.“Hikobusha” è la storpiatura di una parola giapponese (hibakusha), che ricorre nei libri di Kenzaburo Öe. Significa pressappoco “sopravvissuto” ed è stata coniata nel secondo dopoguerra per riferirsi ai superstiti del disastro di Hiroshima e Nagasaki. Dalle rovine del dopobomba orientale alla provincia industriale lombarda, da cui provenie la band, il passo è meno lungo di quanto si pensi.
Pubblicato da Seahorse Recordings in collaborazione con MFA Prod., in distribuzione Audioglobe in tutti i negozi di dischi e su iTunes e altre piattaforme di download digitale (The Orchard Ed.), esce “Disordini”, il terzo album degli Hikobusha: undici tracce inedite -compresa la cover “Baby Play Dead” del combo australiano The Wreckery, in cui ha militato Hugo Race, membro dei Bad Seeds di Nick Cave e che qui collabora al brano in veste di chitarrista- che frullano spezzoni di pellicole italiane d’antan e brani di interviste a Italo Calvino e Alberto Manzi, sovrapposti ai versi del poeta statunitense Gil Scott Heron… un calderone di suggestioni senza apparente logica, attraversate dal cantato/recitato del vocalist Gammon e di cantautrici emergenti, come Cinzia Mai e Monica Postiglione, che contrastano col minimalismo della grafica del disco, realizzata dall’illustratore Gianfranco Enrietto (già noto per la sua collaborazione con i Calibro 35).
Il primo singolo estratto dalla tracklist è “Obliquità”: il video è affidato al regista Mattia Molinari, giovane ed eclettico film maker che ha collaborato alla realizzazione di clip con Francesco Sarcina (Le Vibrazioni), Luca Carboni, Nina Zilli, Tiziano Ferro, Club Dogo e molti altri artisti italiani.
“Obliquità“, opening-track del disco, è stato allora scelto come primo singolo che meglio rappresenta l’evoluzione della band, prossima a tagliare il traguardo del decennio di attività. Nel brano e nel video è presente il “featuring” di Monica P., che duetta con Gammon su un accompagnamento di solido rock autoriale, scuro e sensuale. Le riprese sono state effettuate in una vecchia villa padronale abbandonata e amplificano l’atmosfera di decadenza e raffinatezza tanto amata dal quartetto lombardo.
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