Le conseguenze accettabili della morte

Report esistenziale dal confine con Gaza (Part. 2)

Guarda! Oltre quel muro c’è vita, oltre quella barriera c’è un posto che per alcuni è casa. In guerra la vita viene al secondo posto

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Prima della morte la paura, stimolo alla sopravvivenza, libera accettazione della prevaricazione. La storia è testimone di molteplici massacri sotto il segno di una bandiera: verde dell’Islam, blu come la stella di David e lignea come la croce di Cristo. La paura è attuale e vive nella scatoletta di Gaza o nei grattaceli di Tel Aviv. Gira per strada, domanda degli attentati del 2002 (la seconda intifada), quando il terrore correva per strada, la risposta sarà un cazzotto al fegato ben assestato. La morte vive nei ricordi delle persone, tramutandosi in un kamikaze nella discoteca o in un missile sopra la casa. Le ferita sono così vive, così presenti che non possono essere dimenticate.

Banalmente l’odio genera odio, uccidendo la ragione. Chiedi ad un israeliano di essere obbiettivo, nello sguardo il ricordo di un cugino, un fratello, una nonna o un nipote assassinati da una carica di tritolo. Chiedi ad un Palestinese di essere giusto, nella mente il proiettile vagante che ha soffocato per sempre i sogni di un figlio.   Mentre i due paesi grondano sangue, recente o passato, la paura funge da scarica adrenalinica. Questa iniezione non cristalliza, ma si tramuta in speranza di ricostruzione, partendo dalle macerie di Gaza e passando per i sogni dei giovani israeliani. La guerra è una costante con cui condividere la propria vita. Nasci, vai a scuola, il primo bacio, la prima scopata, il primo fucile… Ma la paura non è soltanto uno stato d’animo, è una delle ragioni più solide che scatenano il conflitto. La paura vive nei palazzi dei principi arabi dei vari paradisi petroliferi.

Le dittature nel Medio Oriente, vedi Egitto, Libia e Siria, attualmente, hanno vita breve. La logica è stringente, sponsorizzare, tramite armi e flussi di denaro, le frange estremiste, al fine di evitare una ribellione in casa propria. Tenere buono il lupo in un altro Stato allontana la paura. Un missile e 30 civili al giorno levano il medico di torno. Cinismo? Forse, avvalorato ancora di più dall’altra ragione del conflitto: destabilizzare il Medio Oriente porta ad un impennata del costo della beina. Oro nero.

La paura giustifica, permette di negare diritti. La paura immobilizza, creando strati sociali composti da cittadini di serie A e serie B. La paura focalizza l’attenzione sul diverso, estraniandolo. La paura non autorizza una progressione, accumulando badilate di merda l’una sopra l’altra. In mezzo a questo viatico, composto da dolore e dramma, la concretezza dei sogni e delle speranze si fa più forte. Tra le rocce ed i sassi di questo territorio la vita sgorga e si attacca a qualsiasi via di fuga dal presente, cercando nel futuro una realtà diversa, magari migliore.

Davide Lemmi

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 . . > Part. 1: “La seducente attrazione della guerra

Part. 3: “Cristo si è fermato a Tel Aviv

Part. 4: “Betlemme: a 500 metri dall’inferno!

> Part. 5: “Immagina, puoi…

 

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