A qualche settimana dalla conclusione del Romics 2012, ci siamo trovati di nuovo davanti una sexy tribù di spersonalizzazione dell’identità… una paranoia del “dettaglio”, una moda di un fenomeno culturale specchio dei nostri tempi.
Da sempre l’uomo ha cercato di celare la sua identità in varie occasioni, celebri sono le maschere greche, i balli del Re Sole, il carnevale di Venezia; che sia Halloween o il carnevale per quanto mi riguarda ogni occasione è buona per mettersi in maschera e diventare chi non siamo.
Le giornate di evasione in cui nessuno ci giudica se siamo in un succinto abitino da strega o da Jack lo squartatore sono occasioni amate da molti di noi; non tanto perché non siamo soddisfatti di chi siamo ma, piuttosto, perché abbiamo l’irrefrenabile voglia di “evadere” dalla quotidianità.
Oggi esiste un nuovo “hobby” che ci permette di essere il nostro idolo ogni volta che vogliamo, senza il limite delle feste carnevalesche. Qualcuno molto più importante di me disse, parafrasando il suo pensiero, che «ognuno di noi non è mai se stesso ma la maschera di se stesso». Mi sono trovata più volte a riflettere su questa idea, ma, ultimamente mi sono accorta che tante altre persone lo fanno e anche se forse non conoscono questo pirandelliano concetto hanno fatto del mascherarsi uno stile di vita.
Era il 1984 quando un giapponese, una delle culture più affascinanti che mescolano tradizione e tecnologia in molti aspetti della loro vita, Nobuyuki Takahashi, direttore dello Studio Hard Deluxe, dopo aver partecipato al Los Angeles Science Fiction Worldcon dove i fan di Star Trek iniziarono a riunirsi presentandosi in costume, coniò il termine “Cosplay“, il quale deriva dall’unione di due parole «costum» costume e «play» interpretare.
Ciò che distingue il semplice travestimento dalla pratica del cosplay è la voglia di reinterpretare e far vivere, anche a chi non conosce direttamente i personaggi che ispirano i loro costumi, le storie dei loro idoli. Il cosplay è un atteggiamento culturale vero e proprio paragonabile alle tribù, ogni singolo appartenente a queste neo-tribù cerca di raggiungere all’interno del gruppo ciò che noi tutti ricerchiamo anche nella vita reale, ossia consenso, approvazione e suscitare stupore attraverso la realizzazione di costumi molto dettagliati al limite dell’ossessione.
In Giappone e nel resto del mondo questo fenomeno è in continua crescita tanto che gruppi di cosplayer si riuniscono non solo durante le fiere ma anche nelle strade ballando al ritmo delle sigle del manga interpretato. Anche qui in Italia esistono manifestazioni paragonabili a quelle giapponesi, le più note sono il “Romics” e il “Cartoomics” dove non è raro trovare maschere che non hanno nulla da invidiare ai cosplayer del resto del mondo.
Il cosplayer è iniziato attraverso i travestimenti di saghe mitiche come “Star Wars“, “Star Trek“, ma, negli ultimi tempi come ogni fenomeno moderno si è evoluto e hanno guadagnato un posto di rispetto non solo la fumettistica giapponese ma anche quella americana, tanto è vero che la celebre casa editrice “Marvel” ha organizzato il “Costoberfest“, ormai alla sua seconda edizione dove i cosplayer possono esibirsi nelle vesti dei più portanti personaggi dei fumetti e dei film holliwoodiani.
Molto importante è non confondere il cosplayer con un semplice fan. Infatti, non si limitano al collezionismo, la ricerca degli oggetti più impensabili e verosimili è spesso finalizzata alla realizzazione del costume il più possibile vicino al modello di riferimento. Questo fenomeno culturale porta a spese di tempo e di denaro ecco perché la società si è adeguata alle esigenze di questi scrupolosi collezionisti creando negozi specifici per i loro costumi. Ciò che rende un costume migliore di un altro in questo mondo colorato al limite tra realtà e finzione è il dettaglio, in queste comunità si premia con l’ammirazione chi è riuscito a dare quel tocco personale e unico: la gloria spetta a chi non si è limitato ad “acquistare” un costoso abito come ognuno di noi potrebbe fare ma a chi si è impegnato a realizzare un costume originale. In questi neo-gruppi ciò che rende incomparabili nonostante il travestimento, da sempre simbolo di spersonalizzazione, è l’unicità dei singoli, ad esempio uno stesso soggetto di un famoso fumetto sarà più o meno ricco di alcuni dettagli a seconda della persona che lo ha scelto. Credo che ciò che viene premiato dalla tribù sia la personalità peculiare dell’individuo anche se questa è celata dietro una maschera. È un hobby molto complicato e dispendioso, personalmente sono sempre convinta che la persona che siamo ogni giorno sia ciò che di più fantastico esista nonostante i vari tentativi della società di omologarci, ma una lezione la dobbiamo imparare da questi maghi del travestimento: ed è la tenacia nel distinguersi e la loro capacità di premiare l’atipico.
Marilena Grasso
che cosa folle
però è simpatica dai…
si,ma quando esagerano però,diventando altro da loro stessi,direi che è troppo
spettacolare! mi sono perso quest'appuntamento..
io lo trovo molto interessante,in realtà penso che siano molto piu personali le loro scelte rispetto a quanto possa apparire inizialmente…
si lo credo anch'io. credo che oltre ad una passione viscerale per quel mondo, dietro ci sia anche una forma d'arte!!!
esattamente..anche io adoro mascherarmi e so il lavoro e la pazienza che c'è dietro ogni dettaglio…;)
l'arte porta alla spersonalizzazione, che è diversa dall'alienazione indotta dalla società!
l'importante è che sia un processo catartico, almeno in genere.. :O
hai ragione Biagio M.
preferisco i cosplayer ai "modaioli"!
Una cosa del genere poteva nascere solo in Giappone(adoro i giapponesi), e solo dalla mente di un giapponese!
già è vero, solo i giapponesi potevano arrivare a tanto…
sono stati i primi e noi da bravi emulatori ci proviamo ad arrivare ai loro livelli!!!