Premessa
Questo articolo non è dedicato a Maschilisti, Femministe, ed in generale Analfabeti Funzionali, categoria che racchiude entrambi i movimenti.
Questo articolo è per persone senzienti.
È il mio articolo, sulla mia pagina di blog, ed è un articolo che NON parla di COSA PENSO, ma dei numeri di due fenomeni.
È un articolo che racchiude dati su dati, e che non vuole demonizzare niente e nessuno, ma darvi l’esatta dimensione dei numeri.
Introduzione
I Femminicidi (dai usiamo questi termini orrendi che differenziano uomini e donne, si dai nel 2018 continuiamo così), intesi come donne uccise da uomini in quanto donne (o in quanto legate all’uccisore da un vincolo sentimentale) e i maschicidi (stessa cosa al contrario), sono in diminuzione da anni e mantengono numeri simili. Lo sapevate?
Eppure solo i femminicidi sono considerati emergenza.
Perché se sono in diminuzione?
E perché considerare femminicidi tutti i numeri di donne morte, quando dalla tabella risulta che solo alcuni sono riconducibili a delitti passionali e uccisioni di donne per misoginia?
I maschilicidi invece non esistono per la stampa. Eppure i numeri dicono il contrario.
Ripeto, a te idiota che non vuoi capire, che questo articolo non vuole attaccare chi parla di morti, ma chi parla dei soli omicidi di donne, e demonizza l’uomo in quanto maschio, pensando che sia un problema che verte solo sul sesso femminile (ripeto, non è un discorso maschilista, sono dati!).
In un articolo di Marina Dalla Costa, che riporta i dati del Ministero dell’Interno chiamato “Gli Omicidi Volontari”, dice che «In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa. Il dato che fa riflettere è che sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno. Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini. Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini. L’Italia è uno dei paesi al mondo con il più basso tasso di omicidi femminili: 5 per milione all’anno, circa la metà che nei nostri paesi confinanti (9 per milione per anno in Francia, 7 in Svizzera, 13 in Austria…). Fra i grandi paesi, solo Giappone, Irlanda e Grecia hanno tassi minori. Una donna italiana ha, in tutta la sua vita, una probabilità dello 0.05% di subire un omicidio. Se non ci fossero altre cause di morte, una donna vivrebbe in media 200mila anni prima di subire un omicidio. Per fare un confronto, è la stessa probabilità di morire in un incidente con un trattore: in entrambi i casi circa 150 decessi all’anno [Dati ASPAS 2010]. Nessuno parla di ‘trattoricidio’. Il numero di donne che si suicidano (22 per milione per anno) è più del quadruplo di donne vittime di omicidio. Nessuno parla di “auto- femminicidio”. Unico vero numero da strage è quello dei bambini abortiti (7800 per milione di donne per anno, per un totale di 5 milioni dal 1982 ad oggi sola Italia)».
Questo articolo della Dalla Costa è molto interessante, perché evidenzia come un evento tragico, come la morte di una donna per mano di un uomo, è comunque rientrante in un fenomeno che non qualifica quella uccisione come odio misogino, ma come fenomeno criminale.
Lo stesso articolo ed i numeri dell’Istat evidenziano come sia errato il calcolo dei femminicidi che viene riportato di solito nelle discussioni al riguardo.
Rileggere i Dati ISTAT del 2016
Secondo l’Istat nel 2016 le donne vittime di omicidio sono state 149, lo 0,48 per 100.000.
Tra i 22 paesi della UE solo Austria e Lussemburgo hanno cifre minori.
Il che significa che l’Italia è terza nella sicurezza delle donne sul territorio.
Gli omicidi di uomini invece sono lo 0,9 per 100.000 in costante diminuzione dal 1992.
Come vediamo dai grafici mentre gli omicidi di donne sono diminuiti dallo 0,6 allo 0,4, quelli degli uomini sono passati dal 4% allo 0,9%.
La motivazione è legata alla contrazione degli omicidi legati alla criminalità organizzata che coinvolgono quasi esclusivamente uomini (sempre secondo le parole dell’Istat).
Queste tabelle dell’Istat confermano il fatto che per ogni donna uccisa ci sono almeno 3 uomini uccisi a loro volta.
Ma il dato più interessante è la colonnina di destra. Se si considerano le uccisioni per mano di partner od ex il tasso si dimezza. Ciò significa che delle 149 donne uccise, poco più della metà sono uccise da partner, ex o amanti.
E allora perché si usa la cifra di 149?
Come vediamo non tutti gli omicidi di donne possono essere ricondotti alla sfera sessuale o passionale, se consideriamo anche le 33 uccisioni per parentela.
Nel caso degli uomini invece, le uccisioni per partner sono decisamente più basse, ma le uccisioni per sconosciuti maggiori.
Quello che è vero di tutta la questione del femminicidio è che le donne vengono uccise più spesso nell’ambito familiare, ma in questo ambito una buona percentuale non è determinata dal partner.
Inoltre di 149 omicidi solo una parte è compiuta da uomini, e non la totalità degli stessi.
La tabella Istat infatti non parla di omicidi di donne commessi da uomini, ma di omicidi di donne e basta.
Se possiamo considerare 59 più 17 come femminicidi effettuati da uomini (perché questa dovrebbe essere la caratteristica principale dei femminicidi), gli altri 73 omicidi di donne non sono riconducibili esclusivamente a uomini.
E allora perché si usa lo stesso quel numero per indicare i femminicidi, facendo credere che siano tutti compiuti da uomini?
I Dati del Viminale diffusi nel marzo 2018 riferiti al 2017
Su “Il Giornale” del 9 giugno 2018, Barbara Benedettelli, una donna, evidenzia come nel 2017 sono state uccise in Italia 355 persone, e non 400 come nel 2016. Ma come di queste 355, solo 236 nelle Ris (“Relazioni Interpersonali Significative”).
E di queste 236 i femminicidi sono 120 ed i maschilicidi 116.
Cosa significa?
Come scrive la Benedettelli, che ha svolto una indagine al riguardo, «In occasione della stesura del pamphlet “Il maschicidio silenzioso” e di “50 Sfumature di violenza”, mi sono posta semplici domande: perché, nonostante tutto quello che si fa per contrastare la violenza di genere, le donne muoiono in media nello stesso numero? Perché se alla base del fenomeno c’è una relazione, lo si guarda da un solo lato e con uno schema fisso e semplicistico che non tiene conto della complessità e della natura di ciò che si osserva? È nata così l’indagine di cui pubblichiamo parte dello sconcertante risultato. La raccolta dei dati, poi divisi con criteri in grado di dare a ogni omicidio la corretta collocazione, si è avvalsa dello stesso gioco di prestigio che i teorici del femminicidio fanno nel rilevare le vittime femminili: non tener conto del fondamentale rapporto vittima/carnefice e del movente, fondamentali, invece, per determinare le cause e intraprendere le giuste azioni preventive. E se facciamo lo stesso esercizio mistificatorio e la stessa deviazione culturale, potremmo dire che nel 2017 escludendo i delitti in ambito criminale – i “maschicidi” sono stati più dei “femminicidi”: 133 contro 128. Dati che emergono dai fatti e i fatti, per dirla con Hannah Arendt, sono ostinati. Ma si possono davvero chiamare così?
ll numero emerge dalla somma tra gli omicidi avvenuti nelle Ris e quelli il cui autore è uno sconosciuto che ha ucciso persone innocenti: è la stessa somma fatta da chi sostiene a spada tratta il femminicidio, e che, per esempio, conta anche le donne massacrate in casa o in strada da chi voleva rapinarle. Ma non sono state uccise in quanto donne, semmai in quanto vulnerabili. In questo ambito muoiono soprattutto anziani e ragazzi, e in particolare sono i maschi a essere uccisi in modo sproporzionato: 17, contro 8 donne, nel 2017. Sproporzione che rimane anche negli omicidi di prossimità, quelli tra vicini di casa, conoscenti, amici, colleghi: le vittime maschili qui sono 39, 14 quelle femminili. La parità si raggiunge dove c’è un legame di sangue: 40 e 40. Però solo l’ingiusta morte delle donne suscita scandalo, orrore, impegno civile e politico. Per gli uomini assassinati all’interno delle stesse relazioni e per gli stessi motivi, niente pietas né phatos, niente liste tragiche con nomi e cognomi. Li abbiamo contati noi, per farli contare. Lo chiede la Convenzione di Istanbul, che riconosce anche le vittime maschili. Ottanta persone massacrate in famiglia: tra i carnefici anche 15 donne, che hanno ucciso più femmine (8) che maschi (7). Di queste, 8 sono madri (due suicidate), contro 3 padri (tutti suicidati); questi undici assassini hanno ucciso 16 minori: 8 maschi e 8 femmine, 3 delle quali, più un bambino, morti per mano di un solo papà. La moglie che maltrattava il suo compagno e i quattro figli era in cura, lui doveva occuparsi di loro e aveva smesso di lavorare, aveva problemi economici ed è entrato in una devastante depressione. Dov’erano le istituzioni? Proprio qui c’è un’inquietante parità di genere per le vittime e un’inquietante disparità: le madri uccidono di più, e più dei padri sanno sopravvivere al senso di colpa e all’orrore che hanno commesso».
La Benedettelli evidenzia come vengano inclusi nei numeri del Femminicidio anche morti che non centrano nulla con il fenomeno.
E parla di un nuovo fenomeno, sottovalutatissimo, quello dei suicidi: «Anche in ambito cosiddetto passionale le donne, quando ammazzano o sono lasciate, difficilmente si tolgono la vita. Gli omicidi-suicidi in ambito familiare e di coppia sono 30: 28 uomini e 2 donne; i suicidi noti, dove la causa è legata alla fine di una relazione, sono 39: 32 uomini, almeno 8 dei quali disperati per il distacco forzato dai figli, e 7 donne, tra cui due bambine di 12 e 14 anni che soffrivano la separazione dei genitori. Ancora in ambito cosiddetto passionale, su 66 omicidi con vittime femminili quelli che tecnicamente si potrebbero definire femminicidi sono 42 (esclusi 4 casi non risolti), di cui 14 commessi da stranieri provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est e dal Nordafrica. Gli altri 20, in cui il movente non ha a che fare col genere, sono coniunxcidi (da coniunx= coniuge), neologismo adottato nell’indagine che vale sia per gli uomini che per le donne a differenza di uxoricidio (da uxor=moglie). Gli italiani che hanno perso la vita per mano di una donna che avrebbe dovuto amarli sono 19».
La Benedettelli arriva poi al punto fondamentale: «Le assassine hanno agito tutte per difesa o perché maltrattate come retorica femminista comanda? No. Lo hanno sostenuto in 6, così come hanno fatto 5 uomini, in linea con i risultati di una metaanalisi che prende in considerazione le indagini fatte in diversi paesi: la media di questo movente varia in base alla nazionalità dal 5% al 35% quando a colpire sono le donne e dallo 0 al 20% quando sono gli uomini. In ambito omosessuale le vittime sono 2, mentre sono 20 (tra cui 2 minorenni) gli uomini massacrati dai rivali o dagli ex delle loro compagne: maschicidi che hanno a che fare con il senso di possesso e l’onore, dunque anche, ma non solo, con la cultura patriarcale. E anche qui gli autori stranieri sono tanti (12). Insomma, siamo di fronte a un’enorme costellazione d’orrore e di disperazione, che deve essere colta nel suo tremendo e allarmante insieme. In totale i morti sono 309 se contiamo anche i suicidi: 129 femmine e 180 maschi».
A questo link l’intero studio della Benedettelli.
Fenomeno in calo
Al di là però di tutti questi calcoli, che evidenziano come i femminicidi in quanto tali sono minori della cifra promulgata, che i maschilicidi sono in cifra simile secondo i dati del Ministero, mentre l’Istat da altre cifre, la realtà inconfutabile è che entrambi i fenomeni sono fortunatamente in calo.
Nei primi sei mesi del 2018 si parla di circa 40 donne uccise (e non di femminicidi evidenti), ma se fosse realmente così, a fine anno la cifra potrebbe essere di 80 donne uccise. Il che determinerebbe un calo ulteriore.
E allora perché non si dice?
Violenza di genere
La Benedettelli, quella di prima si, una donna, ha effettuato poi un altro studio, nel 2016.
«Senza nulla togliere alla gravità della violenza maschile sulle donne, credo sia giunto il momento di coniare un nuovo termine anche per il fenomeno opposto: maschicidio. Perché anche il maschio può essere vittima della violenza femminile. Di certo lo è dell’informazione unidirezionale e di una cultura dominante che procede per stereotipi e pregiudizi: la donna è sempre docile incolpevole vittima e l’uomo sempre carnefice e bastardo. Ma la verità sta sempre in mezzo. Dopo l’elezione di Donald Trump e l’apertura del vaso di Pandora sui media che nascondono, insabbiano o discreditano modificando la verità secondo ideologia (o stereotipi), è emerso il bisogno di autenticità. Di una verità tale a trecentosessanta gradi, la sola capace di darci gli strumenti per risolvere il gap culturale che permette ancora differenze sostanziali tra uomini e donne. E che può fornirci forse perfino la soluzione per diminuire il numero dei femminicidi, costante nel tempo nonostante i passi avanti anche legislativi. Non possiamo dunque non tenere conto, quando osserviamo il fenomeno del femminicidio, dell’altra faccia della medaglia: la condizione maschile, l’emancipazione psicologica dell’uomo, i pregiudizi legati al concetto di maschio e il tabù che riguarda la violenza femminile sul sesso opposto. Violenza che esiste – anche se raramente ha dinamiche omicidiarie – e che riguarda la psiche, il portafogli e perfino la sessualità. In Italia sono poche le indagini in questo senso. Una di queste – passata quasi inosservata – è stata effettuata nel 2012 da una equipe dell’Università di Siena su un campione di uomini tra i 18 e i 70 anni. La metodologia è la stessa utilizzata dall’Istat nel 2006, per la raccolta dei dati sulla violenza contro le donne e che ancora oggi vengono riportati con grande enfasi. Secondo l’indagine dell’Università di Siena, nel 2011 sarebbero stati oltre 5 milioni gli uomini vittime di violenza femminile configurata in: minaccia di esercitare violenza (63,1%); graffi, morsi, capelli strappati (60,05); lancio di oggetti (51,02); percosse con calci e pugni (58,1%). Molto inferiori (8,4%), a differenza della violenza esercitata sulle donne, gli atti che possono mettere a rischio l’incolumità personale e portare al decesso».
In sintesi la Benedettelli evidenzia come anche gli uomini subiscono violenza.
«Una differenza rilevante questa, che in parte giustifica la maggiore attenzione al femminicidio. Nella voce “Altre forme di violenza” dell’indagine (15,7%) compaiono tentativi di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte, spinte dalle scale. Come gli uomini anche le donne usano forme di violenza psicologica ed economica se pur con dinamiche diverse: critiche a causa di un impiego poco remunerato (50.8%); denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner (50,2%); paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori (38,2%); rifiuto di partecipare economicamente alla gestione familiare (48,2%); critiche per difetti fisici (29,3%). Insulti e umiliazione raggiungono una quota di intervistati del 75,4%; distruzione, danneggiamento di beni, minaccia (47,1%); minaccia di suicidio o di autolesionismo (32,4%), specialmente durante la cessazione della convivenza e in presenza di figli, spesso utilizzati in modo strumentale: minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina (68,4%); minaccia di portare via i figli (58,2%); minaccia di ostacolare i contatti con i figli (59,4%); minaccia di impedire definitivamente ogni contatto con i figli (43,8%). Nulla di nuovo rispetto alle ricerche sulla violenza nell’ambito delle relazioni intime condotte in altri paesi, dove c’è una maggiore propensione a studiare il fenomeno tenendo conto di entrambi i sessi».
Ed affronta anche tematiche, come il fatto che i centri antiviolenza sono rivolti solo alle donne e non agli uomini.
«In una ricerca effettuata nel 2015 nell’ambito del progetto europeo Daphne III sulla violenza nelle dinamiche di coppia e che coinvolge 5 paesi tra cui l’Italia, analizzando un campione di giovani tra i 14 e i 17 anni: le ragazze che hanno subito una forma di violenza sessuale variano dal 17% al 41% in base all’entità dell’aggressione e i ragazzi dal 9% al 25%. Allora, tenendo conto del fatto che la violenza femminile sugli uomini è di entità più lieve, non possiamo negarla. Dobbiamo prendere atto che il problema della così detta violenza di genere va affrontato da un nuovo punto di vista.
Gli sportelli antiviolenza, per esempio, sono attualmente dedicati per lo più alle donne e, come afferma Luca Lo Presti, Presidente di Fondazione Pangea, non sono sempre in grado di gestire la richiesta di aiuto del sesso opposto. «Oggi siamo al paradosso – sostiene Lo Presti – che un uomo cosciente di avere un problema legato alla mancanza di controllo della violenza e che chiede aiuto perché ha paura di ferire a morte la compagna, si trova di fronte a muri altissimi. Quando si presenta in un centro antiviolenza ci sono casi in cui viene aggredito psicologicamente e criminalizzato come se dovesse pagare per tutti, in quanto ritenuto parte di una categoria di esseri umani sempre carnefici. Oppure capita che se un uomo è vittima di una forma di violenza e trova il coraggio di denunciare – nonostante il rischio di derisione perché dimostra una fragilità non consona allo stereotipo di virilità e forza – allora non è creduto. Perché il cliché lo vuole capace di reagire al sopruso senza fare una piega. In un caso e nell’altro non c’è soluzione. Senza la capacità di ascolto e di aiutare gli uomini concretamente a gestire gli impulsi distruttivi o a risanare una ferita dovuta ad abusi subiti da una donna, non ci sarà mai la possibilità di risolvere un problema profondo e articolato come quello della violenza domestica».
Qui un video realizzato sempre da una donna, Glenda Mancini, che mostra come la violenza non è solo fisica.
Il lavoro della Benedettelli, ed il mio di riflesso, vuole soltanto evidenziare come la Violenza non ha sesso. Ha forme diverse, numeri in parte diversi, in parte simili.
E che quando si lavora per prevenire questi eventi si deve lavorare su più fronti: un fronte educativo, un fronte giuridico ed un fronte sociale.
E che su ognuno di questi fronti non si deve parlare di uomini o donne, ma di persone. Oltre il genere.
In questo video si mostra come una litigata tra uomo e donna sia interpretata diversamente in base all’agente. Guardatevi il video, e capirete i pregiudizi come sono bipartisan.
E allora perché si gonfiano i numeri?
Non lo so. Non so dare una risposta.
I morti sul lavoro aumentano solo nell’ultimo anno del 8,5%. Da gennaio a settembre sono 800 persone circa quelle che ci hanno lasciato le penne sul lavoro. E nessuno ne parla.
Sono in aumento anche gli infanticidi. E nessuno ne parla.
Perché si parla solo di Femminicidi e si gonfiano i numeri?
L’unica motivazione che riesco a dare è che siano i centri antiviolenza a gonfiarli per ricevere maggiori fondi.
In un articolo, Flora Casalinuovo evidenzia il boom dei centri antiviolenza: «Nel 2013, per esempio, in Italia c’erano 188 centri antiviolenza e 163 case rifugio. Oggi i primi arrivano a quota 296, le seconde a 258».
Eppure anche i numeri delle violenze per fortuna diminuiscono.
Secondo i dati diramati dall’ex Ministro Alfano «Dal 15 novembre 2015 al 15 novembre 2016, infatti, sono diminuiti le lesioni (-11%), le percosse (-19%), le minacce (-16%), le violenze sessuali (-13%), i maltrattamenti in famiglia (-6%) e lo stalking – atti persecutori (-11%)».
Ed ecco che la conferma di una ricerca di fondi ed una strumentalizzazione del dolore e della sofferenza diventa certezza.
Con Dpcm del 1 dicembre 2017 vengono destinati oltre 12,7 milioni di euro per il sostegno alle donne vittime di violenza. Non alla violenza in genere, ma solo a quella femminile. La maggior parte di questi fondi andrà ai centri antiviolenza.
In sintesi
Come detto, vorrei evitare commenti stupidi sia da uomini che da donne.
Il discorso era volto a evidenziare un paio di cose:
PRIMO: che la violenza non ha sesso.
SECONDO: che va combattuta sempre e comunque, ma che i numeri sono in calo, per fortuna.
TERZO: che bisogna RISPETTARE IL PROSSIMO.
QUARTO: che i numeri vengono gonfiati perché strumentalizzati.
Quello che non voglio fare con questo articolo è:
– giustificare la violenza. Per me è inconcepibile anche un urlo in faccia ad un altro.
– mistificare dei dati ufficiali, ma spiegarli.
– ritenere la violenza sulle donne inesistente, ma semplicemente evidenziare che esiste anche il fenomeno opposto.
– dare dei dati veri.
Per evitare che qualcuno dicesse che sono un maschio e maschilista, ho riportato solo parti di report effettuati da DONNE. Si, solo da donne.
Avrei potuto scrivere un articolo molto più lungo, con molti più dati.
Se scrivete su Wikipedia “violenza sugli uomini” leggerete ancora più cose, a cui in molti non crederanno.
Eppure le cose stanno così. Ma io volevo darvi il punto di vista di donne sulla questione che riguarda molti uomini. E al tempo stesso spiegare che non è bello sentirsi demonizzati e strumentalizzati.
Un saluto, e voletevi bene, ma non fatevi prendere per culo. Fatelo per me. Che combatto per l’essere umano. Quello che mi piace. Quello che non ha sesso, né colore, né età.
.
Matteo Madafferi
lunga e appassionata lettura per qualcosa che mi sta a cuore.
sono confusa. ma non e’ colpa di Madafferi, anzi…. :)))
quindi la violenza di genere non esiste????
Ciao Veronica, se leggi l’articolo meglio noterai che non ho mai detto che non esiste la violenza, ma che chiamarla di genere è un pretesto per mettere uomini e donne gli uni contro gli altri. È pubblicità. La violenza non ha genere. Se per genere intendi un movimento violento contro la donna in quanto sesso femminile, credo proprio di no. La violenza è tra forti e deboli. E non sempre il più debole è la donna. Ma spesso si.
infatti…. esiste l’omicidio !!!!
condivido l’intento giornalistico di Matteo, allo scopo di svelare una comunicazione falsata
tuttavia, un discorso del genere e’ pericoloso. e’ pericoloso per la disparita’ di queste violenze…non rendersene conto fa di te, Matteo, un bravo giornalista, ma comunque maschilista.
…con affetto! :))))
adoro tutti voi di Uki! <3
Ciao Paola, ma io me ne rendo conto.
Ho solo spiegato meglio i dati, e li ho analizzati.
Se leggi le mie premesse e la mia conclusione ho solo detto precisato un argomento preso ad oggetto dalla politica per scopi personali.
Potrei dire altre cose, ma come ho già specificato più volte nell’articolo, il mio intento non è negare un fenomeno, è spiegarlo.
concordo col fatto che tutto questo discorso puo’ essere pericolossissimo, pero’ rimane il fatto che ci sta tutto! se l’intento è spiegare qui si spiega tutto senza dubbi. ora il problema è come reagire a queste rivelazioni ! perche’ invece i soliti continuano a strumentalizzare la comunicazione?
I discorsi sono pericolosi se si travisano, ed il rischio c’è.
Ma sono qui a rispondere anche per evitare ciò. Un mondo giusto è un mondo chiaro, intellegibile, corretto.
Grazie a tutti voi per il confronto sereno.
mah!!! a me pare comunque un articolo assurdo. dopo le tante conquiste che si sono fatte per sensibilizzare su questo argomento
È un articolo con dei dati ufficiali.
Non capisco il termine conquista.
Bisogna conquistare cosa? I media? L’attenzione?
Quando si parla di morti, la sensibilizzazione poco c’entra. Lo stato DEVE intervenire e la sensibilizzazione non c’entra nulla.
Questa è strumentalizzazione, cosa diversa.
La domanda che ho posto è perché si sensibilizza solo per un argomento e non per altri?
E vi ho dato dei numeri.
Se è un articolo assurdo un articolo che vi spiega i numeri reali, che vi riporta ricerche di donne al riguardo, davvero non so come rispondervi.
Potete rimanere convinti dei vostri dogmi e sentirvi colpite in quanto donne.
Io sono qui per provare a non essere ne uno ne l’altro. E più che usare i numeri, un neutro asessuato, e delle ricerche fatte da persone del vostro stesso sesso, proprio non so come fare.
LEGGENDOLO TUTTO L’ARTICOLO DEVO DIRE CHE E’ CHIARISSIMO. CERTO UN ARTICOLO COSI’ LUNGO E COMPLESSO SARA’ UNA VERA DIFFICOLTA’ PER GLI ANALFABETI FUNZIONALI COME GIA’ CI AVEVA PREANNUNCIATO MATTEO M. MA E’ QUESTO IL PROBLEMA, PER QUESTO I POTENTI CONTINUANO A MANIPOLARE LA COMUNICAZIONE , COSI’ COME QUANDO SI PARLA DI GENERE CON LE COPPIE GAY, ECC….
Caro Matteo, la gravità del femminicidio è il fatto che ci sia un attacco da un “forte” contro un “debole”. Come uccidere vecchi e bambini, ovvio che è sempre un omicidio ma è un azione spinta dal maschilismo imperante. Dopodiché certo, un omicidio é un omicidio.
Detto questo trovo il tuo articolo molto molto interessante, per niente assurdo, anzi…. in effetti non sapevo di questo tipo di strumentalizzazione… e dunque sempre grazie a voi di Uki per il vostro lavoro alla faccia di tutto e tutti!!!
Complimenti! <3
Ti ringrazio Angela. Il mio intento era solo mostrare come se è noto che la donna subisce attacchi fisici più facilmente del contrario, il fenomeno sociale:
1. Sta per fortuna decrescendo
2. C’è un fenomeno opposto di donne che assumono il ruolo di aggressori
3. Che i numeri vengono strumentalizzati.
Come hai capito non c’era nessun intento a sminuire le vittime nè il fenomeno, ma dare una panoramica ampia che facesse comprendere che non è un fenomeno a senso unico, seppur con numeri diversi. Grazie
e’ il diritto di non morire per mano di chi ti dice di amarti…. questo e’ importante che rimanga nella sensibilizzazione a questo problema
oltretutto gli uomini non vengono torturati o violentati … il problema e’ il piu’ forte contro il piu’ debole,concordo con angela.
per il resto trovo anche io l’ articolo davvero interessante , per le informazioni effettivamente contro tendenza che riesce a spiegare . bisognerebbe forse trovare un altra lettura del fenomeno
Purtroppo ogni fenomeno criminale ha una sua lettura. Rapporti malsani, cattiva educazione ma soprattutto assenza spesso di un rispetto che andrebbe insegnato fin da piccoli.
Sono molti gli aspetti che danno luogo a certi crimini. Importante sarebbe la prevenzione, che purtroppo non viene fatta. Stranezza è la circostanza che in paesi come la Scandinavia il fenomeno è presente maggiormente che in Italia, paesi dove il ruolo femminile è notevolmente sviluppato.