.– Quando è successo? Quando ci siamo persi?
– Buona domanda ma non ne ho la risposta.
– Eppure, dovresti saperlo; se non tu chi potrebbe mai dirmelo.
– Non è affatto facile da determinare, lo sai.
– Già, forse… forse non ti ho mai conosciuta davvero. Se non in pochi, inutili sprazzi di vita.
– Mi fai torto. Perché definirli inutili? Sono stati forse i tuoi momenti migliori.
– Ma cos’hanno cambiato? Cosa mi hanno dato?
– Per un attimo avrebbero potuto darti tutto ma continui a cercare un ritorno che io non posso restituirti; e questo sì, mi allontana ancora di più.
– No! No. Aspetta, non andare, rimani ancora un po’.
La spontaneità si voltò, sembrava umanamente sorpresa.
– Sono qui.
– Mi dispiace. Mi dispiace molto; ho sacrificato tante cose ma non puoi dirmi colpevole. Non è per il mio volere che sono qui.
Mentre alcune lacrime cominciavano a rigargli il viso, la spontaneità si avvicinò di più verso la sua figura; fece per asciugarle…
– Ho sacrificato molto per il solo fatto di non averti mai avuta davvero; ma nessuno mi ha permesso di scegliere. Nessuno ha mai chiesto il mio dannato parere.
– Questo lo so; forse è semplicemente così che doveva andare.
– Mi stai dicendo che è irreversibile? Che non posso farci nulla? Ah, quale novità!
Il tono della voce cominciava ad alzarsi, rabbioso. Lei continuava a farsi più vicina, e seduttiva.
– Le cose dipendono da me quanto da te. Non è con me che sei arrabbiato; forse lo sei per me.
Il giovane esitò un attimo; lei era così vicina da poterne sentire il respiro sul viso. Aveva l’impressione di poterla stringere; per la prima volta avrebbe potuto trattenerla fra le sue mani.
– Così dovresti essere contenta? No? È a questo che sarei dovuto arrivare per averti? E per non averti comunque, vero?
La mano che reggeva la pistola era tremante sulla tempia che adesso pulsava sotto il freddo tocco dell’arma.
…
– RISPONDIMI!
Allontanandosi, lei, cinicamente:
– Anche in questo cerchi una motivazione. Io non posso dartela. Questa non sono io.
La guardava allontanarsi ormai senza speranza; fredda in volto e con nessuna intenzione di tornare indietro. Stava per varcare la porta quando:
– D’accordo. Non cambierà niente a nessuno dei due. Addio.
Il dito cominciava a contrarsi sul grilletto; gli occhi si chiusero in una stretta atroce; lei di scatto corse verso di lui, a volerlo fermare? A guardare da vicino?
“Click”
“Click”; “click”
Il suono in canna non era quello aspettato; era vuoto, di un vuoto spaventoso che lasciava entrambi in un limbo di sospesa incertezza. Erano vicinissimi; guardandosi negli occhi potevano studiare l’uno l’anima dell’altra. Si fissarono fino a che gli occhi di lui non furono così pieni di lacrime da non lasciare più accessi. A nessuno; e, di nuovo, nemmeno a lei. Lo fissò ancora per un breve istante. Un’espressione cerea era la maschera che indossò prima di congedarsi in un glaciale:
“Addio”.
E così si dissolse; scomparsa più che andata via; svanita più che allontanata.
E lì rimase lui, per interi giorni, immobile, la pistola scaraventata lontano e sdraiato sul letto di una camera il cui soffitto non poteva nascondergli più alcun segreto. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva che avrebbe continuato a vivere così. Ad esistere; ma nella maniera che è propria ad un manichino.
Simone Fossella
l ho trovato bellissimo. complimenti
Grazie davvero!
virtu’ da non perdere… no manichini!
grazie Fossella…bellissimo testo.
Ma grazie a te. Troppo spesso data per scontata fino a perderla di vista, anche del tutto.
PIACIUTO MOLTO! <3
Mi fa molto piacere 🙂
bellissimo testo, sia nello stile che nelle nobili intenzioni
Grazie davvero giuseppe!
Mi hai lasciata senza parole.
Nakama grazie, sono contento ti sia piaciuto 🙂