È partita la seconda edizione di “Das”, la rassegna dedicata al dialogo artistico e culturale sui temi della contemporaneità, organizzata a Bologna. Il progetto “Fantomologia” ospitato, a cura di Marco Mancuso, Daniela Tozzi e Ilaria Bignotti, da un lato suggerisce un’analisi più profonda sul rapporto tra tecnologia, indagine scientifica e dialogo identitario tra l’essere umano e l’ambiente che lo circonda. Dall’altro, decostruisce le modalità espositive classiche dell’arte contemporanea e di narrazione della New Media Art, muovendosi in maniera fluida tra elementi installativi, restituzioni performative e apparati teorici e dialogici
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Quest’anno è di scena il progetto “Fantomologia. Dal micro al macro ai fenomeni del reale“. La mostra proporrà il tema sempre caro del rapporto tra tecnologia e indagine scientifica e la connessione tra l’essere umano e l’ambiente che lo circonda (e vorrei aggiungere ‘che lo ospita’: ognuno di noi dovrebbe essere grato e rispettare chi ci ospita, quindi forse con l’ambiente dovremmo fare lo stesso, o no?). A questo aggiunge il dialogo tra arte contemporanea e new media art, proponendo installazioni immersive e performative, installazioni e apparati teorici.
La rassegna si svolge a bologna durante la settimana dell’arte ed avrà inizio il 31 gennaio, durerà 4 giorni e presenterà un’ultima discussionr il 20 marzo.
Le basi della mostra
La rassegna vuole analizzare le nuove tecnologie e i flussi di dati che ci sovrastano; l’ambiente subatomico che è sotto di noi a di cui siamo parte integrante; la fenomenologia, cioè ciò che accade e che ci circonda, ma che è invisibile ai nostri occhi; l’ambiente urbano e architettonico, in cui siamo immersi, che ci avvolge e che dimostra di avere anche una valenza sociale.
Il termine Fantomologia è un termine di creazione abbastanza contemporaneo, utilizzato per la prima volta nel 1964 dallo scrittore futurologo polacco Stanislaw Lem. Il termine è il vecchio modo di dire per indicare le realtà virtuali.
Le opere esposte
Nello specifico le opere esposte saranno di Ugo La Pietra, in comunicazione col britannico Stanza, e di un duo di artiste russe Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand. La Pietra è conosciuto per i linguaggi radicali, per la sua passione per la cultura architettonica, urbana e per il design italiano. Stanza invece è un famoso media artist. Le due artiste russe sono delle science artists.
L’opera di La Pietra, composta da “Le Immersioni” e “Il Commutatore“, è messa a dialogo con l’ambiente tecnologico creato dall’installazione “The Nemesis Machine – From Metropolis to Megalopolis to Ecumenopolis” di Stanza, contemporaneamente alla installazione subatomica del due di artiste russe, che si chiama “Force Field“.
Gli spazi che ospitano la mostra sono così in costante mutamento, rendendoli contenitore dell’opera e sua parte attiva allo stesso tempo. Questo è necessario affinché lo spettatore prenda coscienza e cominci a riflettere sulla potenza di impatto dei cambiamenti tecnologici e la loro valenza nella vita sociale, architettonica e sulle comunicazioni. Allo stesso tempo viene mostrata chiaramente la potenza espressiva della natura e la sua capacità di essere espressione estetica.
Le opere nello specifico
L’opera di Stanza vuole essere lo specchio della complessità di una città, in quanto ricrea una mini metropoli che monitora e mostra le attività e le informazioni della città di Bologna, che vengono trasmesse elettronicamente in tempo reale attraverso internet.
Con “Force Filde” il duo russo vuole mostrare l’intersezione tra arte, musica e scienza: è un’opera immersiva live audio-video. In questa installazione delle gocce di acqua levitano grazie a delle frequenze sonore che consentono alle molecole d’acqua che costituiscono ogni singola goccia di riassemblarsi e cambiare forma.
Le due opere di Ugo La Pietra portano lo spettatore ad isolarsi in un ambiente sonoro con la testa e parte del corpo; in particolare con “Il Commutatore” lo spettatore può agire sull’ambiente urbano: lo spettatore cambia l’inclinazione del piano inclinato su cui è riprodotto l’ambiente urbano e così modifica il suo punto di vista e si rende cosciente del proprio impatto.
Di La Pietra anche alcuni video che documentano il suo lavoro, svolto in questi anni, compresi alcuni workshop condotti dall’artista stesso. In particolare un film inedito, del 2015, che mostra le fasi salienti della ricerca dell’artista, film da lui stesso realizzato e mai proiettato.
Roberto Morra
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Grazie mille Riberto… non me la perderò!
sempre affascinante l’interattività che questi nuovi artisti mettono sul piatto affinché il fruitore partecipi all’ opera stessa. in effetti si tratta di un processo peculiare dell’ arte contemporanea
anche questa mostra deve essere bellissima da vivere. speriamo arrivi anche qui su al nord …
e comunque La Pietra e’ un grande!!!!