Dal “1972” un timido Andreotti

Il 26 giugno 1972: primo governo Andreotti = 11 maggio 2020: primo album di Andreotti

Andreotti nasce nel 1993, nessun volto, o meglio un volto c’è ed è proprio quello di Andreotti, una maschera a celare una identità che non cerca fama. Questo progetto ha un unico obiettivo: la musica al centro. Come in un sistema solare, la musica è il sole intorno a cui ruotano pianeti che racchiudono sentimenti, relazioni, paure e desideri.
“L’ennesimo cantautore indie-pop del nostro Bel Paese”, ma qui viene il bello, la sua visione della realtà è tutto tranne che scontata e banale.
Il titolo dell’album “1972” non è stato scelto a caso puntando il dito sul calendario, tutt’altro. Il 1972 è l’anno del primo Governo Andreotti, mentre per il ragazzo del ‘93 è il suo primo album, quindi, il suo debutto nella scena indipendente.
1972” è un album che in 8 brani prende le basi del cantautorato italiano, le riadatta e le cuce su un suono elettronico. Un suono che forse non ci aspettavamo affatto, ma che suona bene, bene non perché orecchiabile, bene perché chi lo fa sa proprio come farlo, senza svilire il cantautorato e senza rendere l’elettronica “banale”.
Otto brani che non hanno un filo conduttore, ma che sono tutti parte delle esperienze personali di Andreotti e anche frutto delle influenze musicali che partendo dai Beatles arrivano al rock dei Led Zeppelin. Tutte queste sfumature rendono questo ragazzo senza identità qualcosa di più che il solito artista della scena indie-pop italiana.

Eschimesi” apre l’album e subito si presenta senza troppe smancerie, diretto e schietto e il suo messaggio è abbastanza chiaro: anche le cose che desideriamo tanto, che ci hanno reso felici ad un certo punto stancano. «Sai che c’è, c’è che alla lunga anche Parigi rompa i coglioni». “Eschimesi” se fosse un cocktail sarebbe un cocktail amaro dai gusti aspri, un cocktail da bere quando sei abbastanza cinico da girare le spalle ad un tramonto.
Winnie the Pooh” è il singolo estratto dall’album ed anche qui Andreotti, come in un lamento ci svela situazioni in cui magari le scelte prese in passato, dolorose e sofferte segnano un po’ il punto di non ritorno e per farcelo capire ci dice che nonostante tutto «Non è facile confessarti che stanotte è l’ultima notte che vivo». Ci sono confessioni che probabilmente non riusciremo a fare mai neanche a noi stessi.
Il terzo brano è “Droga”, sia per il titolo sia perché credo di averla sentita un numero indefinito di volte tanto da avermi creato una dipendenza. È bastata la prima strofa per portarmi in una stanza con le tapparelle chiuse dai cui buchi entra la luce del tardo pomeriggio, «Cara, non vedi che malinconia si fa diviso due e la tua droga è anche mia no, non andare via rimani a pranzo se vuoi lo so che usare nostalgia ha fatto male anche a te» e il colpo di grazia è arrivato con il ritornello «Ma non sapevo che le luci delle tre poi rimangono per ore a ricordarci errori e non dormono neppure alle tre», cosa aggiungere se non che le luci delle tre hanno davvero dentro tutti gli errori che purtroppo non prendono sonno mai.
«Ci hanno rubato i colori e il profumo, ci hanno rubato gli eroi», affermazione spesso utilizzata senza consapevolezza, ma che in “Colori” racconta di un presente monotono e noioso. Torna ancora il cinismo e l’accettazione che realmente questo è un presente che non fa più per noi”. “Colori” ha una coda strumentale che i colori ce li regala tutti, sta a noi scegliere le tinte che vogliamo utilizzare per disegnare meglio questo presente che, anche se alle volte sembra senza speranza ed eroi, ha ancora bisogno di colori per essere vissuto.

1972” è un disco personale ed autoprodotto, ha un sapore ed un colore “vintage”, dalla copertina al sound, passando per richiami calcistici degli anni ’90 ed influenze musicali che delineano bene la presenza di Andreotti nell’attuale panorama musicale italiano.
È un album che se avesse un colore sarebbe il seppia con sfumature di “grigio Londra”.
Un colore che mi ricorda un locale che frequentavo da ragazza, lo Zanardi, arredamento in legno, luci cupe che cercavano spazio nella cappa densa di fumo che ci aleggiava in testa (si poteva ancora fumare nei locali), tavoli su cui rimaneva incollato l’alcol e un po’ delle vite di chi ci passava.
1972” è come lo Zanardi, per quanto tutti abbiamo visto almeno una volta un locale con gli arredamenti in legno, lo Zanardi è l’unico che porta con se qualcosa che non tutti hanno, le mille sfumature della vita, e così fa “1972“.
Andreotti ha fatto centro. La sua musica ora è al centro!

Anna Mimmo

TRACKLIST:
Eschimesi
Winnie The Pooh
Droga
Luis Miguel
Sassuolo
Colori
Aristogatti
Lombroso

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