“Flussi” International Media Art Festival 2016 – mìnus hāвens (Avellino)

Flussi è un evento per sentirci all’altezza della nostra inadeguatezza e trasformarla in un momento epico: un’esplosione di gioia nel "non-essere". Una decrescita rivolta alla riconquista del tempo, dei nostri limiti, desideri e dolori, lontani da modelli preconfezionati, per rimettere al proprio posto le ansie e dare un calcio alle aspettative.

.«Faccio parte di quella minoranza che si rifiuta di far parte di qualsiasi minoranza definita».
(Charles Simic)

«Sviluppate la vostra legittima stranezza».
(René Char)

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DSC_0052Anche quest’anno è tornato Flussi, festival fondamentale di questa terra irpina che, in ben otto anni, è riuscito a imporsi a livello nazionale e internazionale. Da sempre in contatto con una cultura in costante evoluzione, Flussi cerca di proporre un modo, una linea di pensiero per meglio capire e affrontare il reale: se l’anno scorso il concept “Realityvism” avanzava l’idea di un “realismo radicale”, di “materialismo spinto, in un universo-mondo paradossale, selvaggio, contraddittorio”, definendo nella tecnologia uno spazio anche terapeutico, quest’anno “minus habens” invita a “pensare il disadattamento e l’impossibilità di corrispondere agli standards comportamentali e prestazionali non come segni di decadimento, ma al contrario come manifestazioni indirette di ‘potenze’, condizioni per l’invenzione artistica e politica”. La sfida è sentirsi all’altezza della propria inadeguatezza e trasformarla in un evento epico, un’esplosione di gioia ebete e sprezzante. Sotto questa visione e prospettiva, partono quattro intensi giorni di Festival che vedono in azione più di 30 artisti fra ESP Stage (Casina del Principe) e Main Stage (belvedere terrazza Teatro Carlo Gesualdo).

 

Il 24 agosto, in collaborazione con 180gr., progetto musicale ideato da N-Zino per valorizzare il ritorno alla cultura del vinile e alla musica mixata con DSC_0020
attrezzature analogiche,  si parte sin dalle 13.00: ben sette set animeranno la giornata all’ESP Stage sino alle 20.30. LKSMN in b2b con Bop danno avvio alle danze. Una forma e un’estetica definita, Pietro e Luca sono due amici, una simbiosi mimica che balza subito agli occhi. LKSMN l’ho già visto al “PompeiLab” lo scorso anno, Bop all’ “Officina99” prima di Kode9. I ritmi e la selezione sono audaci, è la scelta di Tim Hecker che mette le cose al loro posto. Incomincia ora Flussi.

Il pomeriggio va avanti così, con le selezioni di N-Zino, Fabio Grillo, Mystic Jungle, Whodamanny, Milord e mister Massimo di Lena.

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DSC_0196La serata prosegue, ovviamente in terrazza, dove il potente suono abrasivo di Balance, progetto di Luciano Lamanna e Davide Ricci, prende possesso della platea. Un imponente sintetizzatore modulare nasconde i corpi dei due musicisti, un’atmosfera cupa e raffinata che apre le porte a Key Clef, di casa romana LSWHR, già vista dal sottoscritto al “Quirinetta”, in apertura ai KVB. Ma questo è un set diverso, molto più forte e incalzante.

Subito dopo è il turno di High Wolf, una psichedelia trascinante, direttamente dalla label americana Not not Fun, una blogosfera hypnagogic, vagamente lo-fi, contraltare indiano perfetto al dream pop canadese di un Washed Out.

A chiudere i battenti, il primo giorno, è però l’infiammante progetto r2π, nato dalla fusione organica di Retina.it (Lino Monaco e Nicola Buono, vecchia conoscenza di Flussi, seminali fondatori di un tipo di elettronica partenopea, che ancora lascia tracce profonde nell’immaginario musicale nazionale e internazionale), Prg/m (Pier Giuseppe Mariconda) e Ruhig (Luigi Cicchella), una triangolazione perfetta, un sound di famiglia che fa letteralmente saltare il terrazzo del teatro Gesualdo, una danza mistica che raccoglie già il seme del puro presente, in quanto consapevole della fine del pensiero debole. Una magnifica emozione tagliata con precisione cartesiana.

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Il secondo giorno, alle 18.00 si riprende all’Esp Stage, nel verde della Casina del Principe, dove Les énervés, duo napoletano votato alla ricerca sonora più DSC_1046radicale, tramite nastri, feedback e field recordings, riportano il suono al suo stato più primigenio e selvaggio. Speculari ai Radford Electronics, sempre napoletani, dello scorso anno.

Il francese Arnaud Rivière, invece, porta il discorso del suono e del rumore alle estreme conseguenze, un’improvvisazione praticata su un giradischi riparato, un mixer modificato e altri oggetti (forchette, vassoi etc) del quotidiano. Una performance cruda di un esteta del suono.

Chiude i giochi pomeridiani lo svedese Mats Erlandsson, lo scultore della melodia, una materia grezza che prende vita, trascendendo la musica ambient e insinuandosi, con garbo, in distorsioni e eleganti astrazioni.

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Al main stage tocca subito ai Meta-, progetto di Luigi Calfa e Simone Giudice. Se c’è una cosa che apprezzo in un Festival come Flussi è la coerenza nella scelta artistica che perdura anno dopo anno. L’esperimento audio-video, Nova, che il duo propone, al di là dell’estetica e ad un livello necessariamente sonoro, ricorda il set di Petit Singe, protagonista, lo scorso anno, sempre sul Main Stage sulla terrazza del Teatro.

DSC_1293James Welburn e Nico Lippolis sono fin troppo potenti e fisici, basso e batteria infuocati, distorsioni e paesaggi sonori di un tempo barbaro.

Ma è Felix Kubin il protagonista della serata: enfant prodige della musica elettronica, dadaista minimal wave, da oltre vent’anni alfiere del pop più futuristico e sperimentale, il genio di Amburgo rapisce il pubblico per circa un’ora, parlando un linguaggio complesso che riunisce le sue molteplici anime: dj, compositore, scrittore per la radio etc. Un corpo punk in abiti eleganti, un’ironia e un umorismo dissacrante che è, probabilmente, la forma più alta di filosofia.

Tocca a Fabrizio Matrone aka Matter chiudere il day2, già presente al Festival nel 2013, che resetta il clima su sperimentazioni e atmosfere analogiche più profonde e rapaci. Amabilmente si scaricano le tensioni del precedente Felix Kubin.

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Il giorno venturo è di nuovo Fabrizio Matrone a riprendere in mano le redini della situazione, nei panni di Heidseck, progetto più intimista e meditativo DSC_1446rispetto alla furia del precedente Matter. La doppia anima di Fabrizio spinge forte anche in questo progetto.

Echi, riverberi, delays amplificati all’ennesima potenza dal francese Cogne & Foutre che propone uno spettacolo audiovisivo basato sull’interazione tra segnale acustico e televisori a tubo catodico. Un sistema esclusivo, autocostruito, frutto delle variazioni di corrente nel tubo catodico, metafora prima, se vogliamo, di un sistema mediatico sempre più facile e omologante, nell’avamposto antagonista del “do it yourself”.

Ritmi ossessivi condotti fino allo sfinimento nella trionfale cavalcata di Anna Zaradny, una delle personalità più importanti della nuova avanguardia polacca. Nella complessa architettura di suono intessuta dall’artista, sembra quasi ergersi una barocca e novecentesca drammaticità.

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Il sabato sera, in terrazza, dopo l’interessante performance audio-video costruita sul fenomeno dell’auto-oscillazione o feedback acustico degli Uroboro, DSC_1687che esplorano visceralmente il suono delle chitarre elettriche, la performance più interessante è quella di Maria W Horn, spettrale artista svedese capace di stupire tutti attraverso sonorità estreme e visual minimali; fra la violenza acustica di un Dominick Fernow e il drone romantico degli statunitensi Sunn O))), il set della svedese è fra i più belli dell’intera manifestazione.

Il palleggio musicale di Mark Fell e l’immersivo drone-noise di Franck Vigroux e Kurt D’Haeseleer saranno un accompagnamento corretto per il mio finale di serata.

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Il giorno finale faccio anche un giro alle installazioni presenti. Alcune mi colpiscono particolarmente: Pneuma, di Antonello Matarazzo, affiancando DSC_1816sapientemente il tronco di un ulivo secolare e il volto di un anziano mi riporta alla complessità e perfezione della natura, così, come altrove, attraverso la proiezione in loop di un film e la relativa installazione a ricordare il filo spinato, si tratta in maniera diversa il tema dei migranti al confine greco.

Intanto, nel giardino della Casina, all’ESP Stage si parte dalla mattina fin dall’ora di pranzo con il metaconvivio, pranzo con ospiti e artisti presenti a Flussi, e la selezione di Ibtaba.

Il giorno scivola lento fra le techno good vibes di D_Vergent e i ritmi fluenti di Brianoize, pupillo di casa Panaroma Records, espressione di un gusto trip hop, per certi versi alla Flume, per intenderci.

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Il momento più alto della giornata arriva, però, quando entra in scena il progetto Drum Circle, evento speciale che sotto la direzione del maestro Stefano IMG_3336_2Costanzo, in collaborazione con la Caritas, coinvolge bambini (che per circa un mese hanno partecipato ad un workshop), rifugiati e musicisti: un cerchio di persone che suonano le percussioni, una pratica ancestrale ma capace di creare coesione, gioia e libertà ai partecipanti. Il risultato è veramente straordinario.

Il live set successivo di Tricangolar, progetto di Stefano Costanzo (di nuovo) alla batteria, Peppe Vietri e Antonio Raia al sax è un gioioso scontro di suoni, esperimento visionario di tre grandi musicisti.

 

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I paesaggi sonori di Roberto Begini e Oico, narratori del suono, e la densità strutturale del sassofono dello svizzero Antoine Chessex trascinano il IMG_3339pubblico direttamente al Main Stage in Terrazza dove sulla matrice onirica dubstep dei due campani XY Zeebra si vola con i set di Harmonious Thelonius, che reinventa un’idea di musica da club più spinta, crocevia fra musica africana e elettronica europea, e l’estetica ipnotizzante di Florian Meyer aka Don’t dj, una linea di suono perfetta che si muove in un erotismo esotico che spinge l’ascoltatore ad una dilatazione indefinita delle proprie capacità sensoriali. La Germania che fa bene al cuore.

A chiudere Flussi è Luigi Cicchella, in arte Ruhig, già visto all’opera nel progetto r2π con Prg/m e i Retina.it il primo giorno. Un closing set techno come da rituale. E come l’anno scorso Luciano Lamanna, anche Ruhig mette su, verso la fine, “Waterfall” di Rrose, un panta rei che si realizza nel mantra ossessivo del sottocassa, proprio a riprendere quella specularità, quella ciclicità, quella programmazione ragionata che appartiene, da sempre, ad un Festival imponente come questo.

E alla fine tutti sono contenti, anche quest’anno una bellissima commozione.

Grazie ancora Flussi, ci vediamo l’anno prossimo. Sei una realtà bellissima.

 

Domenico Porfido

Foto: Valentina Del Mastro / Visual Sciv

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