Camminando per strada mi guardò, o meglio vide quel che io volevo vedesse.
Ripetevo la parte come un attore vittoriano nel bel mezzo di una performance da togliere il fiato.
Il mia parlantina impazzava fluida. Lei mi fissava, credendo a tutto. Il sorriso, lo sguardo incredulo, una donna dalle morbide labbra pendeva dalle mie dure e screpolate.
Ero senza un soldo ma che importava? In quel momento nemmeno tutto l’oro del mondo mi avrebbe appagato più della sensazione di vedere quella donna cascare fra le mie braccia.
Parlavo, parlavo, parlavo e lei ascoltava avidamente ogni parola, quasi volesse rubarmele di bocca e custodirle in un nascondiglio segreto.
«Lei… lei davvero è stato in America a fare il mozzo? Davvero lei è tornato fra fanfare e zanzare con lo stemma di capitano cucito sul bordo della divisa?».
«Certo che sì, sciocchina mia… e le dirò di più! Laggiù, di ritorno dal Kansas il mio nome fu urlato dalla Callas».
«Dalla Kanlas?».
«Callas sciocchina mia, Callas!».
«Ah, sì, la Callas. Oh mamma che privilegio».
Li con le sue gonfie labbra amorose mi guardava come indispettita dalla mia magniloquenza, ed io la ricambiavo con occhiate languide tutte frottole e immaginazione.
Non capiva che “la Callas” era un modo di dire, la sua mente proprio non ci arrivava. Poverina! Ma guai se la sua bocca avesse mancato l’appuntamento con la mia.
Ero eccitato, più la guardavo e più mi prefiguravo il suo seno abbondante che dolcemente mi stringeva la testa. E fu allora che immaginai di essere un pittore per vantarmi di aver dipinto io quella sua pelle rosea, liscia e profumata.
«Vorrei morire per rinascere pittore», le dissi guardandola con pathos e decisione.
«E perché mai da parte vostra un gesto così estremo?».
«Semplicemente per perder ogni nobile privilegio”.
“Ma perché pittore invece che nuotatore?».
«Perché, adesso, guardandovi m’è venuto in mente che solo maneggiando a fondo i pennelli potrei fissare per sempre il vostro volto».
«Ah, che poeta che siete!».
Era fatta! Già sentivo il calore del suo ventre che s’attorcigliava.
Dopo mesi d’astinenza forzata (alla legge non si comanda) finalmente avrei ritrovato me stesso, l’amatore che fui, l’uomo delle mille e una notte, il Don Giovanni come dicono in Italia.
Ormai mancava poco, il gioco era fatto, la sciocchina aveva abboccato all’amo che le avevo teso. Eccola lì che mi guardava come un pesce impaurito sperando in cuor suo (lo so per certo) che sarei stato il primo e l’ultimo degli uomini della sua vita.
I nostri sguardi si persero ancora nell’imbarazzo che precede l’amplesso, ma non si scoraggiarono, anzi, si intrecciarono e si baciarono scambiandosi ammiccamenti maliziosi.
Ecco. Era quello il momento. Dovevo agire all’istante. Il tempismo è tutto nell’arte della conquista.
Un complimento, una carezza lieve, delicata come a toccar la mano di una fata e poi… e poi l’accelerata finale, la corsa verso il traguardo amato, l’amore gagliardo di una giovinezza ormai sfiorita… cui afferrarsi senza mai cedere.
«Brucio d’amore per te, ardesia mia. Andiamocene da questa sporca via, vedrai quant’è bella casa mia».
«Mi spiace tradire i vostri nobili intenti ma mio marito mi aspetta e sappiate poi che con un vecchio non ci sono mai andata».
Il cuore non resse, stramazzai in terra senza certezze.
Lorenzo Borghini
ecco..
storia di un vecchiaccio di periferia…. ehehehe
😀
ma chi è Berlusconi? 😀 😉
bel raccontino..
due spaccati interessanti di due realtà umane post moderne…fin dove ci siamo spinti….
Una lezione di vita!
il Borghini ci porta nei prossimi rimpianti di vita! ai ai…
bello bello
complimenti