono che esiste un modo per scuotere il giogo e liberarsi dalle catene che li tengono prigionieri, soli, senza diritti, senza dignità e affamati.
In Denis Diderot troviamo un altro esempio di ingegno illuminato, nei suoi testi filosofici e letterari si scorgono le ribellioni dell’epoca, i tumulti dell’anima, i fuochi di quella che sarà la rivoluzione regicida. «È giocoforza che giunga un momento, nella storia dei popoli, in cui, diffondendosi la civiltà, il principio di autorità si mostri nella sua vera luce. Ci si accorge allora che i re sono uomini e, una volta che tutti lo sanno, gli scrittori che lo dicono, non facendo altro che ricamare su un luogo comune, non hanno né meriti né demeriti: hanno solo un po’ più o un po’ meno di spirito». Così l’editore Garnier presentava nel 1875 il racconto “L’uccello bianco. Racconto blu“.
L’Illuminismo non fu soltanto francese e non ci furono soltanto i redattori dell’Enciclopedia, qui in Italia nello stesso periodo imperversava l’intelligenza di Cesare Beccaria, di Alessandro e Pietro Verri, di Giuseppe Parini, Gaetano Filangeri.
L’Accademia dei Pugni di Milano è il cenacolo prediletto, il luogo dove nacquero opere come il “Dei delitti e delle pene” del Beccaria. Scritto tra il 1763-64 è l’opera che più rappresenta l’Illuminismo italiano, un trattato che implicitamente propone una riforma illuminista del diritto penale del tempo, ed è un’analisi storica delle diverse forme della società umana. Ovviamente l’opera fu messa all’indice perchè avversata dai gesuiti, i quali la confutarono per offesa alla religione e all’autorità civile, ebbe grande successo negli ambienti dell’Illuminismo francese, suscitando l’approvazione di Voltaire e d’Alembert. La condanna della tortura e della pena capitale sono gli assi portanti del trattato, seguendo la logica che il torturato confessa per far cessare il dolore e le sofferenze, non perché sia in possesso della verità ricercata. La messa al bando dei protocolli e delle pene più dure muove dalla convinzione che le esecuzioni capitali non hanno mai impedito il reiterarsi dei reati. Già nel Settecento, per il Beccaria, uccidere serve solo ad appagare la vendetta di un singolo o di uno Stato e non a ristabilire la giustizia, con buona pace di Mastro Titta: celebre esecutore di sentenze capitali dello Stato Pontificio.
Dunque, queste splendide intelligenze del passato, ci dicono che solo la crescita della nostra conoscenza può affrancare le nostre menti dal loro asservimento spirituale: asservimento dai pregiudizi, dagli idoli e dagli evitabili errori. Una consapevole fiducia nella ragione umana finalizzata alla liberazione dai dogmi metafisici, dai pregiudizi morali, dalle superstizioni religiose, da rapporti disumani tra gli uomini e dalle tirannie politiche.
Giuseppe Cetorelli
ottimo compendio. sempre bravissimo Giuseppe! Grazie.
un epoca che se solo fosse rimasta autentica e sincera avrebbe portato davvero ad un cabiamento profondo. a dispetto dei progressi socio culturali invece, l’animo delle persone si e’ invece ancor piu’ inaridito alla merce’ del razionalismo
comunque sempre eccezionale Cetorelli. post tutti da mettere tra i preferiti