Cucina Sonora è il progetto di Pietro Spinelli, giovane ragazzo toscano, pianista di formazione classica che ha saputo ben coniugare i suoi studi al pianoforte con l’elettronica. Classe, eleganza, idee e tecnica nelle mani e nella mente del talento fiorentino lo hanno reso una delle figure artistiche del nostro panorama da tenere sott’occhio.
Qui mi ha spiegato quanto è importante il sale in cucina..
– Innanzitutto, se possibile, dacci maggiori informazioni sul nome? Perché Cucina Sonora? Vuoi suscitare un qualche tipo di immaginario “culinario-elettronico” nell’ascoltatore, o c’è dell’altro?
Il nome, nella pratica, non c’entra niente con la cucina. Ho scelto questo nome perché nel periodo in cui ho iniziato a provare con l’elettronica l’unica cosa che facevo nella giornata era suonare e cucinare, suonare e cucinare, niente di più. Ho scelto questo nome perché mi sono reso conto che avevo la solita attitudine sia davanti ai fornelli che davanti ai synth, al Mac o al piano. Talvolta si improvvisa, talvolta si segue una ricetta precisa, altre volte ci si arrangia con quello che si ha, altre volte ancora si comprano ingredienti a posta per una certa ricetta..
– Come mai un musicista come te, di formazione classica, ha deciso di spostare il tiro su un progetto prettamente elettronico?
Dal mio punto di vista credo che l’elettronica sia l’estensione moderna della classica, se fatta bene. Basti pensare che già gli ultimi compositori contemporanei di classica dirottavano spesso su sperimentazioni elettroniche. Non è chiaramente il mio caso, la musica che faccio io è già più “ascoltabile”; ad ogni modo mi piace vederla come un proseguimento dei miei studi, continuando a sperimentare.
– Quali sono gli ascolti che ti hanno maggiormente influenzato?
Senz’altro i Nine Inch Nails, per quanto il loro utilizzo dell’elettronica sia completamente diverso dal mio e pure come genere musicale siano piuttosto distanti. Chiaramente Francesco Tristano, che è un po’ la mia musa ispiratrice, che in un certo senso ha dato il via all’idea di questo progetto, vista la somiglianza di base, anche se poi la musica è piuttosto differente. Poi credo un po’ tutta la musica in generale.. sia elettronica che non.. Mi piace lasciarmi influenzare inconsciamente da quello che ho intorno e da quello che sento
– Come giudichi questo proliferare di artisti italiani sulla “scena” elettronica? Ti senti in qualche modo parte di questo clima, o segui un percorso tutto personale?
Credo sia una bella cosa no? Boh, onestamente vorrei sentirmi parte di tutto ciò, ma non so se mi sento dentro questo grande vortice. Non so se sia un bene o un male, forse è semplicemente sempre presto per poterlo dire
– Quando e perché ti sei trasferito a Berlino? Quali differenze noti, per quanto riguarda la musica, fra Italia e Germania? Come mai, secondo te, Berlino in particolare, è riuscita a imporsi, attualmente, come patria della musica elettronica, sempre che tu ritenga che questa affermazione sia vera?
Mi sono trasferito a settembre scorso, quasi un anno fa, per studiare musica elettronica. Senz’altro a Berlino, come credo in ogni paese fuori dall’Italia c’è una maggiore cultura sulla musica ma in generale sull’arte. Non viene messa in secondo piano come spesso succede in Italia, ma viene insegnata e fin da subito viene data un’educazione all’ascolto ai più piccoli. In generale si ha una maggiore considerazione di essa, e questo è uno dei motivi principali per cui Berlino attualmente è una delle città più importanti per l’elettronica e comunque per le novità musicali; è un gran porto di mare, dove si scontrano e si incontrano etnie provenienti da tutto il mondo, dove gli scambi sono continui. È senz’altro un terreno fertile dove piantare nuove idee e farle crescere. Per questo credo che stia tenendo bene l’elettronica
– Come nasce un tuo pezzo? Quanto tempo ci lavori, mediamente?
A volte nasce da una mia idea, a volte da un’idea del pianoforte che poi faccio mia e sviluppo. Ci sono brani che inizio a scrivere la mattina e la sera sono chiusi. Altri brani che finisco in mesi. Ogni brano è un’opera a sé, l’unica cosa che rimane identica in tutti i brani sono io.
– Come ha inciso, sul tuo progetto solista Cucina Sonora, l’aver militato come tastierista in due band (Il Maniscalco Maldestro e i Borrkia Big Band) precedentemente? Quanto ha pesato, per la nascita del progetto solista Cucina Sonora, il desiderio di una maggiore autonomia, se c’è stato?
Senz’altro mi ha dato la spinta e la forza di salire su un palco da solo e imparare a gestire tutto da me. Avevo bisogno di maggiore autonomia soprattutto da quando ho deciso che sarei andato a vivere a Berlino, avevo bisogno di un progetto che potesse stare attaccato solo a me e a nessuno altro, dove io potevo essere, decidere e fare quello che volevo, senza rendere conto a nessuno.
– Nel video del singolo “Tappa”, ho notato, nell’abito da re, nella sedia a sdraio, nella scena finale, un richiamo al video dei Depeche Mode “Enjoy the silence”? Si tratta di un riferimento voluto o solo di una mia personale interpretazione?
È un riferimento voluto, scritto e disegnato da Antonio Veracini, regista, insieme a Antonio Bartalozzi, del videoclip.
– Come immagini il futuro della musica da qui a 10 anni?
Non lo immagino, cerco di godermi il presente, che è già un’impresa difficile.
– Cosa sogni di notte?
Niente, di giorno però sogno un sacco
Domenico Porfido
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bello, davvero molto bello il brano!
caro Domenico, oggi mi ha fatto scoprire un gran bel musicista.
grazie Uki!
interessante personaggio
musicista di ottimo livello. influenze esaltanti per un brano davvero evocativo. un mix molto interessante. complimenti
bell’intervista del Domenico…
Ottima intervista ed artista molto interessante, se capita in giro lo andrò a sentire sicuro!