Fabrizio Tavernelli: intervista esclusiva tra “Fantacoscienza” e Resistenza

L'eclettico artista emiliano torna con un album visionario, che esplora i parallelismi ed i punti di contatto tra lo spazio esterno inteso come cosmo e lo spazio interiore della coscienza...

Fabrizio Tavernelli è un emiliano con una lunga storia nel mondo musicale: ha fondato e suonato, tra gli altri, in AFA, Groove Safari, Ajello; nel frattempo ha effettuato un viaggio nel deserto della Namibia alla ricerca dei Boscimani, ha scritto un libro (“Provincia Exotica“, Della Cella Editore) ed ha ideato il Festival Materiale Resistente, che si svolge a Correggio e ha il grande merito di voler diffondere la memoria e l’attualità della Resistenza.

Non pago di tutte queste esperienze, dal 2011 porta avanti il suo progetto solista con cui nel 2016 pubblica il suo terzo album “Fantacoscienza” che ha definito «Un altro viaggio nell’altrove»; l’abbiamo incontrato per farci spiegare cosa fosse la fantacoscienza di cui canta.

 

Come è nato “Fantacoscienza”?

Il punto di partenza è stato il concetto di ‘Fantacoscienza’. Ho preso a prestito questa definizione inventata dal critico cinematografico Callisto Cosulich per definire film come “2001 Odissea nello Spazio” o “Solaris” di Tarkovskij. Con questo termine Cosulich interpretava film che erano sì di genere fantascientifico, che parlavano di spazio e pianeti sconosciuti ma in verità il vero nucleo di questi film era la metafora di viaggi ed esplorazioni interiori, veri e propri viaggi dentro se stessi, nel proprio subconscio. D’altra parte il periodo in cui sono state concepite queste pellicole corrisponde alla scoperta attraverso la musica e la cultura psichedelica di altri piani di realtà, di porte di percezione, di stati alterati di coscienza. In fondo è questo il viaggio definitivo dell’uomo, quello alla scoperta del suo Io profondo, abissale. Da qui sono partite una serie di domande, tipo “C’è vita su Marte? O meglio c’è vita dentro me stesso? Ci sono ancora tracce di coscienza dentro noi?”. Questi interrogativi si sono trasformati in canzoni, suggestioni sonore, flussi di coscienza, scrittura automatica. Un viaggio quasi antropologico in quel che resta della razza umana.

 

Cosa c’è nella tua fantacoscienza?

Nella mia Fantacoscienza ci sono tutti quegli autori, quegli scrittori, quei musicisti, quegli artisti figurativi che hanno sempre cercato di spingere oltre il limite, di andare al di là della realtà che conosciamo. Individui che hanno svelato nel quotidiano, un altro modo di vedere la vita, trasfigurandola. Arte border-line e invenzione di nuovi mondi. In particolare in questo album partendo dall’esempio di grandi esploratori dell’inconscio umano (Burroughs, Philip Dick, Ballard, Bosch, Francis Bacon, le avanguardie del 900 come Dada, Surrealismo, Art-Brut, Beat Generation…) ho compiuto un viaggio dentro me stesso cercando di essere il più diretto e onesto possibile, portando alla luce le cose luminose ma anche le zone oscure, i buchi neri in cui è facile essere risucchiati. È un disco di dolcezze siderali e cattiverie abissali. In fondo questo è il filo che lega buona parte delle mie produzioni, da “Nomade Psichico” (album dei miei AFA del 1996) al precedente mio lavoro solista “Volare Basso”.

 

In “Fauni” troviamo l’accettazione della condizione del maschio, sempre diviso tra razionalità ed istinto; accettando questa condizione non si rischia, in qualche modo, di giustificarla e di giustificare, con essa, le barbarie commesse dai fauni che non riescono a controllare la loro parte istintuale?

Naturalmente è una accettazione o meglio una confessione ma non una giustificazione. È una critica, una autocritica, una dannazione e questo faunismo, questo istinto di prevaricazione; dalla sfera prettamente sessuale è andato a spargere il suo piscio territoriale in ambiti quali il lavoro, i rapporti tra individui. La società è ancora territorio di depredazione e di dominazione di gruppi gerarchici guidati da un maschio Alfa, seppur mimetizzati e apparentemente umani. Persino il web, il Social, è diventata un’arena in cui imperversano fauni disposti a calpestare chiunque con i propri zoccoli digitali. Il flauto del Dio Pan che sparge in giro il Terrore Panico. Il Panico di se stessi.

 

C’è modo di salvarsi dal “consumo compulsivo e dal marketing totale” (“Antroapologia”)?

Io lo spero, è un’utopia necessaria, un’urgenza. Ma il risveglio appare ben lontano, visto che oggi il nostro ruolo nella società pare essere solo quello di consumatori. Consumatori di prodotti, di merce, di inutilità, di vite altrui, di territorio, del pianeta… Il nostro esistere è legato ad una sorta di obesità, il nostro credo è uno sviluppo e un progresso senza limiti. Intorno il territorio è invaso da non luoghi, ipermercati, centri commerciali, insegne e al contempo l’ambiente si fa corrotto, decadente, invaso da colonie aliene e alienanti che mutano la realtà come in uno scenario posticcio da film catastrofico, post-apocalisse. A tale proposito posso citare il mio libro “Provincia Exotica” che è un viaggio surreale e allucinato in una provincia diffusa abitata da una fauna fremente, isterica, selvatica che ha come unico dio il marketing. Marketing che ha contaminato tutto, dai sentimenti alla politica. Per necessità quotidiana oltre che essere musicista, lavoro nella grande distribuzione e quello per me è diventato un luogo di osservazione antropologica dove poter studiare i comportamenti delle tribù di consumatori compulsivi.

 

Ascoltando l’album “Fantacoscienza” mi è sembrato pervaso da una sorta di malinconia: l’impossibilità di comunicare con la propria generazione (“Non ho detto niente”), la consapevolezza di poter sperimentare solo una piccolissima parte delle infinite possibilità dell’universo (“Infinite combinazioni”), la rassegnazione al fatto che la storia stia togliendo alla Resistenza quel ruolo centrale che dovrebbe avere (“Il tradimento”); da dove si può – e si deve – ripartire per sistemare la situazione?

Quello che dici su un senso generale di malinconia o di perdita è assolutamente vero. Perdita e nostalgia di un futuro, ecco perchè diventano fascinosci gli scenari e le visioni della vecchia fantascienza, ecco perchè il “retro-futuro” risulta più poetico. Se ampliamo poi il discorso al nostro essere nel mondo, ci si accorge che spesso quello che ci viene venduto come “moderno” assomiglia tristemente ad un passato che volevamo cancellare. Il ritorno delle ingiustizie sociali, la perdita dei diritti conquistati dopo anni di lotte, le guerre sempre più vicine e diffuse, le grandi ed epocali migrazioni di massa di disperati che cercano futuro e sopravvivenza, lo strapotere delle economie che governano, il trasformismo politico, i disastri ambientali… Il problema è che non abbiamo tempo per cambiare lo stato delle cose e se guardiamo il cosmo, se spacchiamo l’atomo e scopriamo la sequenza del DNA, rimane la nostra solitudine, rimangono gli stessi interrogativi. Forse una umile risposta è nel brano “I miei amici” in cui c’è alla base un riconoscimento, un cercare legami profondi con un’umanità residuale, diversa, non domata, in un certo modo mimetica, apparentemente estinta ma che puoi ritrovare nelle enclave di resistenza culturale ed esistenziale.

 

Sei nel mondo della musica da decenni e hai all’attivo moltissimi progetti musicali diversi tra loro, quanto della tua produzione passata è confluito nel tuo progetto solista e in che modo le esperienze passate sono state utili in questa nuova avventura?

Sì, sono passato da diverse esperienze musicali e progetti a volte anche contrastanti e spaesanti. Non riesco a stare fermo su un genere, un mood o una lettura univoca. Sono affamato (in fondo vengo da una famiglia che ha conosciuto la fame atavica, la povertà e da lì è nata una insaziabile voglia di elevarsi, riscattare il proprio stato sociale, gli studi che ho potuto fare sono la continuazione di una rivendicazione sociale iniziata dai miei avi). La curiosità contraddistingue da sempre il mio percorso artistico. Un percorso accidentato, con diverse direzioni musicali e in questo ci sta che ci siano cadute, strade perse, parallele.. Non mi piacciono e non credo nelle carriere fedeli a se stesse, amo quegli artisti che hanno saputo sorprendere o cambiare improvvisamente rotta, lanciando ogni volta una sfida al proprio pubblico ma soprattutto a se stessi. Dunque tutte le mie esperienze passate confluiscono dentro questo disco che è fatto di sedimenti e stratificazioni. Detto questo, c’è però un comune denominatore che ritorna ed è quello del lavorare sul formato canzone, tenendo presente la griglia popular del brano con una sua struttura in cui mescolare, immettere, ibridare elementi dissonanti, obliqui. Un connubio tra melodia e sperimentazione, tra avanguardia e fruibilità.

 

Sei stato a lungo presidente dell’ANPI di Correggio (RE), organizzi il Festival “Materiale Resistente”, sei attivista politico; in che modo la tua anima Resistente influenza e/o si fonde con la musica che produci?

In fondo musica e vita per me sono la stessa cosa. Non posso fare a meno di usare il quotidiano, di scovare negli anfratti del reale altre verità. Quello che scrivo nelle canzoni è quello che penso, che dichiaro, che uso come una sorta di programma di politica psichedelica. In fondo l’insegnamento che ho appreso dai partigiani è il rifuggire il silenzio. Il silenzio è l’elemento su cui ha prosperato e su cui prospera il fascismo. Il mettersi in gioco con la propria persona, il fare piccole rivoluzioni personali, il non essere indifferenti, da qui partono le liberazioni, le guerriglie culturali. “Materiale Resistente”, l’evento nato nel 1995, è stato un esempio di come si possano attualizzare e rileggere eredità morali, etiche. È sempre una questione di Coscienza, ieri come oggi.

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9 Comments

  • si intervista molto interessante davvero mi piace molto questo concetto della fantacoscienza. su Uki poi si passa sempre dalle vastita’ del cosmo a quelle dell’ anima , autore perfetto per queste digressioni.
    la canzone e’ bellissima. non lo conoscevo bene, non ho mai avuto modo di seguirlo,per puro caso oggi mi capita questo post e lo conosco meglio. pochi artisti oggi credo abbiano la stessa sognante lucidita’
    complimenti infine alla bravissima Molinari

  • sempre bravissima la giorgia.
    tavernelli poi……si conferma sempre un personaggio alto, anzi altissimo……nelle intenzioni,nelle modalita’ poetiche,nella musica ….. assolutamente fondamentale!

  • adoro! da sempre!!! ascoltero’ anche tutto questo disco,davvero interessante. riflessioni bellissime per questa intervista.

  • complimenti Molinari. bellissima intervista. Fabrizio Tavernelli e’ un personaggio fondamentale per la sua onesta’ artistica. sempre alti livelli,come si puo’ leggere da queste belle riflessioni. il disco dovra’ essere un altro gran bel lavoro. questa canzone e’ bellissima intanto …
    🙂

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