Contadini dai cervelli fini

Per migliorare, bisogna cambiare!

È ovvio che essere costretti a non poter esercitare il lavoro che si è sempre sognato significa non essere pienamente soddisfatti, ci sembra di non migliorare mai, ma è sicuro che per migliorare, in ogni caso, bisogna cambiare! Siamo in una saturazione di un’epoca, in piena crisi, ma l’importante è che non muoia mai l’impreditività… che non muoia mai la voglia di nuovi orizzonti. Quando muore l’iniziativa creativa e propositiva, allora si, che siamo di fronte una vera crisi… a costo di tornare a fare i contadini, stavolta facendo un sacco di soldi però!

 

“Contadini, scarpe grosse e cervelli finì“. Così declamava un vecchio detto popolare italiano e la Spagna, a quanto pare, lo sta attuando alla perfezione. Infatti, è notizia di qualche tempo fa che le politiche restrittive che il governo ispanico ha messo in atto per fronteggiare la crisi, hanno costretto molti giovani con studi superiori, i cosiddetti “Nueves agricultores“, a darsi alla vita di campagna e all’agricoltura.

La tradizione spagnola inquadra il contadino come una persona di sesso maschile, di età avanzata e, sopratutto, non incline alle nuove tecnologie. Ma si sa anche le tradizioni cambiano. Tutto è in divenire diceva un filosofo e allora i nuovi giovani agricoltori spagnoli si fanno strada in un antico mestiere con un pizzico di biotecnologie.
Ma perché c’è questo ritorno alle origini? La crisi è la sola risposta? Prendiamo la scusa di questa notizia per trovare qualche spiraglio a questo periodaccio che stiamo passando.
Si dice, per usare ancora una volta la saggezza popolare, che la necessità fa virtù, e allora ecco un ritorno alle origini, a quella terra che i nostri studi e le nostre accademie ci fanno ritenere il più delle volte solo sudicia e non degna di sporcare le nostre mani che hanno solo voltato le pagine di manuali di ogni sorta. Adesso, invece, c’è chi, da quella terra vuole trarne guadagno.
L’economia consumistica e globalizzata vuole sempre di più, così un giovane ingegnere spagnolo ha risposto ai “tempi” con il lavoro nella sua di terra, quella vera, cosa che ora gli produce ben 16 qualità di riso con un guadagno di milioni di euro e, a suo, dire di tanta felicità.
Certo, forse dopo tanti anni di studio non ci si aspetta di ritornare a compiere il lavoro dei nostri nonni, quello raccontato nei film in bianco e nero ma questi giovani non si scoraggiano.
Lo studio rende migliori ma non superiori e spesso un bagno di umiltà servirebbe ad ognuno di noi. La Costituzione italiana nell’articolo 4 comma 1 enuncia: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Tuttavia, la domanda che vorrei porre è una domanda al contrario vale a dire: alcuni giovani laureati spagnoli, e non solo, hanno deciso di trasformarsi in contadini, così la mia domanda è: perché no? Voglio dire che parlare e ancora parlare di ciò che la crisi ci ha tolto è molto facile e tristemente noto a ognuno di noi. Perciò la mia personale risposta alla domanda è che non esiste nulla, tanto meno una fantomatica crisi economica anche se da record, che impedisca ai giovani laureati o meno, di continuare a perseguire, attraverso lo studio, il proprio sogno di gloria fino allo stremo delle forze per arrivare a trovare il lavoro che da piccoli descrivevamo nei temi, quello che ci ha portato a fare le nottate sui libri. Allo stesso tempo, se questa caparbietà viene meno per tanti motivi, da quelli sociali a quelli legati alle priorità che ad un certo punto si pongono sul cammino della vita e che richiedono la certezza di un lavoro e di conseguenza di uno stipendio, allora che ben venga il coraggio, perché di questo anche si stratta, di cimentarsi in ciò che mai nella vita avremmo in assoluto pensato per noi stessi.

L’articolo della Costituzione parla di “propria scelta” ed è questo alla base di ogni decisione. E’ questo senso di libertà che ci deve guidare.

Il lavoro rende autonomi non liberi; è la nostra volontà nel costruirci un futuro ad essere libera. La svolta sbagliata ci porta dove mai avremmo creduto ma allo stesso tempo non sappiamo a priori se sarà o meno la strada adatta a noi dopotutto, come diceva John Lennon: «La vita è tutto ciò che ci succede mentre facciamo progetti per il futuro».

 Marilena Grasso

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10 Comments

  • "il lavoro rende autonomi non liberi": verissimo! per l'autonomia bisogna essere intelligenti, funzionali a livello economico. per la libertà invece è questine di sentimento, di passioni e creatività

  • bè, se poi il lavoro coincide con la nostra passione? allora c'è da mettere la stessa libertà anche nella nostra professione. ma è questa libertà che non di rado ci manca oggi

  • sicuramente qui l'articolo risponde ad un problema/necessità generale. è ovvio però che se sia ha la passione per un determinato lavoro , ognuno ha il diritto per ottenere quello. però, in linea generale, trovare un'occupazione può anche essere un disvorso di funzionalità, come dice Lumi00. reinventarsi, avere idee, occupare nuovi spazi… il primo video è bellissimo e spiega bene il senso..

  • grazie mille per il tempo che impiegate nel leggere le mie parole… grazie… questo articolo l ho molto sentito una problematica che mi coinvolge!

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