Questa RUBRICA parla di quel “consumo” incivile fatto da una società mercificata, la nostra; la stessa che qui prova a resistere con gesti locali e altre forme di autodeterminazione culturale (ispirati non di rado dal ‘mangiar e bere bene’)… mentre quel carrello della spesa si è smarrito in un momento di disattenzione del suo aguzzino
«Non solamente il bello ma forse la massima parte delle cose e delle verità che noi crediamo assolute e generali, sono relative e particolari. L’assuefazione è una seconda natura, e s’introduce quasi insensibilmente, e porta o distrugge delle qualità innumerabili, che acquistate o perdute, ci persuadiamo ben presto di non potere avere, o di non poter non avere, e ascriviamo a leggi eterne e immutabili, a sistema naturale, a Provvidenza etc. l’opera del caso e delle circostanze accidentali e arbitrarie» (13 Agosto 1820). Questo lo scrive Giacomo Leopardi nello ” Zibaldone” dei pensieri. Non è mia ma la condivisione è totale.
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Scrivo volentieri per il gruppo di Uki queste parole per un invito a riflettere su un concetto che cerco di esprimere in quasi ogni articolo: quello della “qualità”. È dal 1973, cioè dalla stesura del “Manifesto della Nuovelle Cousine” che Chef, produttori e soprattutto pubblicitari si riempiono la bocca della parola “Qualità“.
Ora, parlando di qualità ci soffermiamo spesso a quello che Leopardi definisce “leggi eterne e immutabili“, ma che in realtà spesso sono banali fiocchetti a nascondere sotto il tappeto la cenere del caminetto. Ogni pezzo che sin ora ho scritto, prende come riferimento alcuni fattori. Ogni articolo o filippica, parte da una notizia più o meno nota, l’osservazione di un fenomeno che indica degli umori, opinioni, per meglio dire un trend, una lettura tra le righe di una notizia che viene abbellita o infiocchettata tra la pubblicità.
Mi sono abituato da tempo a sapere come si inventa una notizia o come la si nasconde, prendendo come parametri di riferimento alcuni concetti. Parafrasando un famoso film, Paolo Fracassi scriveva “Sotto la Notizia Niente” sulla storia delle false notizie… così, di solito, nel leggere o nello scrivere uso come riferimento le “Lezioni Americane” di Italo Calvino. Ed ecco che mi pongo sempre lo stesso quesito, dov’è la Qualità? Ora io non sono in grado di risolvere la questione, ci mancherebbe, non sono una parrucchiera, un ragioniere, un filosofo o un adepto di qualche setta cristiano risorta. Io piuttosto, vi dico come la vedo io, e se vi va, mi piacerebbe avere delle vostre opinioni. Per cui se di Qualità che parliamo, cosa intendiamo?
La Qualità, io la vedo così: ho lavorato per anni nella speranza di avere un’espressione qualitativa-oggettiva delle cose che facevo. Ho lavorato per una decina di anni nella distribuzione e poi nella produzione dei media producendo documentari e serie televisive. L’impegno profuso, non è stato quasi mai premiato né dagli ascolti, né in termini economici. Solo una volta un documentario ha superato le medie del canale televisivo. Si è sempre verificato un contrasto tra ciò che consideravamo la qualità e ciò che invece veniva percepito o realizzato. La questione ad un certo punto si è rilevata complessa e autopunitiva, non ottenendo altri contratti ho finito per pensare che i miei lavori fossero di bassa qualità e quindi non interessanti. Da un po’ di tempo ho ricominciato la ricerca della mia qualità, che non è quella del pubblico né quella dell’audience o quella dei premi o del Like di Facebook. La qualità a cui faccio riferimento è piuttosto quella dell’Essere, della soddisfazione personale nel produrre al massimo delle proprie capacità oggettive, ambendo al migliorarsi. Questa qualità non produce fortuna e gloria. Non si tratta di concentrarsi ed applicarsi al solo fine di concordarsi con la parte del mondo che riteniamo giusta o degna di essere guardata. A questo punto la qualità è intesa come quella che Robert M. Pirsig descrive in “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta“: «La qualità… sappiamo cos’è eppure non lo sappiamo. Questo è contraddittorio. Alcune cose sono meglio di altre, cioè hanno più qualità. Ma quando provi a dire in che cosa consiste la qualità astraendo dalle cose che la posseggono, paff!, le parole ti sfuggono di mano. Ma, se nessuno sa cos’è, ai fini pratici non esiste per niente. Invece esiste eccome. Ovviamente alcune sono meglio di altre… ma in cosa consiste il “meglio”?».
Il meglio è probabilmente il limite. Se i raffronti sono con un meglio comune e condiviso, ma se il riferimento è il denaro, il potere, il raggiungimento di un fine effimero, allora il meglio non è qualità e non avrebbe senso parlarne. La questione è come trovare un ‘meglio‘ di riferimento. Se tendenzialmente propendete al denaro, allora non è la qualità che cercate, e se preferite la bellezza, questa non basta. Cosa intendete per Qualità? Come la vedete la qualità? Se magari la misurate in tempo, spazio o in successo e piacere… Se la qualità c’è, esiste indipendentemente dal tempo e dal successo.
Pirsig stesso avverte: «Qualsiasi sforzo abbia come obiettivo finale l’auto glorificazione è destinato a concludersi in un disastro». Aggiunge: «Qualsiasi lavoro tu faccia, se trasformi in arte ciò che stai facendo, con ogni probabilità scoprirai di essere divenuto per gli altri una persona interessante e non un oggetto. Questo perché le tue decisioni, fatte tenendo conto della Qualità, cambiano anche te. (In meglio Nda.). Non solo cambiano anche te e il lavoro, ma cambiano anche gli altri, perché la Qualità è come un’onda. Quel lavoro di Qualità che pensavi nessuno avrebbe notato viene notato eccome, e chi lo vede si sente un pochino meglio: probabilmente trasferirà negli altri questa sua sensazione e in questo modo la Qualità continuerà a diffondersi».
Fare del proprio meglio, dare il massimo, concentrarsi e produrre cose interessanti col cuore e la mente aperti all’esperienza. Quindi per fare bene e con qualità, che cosa serve?
La massima più nota è che servono: denaro, tempo, capacità e conoscenza. Se ne hai una normalmente non hai le altre.
Non coesistono mai in misura necessaria, sufficiente. Piuttosto una viene in soccorso all’altra. Serve qualcosa in più, la volontà e l’idea… la passione. Unendo tutti questi fattori si riesce ad avere la Qualità? E poi che farci? Niente assolutamente niente. La qualità per funzionare serve soltanto a mettersi alla prova, dimostrarsi vivi e partecipi.
Il giudizio degli altri è la conseguenza del proprio sforzo verso la Qualità. Non è un obiettivo il giudizio, è la conseguenza di quando si vuole ottenere il proprio massimo. Il fine della qualità è il miglioramento personale. L’effetto è commisurato ai propri sforzi e alle proprie capacità.
Questo è ciò che credo sia il modo di fare la qualità: dare la parte migliore di sé in qualsiasi cosa si fa, farla col cuore aperto e senza pensare ad altro… solo così si ottiene la più autentica Qualità. Pertanto quando si parla di qualità io parlo di questo. Poi, quando su un prodotto confezionato in milioni di pezzi, con scadenze ad ere geologiche, leggo su scritto la parola Qualità… ecco che mi cascano le braccia.
Daniele De Sanctis
come darti torto …
concordo in toto Daniele ….
un’espressione qualitativa-oggettiva di cio’ che si sta facendo ….. sono pienamente concorde, anche se a quel punto sarebbe da parlare di cosa e’ l’oggettivita’ e se il giudizio in merito sia universale …..
io penso che il senso del discorso di De Sanctis sia giusto , ma con questi concetti ne entrano sempre in gioco altri altrettanto fumosi ……
Si certo è un discorso immenso,però è interessante il punto di vista leopardiamo sottolineato da De Sanctis …. rende la qualità un valore ideale
L’impasse sta come descritto dall esperienza di Daniele nello scarto tra cio’ che ci piace fare e cio’ che deve funzionare sul mercato …. qualcosa che raramente si accorda purtroppo. e questo è avvilente perché fa qualità selettiva emarginando chi sta fuori dal giro del trend mainstream
e quindi la qualita’ oscilla tra la necessita’ e la propria passione … bella roba!
qualità sta nel produrre ambendo al proprio meglio, ma per ottenerlo bisogna ottenere competenza. ma quando si ha competenza e gusto proprio, difficilmente si otterrà guadagno economico. piuttosto trasmissione di principio di qualità. in altri termini persone tipo kubric o kurosawa, per il cinema, enzo ferrari, ferro o scarpa, gio ponti, forster wallace, magris, non cercano gloria intesa come denaro ma si concentrano sul contenuto, ottenendo qualcosa che va al di là delle mode. piuttosto generando degli standard che trasmettono qualità. a cui bisogna per avere qualità medesima ambire. la qualità non da gloria e successo piuttosto impone agli altri di mirare ad ottenerla.
ottimo Daniele! brillante appunto!
concordo!