Criptomonete e cioccolato

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Questa RUBRICA parla di quel “consumo” incivile fatto da una società mercificata, la nostra; la stessa che qui prova a resistere con gesti locali e altre forme di autodeterminazione culturale (ispirati non di rado dal ‘mangiar e bere bene’)… mentre quel carrello della spesa si è smarrito in un momento di disattenzione del suo aguzzino

 

Sono diversi giorni che con un amico parliamo di criptomonete, anche dette Bitcoin. Le criptomonete sono una convenzione, un accordo tra due persone. Sanciscono il trasferimento di un bene o di un servizio contro un dato valore convenuto: si tratta di una stringa alfanumerica tracciata su server bloccati dove avviene il trasferimento di un valore in moneta elettronica.
Qual’è il loro valore? Teoricamente è nullo, in pratica, è un valore altissimo. bitcoin funzionano se si crede in essi e se molti li riconoscono aventi valore. Pertanto, una stringa numerica di bitcoin vale ad oggi circa €330.
Ce ne sono molte altre di monete elettroniche, con valore diverso, ma per semplicità ora parlerò di questa. Il “valore” esiste nel mondo digitale finanziario, vedi per i colossi quali Google o Amazon, ma li tratta anche il Governo cinese, JP Morgan o la BNP Paribas, dove in questi casi ha il valore di denaro. Da poco UBS tratta la conversione dei bitcoin in Franchi, prendendosi una commissione… e, se lo fanno gli svizzeri, che di banche e denaro ne capiscono, forse due parole vanno spese.

Nella nostra storia, per convenzione si è stabilito che alcuni prodotti o materiali, tipo l’oro, l’argento e a seguire anche altri minerali (soprattutto perché non deperiscono nel tempo), sono scambiabili, con un valore convenuto ad un tasso di cambio con le monete nazionali. Si tratta del denaro che si differenzia tra quello dei banchieri statali e la moneta, e un bene minerale o materiale vario in lega coniata. Oltretutto le banche usano ancora oggi conservare le sterline d’oro o i diamanti a garanzia di pegno o prestito; ancor meglio la banca eroga un controvalore spesso solo numerico per far fronte alle richieste. In principio il valore corrispettivo del pagherò, che sia ‘lettera di credito’ o ‘assegno’, era corrispondente in valore di oro… oggi invece, noi di Uki sappiamo bene come è andata a finire questa storiaccia! Ad ogni modo, per un periodo furono scambiate anche pietre, sacchi di cibo o spezie, animali o altro, ma dopo la prima crisi finanziaria dovuta al crollo del controvalore delle spezie del pepe e della noce moscata su tutte, si preferì pietre dure e oro.

In ogni caso, per la validità di un contratto l’importante è che ci sia un’accordo tra almeno due attori, il ché significa che ciò che si vuole scambiare deve trovare sia chi compra che chi vende.

Cosa significa allora la nascita di un mercato di un dato bene? A quanto pare con il digitale non è più necessario un luogo fisico dove si portano i beni da scambiare o dove chi cerca cibo o altro possa recarsi a comprare ciò di cui ha bisogno. Supponiamo per un solo momento che non esista uno Stato, una carta moneta, un cambio, né un ente di controllo… ma che quello che scambiamo sia tra soli uomini liberi… come potrei sapere o avere garanzie se lo scambio sia libero e onesto? Non c’è in effetti uno Stato, un Governo o una Magistratura a tutelarmi.. e nemmeno una stringa alfanumerica (non vi prendo in giro, è così). Provate oggi a riscuotere un credito da qualcuno che non vi paga… insomma, seppur con tutte le (criminali e insopportabili) pecche del Sistema, abbiamo capito cosa voglio intendere. Ed ecco che oggi arriva e nasce la criptomoneta… che non vi da certezze, salvo quella del trasferimento della stessa, e semmai di poter scavalcare gli Stati nazionali e le commissioni bancarie (ad ora, vedremo in futuro). Possiamo, quindi, solo fidarci del venditore, e lui si deve fidare di noi con il tipo di pagamento che io ho scelto.

Certo sarebbe più comodo se ci fosse un bisogno diretto di un bene semplice da scambiare, tipo baratto, io ho la lana tu il cotone, olio contro farina, sale contro zucchero, ecc… Tuttavia questo non è più stato semplice da fare, magari tu non puoi o non vuoi la mia merce di scambio e io non ho bisogno della tua merce ma di altra. Si è creata piuttosto un’intermediazione: nel nostro caso storico è nata la moneta o il denaro, appunto.
Il denaro è stata una bella invenzione finché è esistito. Esiste ancora in linea teorica per carità, ma oggi è solo numerico, cioè non è fisicamente un bene pesabile in oro o altro materiale. Io mi potrei anche fidare di Bruxelles e della Ue, come del Dollaro americano o dello Yen, ma sappiamo bene che se una speculazione ad un certo punto mi dice che quella moneta non “vale” più, allora il principio cambia e magari tutto ad un tratto la Lira o il Cruzeiro sono pezzi di carta buoni solo per accendere il caminetto. Il ché la dice lunga su molti aspetti..

Torniamo dunque alla circolazione di queste criptomonete, i Bitcoin ad esempio: unità monetarie di scambio fatte di soli numeri e stringhe alfanumeriche; ad oggi sembrano accrescere il loro valore, nondimeno, voi davvero dormite tranquilli e riuscite a fidarvi?
Per il momento non tutti la usano, e in molti non ne conoscono nemmeno l’esistenza. La legge economica primaria a cui fare riferimento è il cosiddetto prezzo di mercato, ossia il prezzo che giornalmente in tutto il mondo, grazie al sistema informatico unico, si danno alle merci e ai contratti nella Borsa. Il prezzo è stabilito sull’incontro dei prezzi di scambio in base ai due fattori di domanda e offerta, se aumenta la domanda cresce il prezzo, se aumenta l’offerta il prezzo scende. Ecco che l’oro, piuttosto che il cioccolato, è sempre richiesto, pertanto il suo prezzo è tipicamente alto. Ciò nonostante, se teniamo conto del nostro punto di partenza, ossia che la moneta e il valore sono una convenzione socio-culturale, le cose potrebbero non essere sempre così certe… tornando così al solito nocciolo del problema!
Per capire ancora meglio, mettiamola così… poniamo per un attimo di vivere nel 1500. Durante “La conquista del Messico” (1519/20) Bernal Diaz del Castillo, allora soldato, raccontò una storia: il conquistadores Herman Cortés si assentò dalla capitale atzeca per un breve viaggio. In absentia del boss il suo vice, Pedro de Alvarado, interruppe la celebrazione religiosa di Toxcatt e compì “il massacro del Grande Tempio” dove morì in circostanze non chiare l’imperatore aztecho Montezuma; e, come da copione, Pedro de Alvarado quella notte stessa trafugò il tesoro. Alvarado era convinto di mettere mano ad un’enorme ricchezza, ma lui e i suoi sgherri trovarono “solo” 50 tonnellate di cioccolato purissimo (non sapendo che quella era la “moneta” degli Atzechi). Per de Alvarado era la fine, non gli crederono ne Cortes ne tantomeno il Re di Spagna, tanto che finì la sua carriera nelle carceri spagnole. Gli spagnoli volevano “l’oro”, non sapevano che farsene del cioccolato – di qui la leggenda sulla “caccia al tesoro di Montezuma”. Per i conquistadores il cioccolato era una pianta, impossibile pensare che per atzechi e maya era “ricchezza”, per loro invece era cibo e neanche tanto buono.
Allora vi chiedo: e se vi svegliaste oggi e scopriste che il cioccolato è diventato la moneta statale di scambio?

Daniele De Sanctis

 

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7 Comments

  • un articolo un po’ superficiale ma al solito brillante, come ci ha abituato Daniele
    ci sarebbe molto da dire , in ogni caso i dubbi sulle incertezze ci stanno

  • beh dovevano mettere uno specchietto per le allodole .le incertezze sottolineate da De Sanctis sono insite al sistema monetario che e’ una convenzione su valori fittizi
    e a pensare che su quel nulla la finanza distrugge paesi e famiglie

  • in realtà potrebbe effettivamente trattarsi di un vero e proprio protocollo di fiducia su cui si possono costruire contratti, reti e sistemi di scambi trasparenti potenzialmente applicabili a settori diversissimi come le banche, l’energia, la sanità e molti altri

    poi certo se tutto ricade in mano alle banche centrali, è la fine!

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