In un Mondo ideale Stefano Cucchi non sarebbe diventato uno spacciatore.
In un Paese ideale non sarebbe morto tra le mani dello Stato e avrebbe avuto un regolare processo.
In un Paese civile, davanti alla morte di un uomo, le autorità politiche avrebbero auspicato la rapida risoluzione della vicenda senza lanciarsi in giudizi affrettati, accogliendo poi con soddisfazione l’arrivo di una sentenza e la condanna degli eventuali assassini.
Nel nostro Paese, invece, le cose sono andate diversamente: il corpo seviziato di Stefano Cucchi è stato tavolo da gioco e boccascena di molti rappresentanti delle Istituzioni, pezzi di Stato disposti a fare a pezzi il nostro Stato pur di ingrassare la propria vorace vanità e il flaccido ventre dei consensi.
Stefano Cucchi è morto tante volte. È morto cadendo dalle scale, è morto di epilessia, è morto di anoressia, è morto per droga. Ognuno poteva suggerire una versione di comodo per negare quello che, a colpo d’occhio, era chiaro a chiunque: Stefano è stato ammazzato di botte. Eppure ci sono voluti dieci anni affinché la Giustizia italiana arrivasse a sottoscriverlo; o meglio: dieci anni e una sorella, Ilaria Cucchi.
Ilaria non ha fatto niente di speciale, niente di strano e, soprattutto, niente di eroico: ha chiesto verità su Stefano, affidato vivo allo Stato e riconsegnato alla propria famiglia morto. Quanti di noi non avrebbero fatto altrettanto?
Eppure, a renderla una donna eroica, è stata la durezza del suo percorso e la folta schiera di nemici che hanno cercato di ostacolare e delegittimare il suo sacrosanto diritto alla Giustizia; tra questi, paradossalmente, non pochi rappresentanti delle Istituzioni, proprio gli stessi che quel diritto e quella Giustizia dovrebbero rappresentare.
Niente di nuovo, in realtà: molto prima di Ilaria, nell’antica Grecia, anche un’altra donna era stata costretta a fronteggiare un problema decisamente simile, Antigone.
Suo fratello Polinice era morto cercando di riprendersi il trono di Tebe, guidando un’armata contro quelle che un tempo era la sua città; per questo motivo, il re tebano Creonte stabilì che il corpo di Polinice restasse insepolto. Antigone, tuttavia, senza mai negare le colpe di suo fratello, trasgredì la legge dell’uomo seppellendo Polinice, in virtù di una legge molto più grande, quella divina, la stessa che governa i sentimenti e i legami familiari.
Se Ilaria Cucchi e Antigone sono legate strette da un filo di continuità che travalica il tempo, però, possiamo invece trovare una forte discontinuità a marcare la distanza tra il regnante Creonte e gli attuali rappresentanti dello Stato.
Creonte, che pure rappresentava l’ottusità al potere, scansava le leggi divine fondando la propria legittimazione e il proprio credo sulle quelle dello Stato; i creonti contemporanei, invece, hanno l’ardire di spacciarsi per fulgide espressioni di entrambe le leggi, finendo per calpestarle entrambe.
LEGGI DELL’UOMO
Chiariamo subito una cosa: le leggi fanno lo Stato. Belle o brutte, giuste o sbagliate che siano, la nostra civile convivenza si basa su di loro.
Molti di quelli che dovrebbero rappresentare lo Stato, invece, sono convinti che a monte di tutto ci sia una merce più importante: il consenso.
Una fonte di consenso trita ma sempre funzionante, per molti di loro, deriva dalla premiata ditta “ordine & disciplina”, ridotta in energiche sventolate di divise e manganelli; le menti semplici, che nulla chiedono se non un padrone che li protegga da nemici immaginari, applaudono calorosi.
Questo calore incoraggia così i nostri amati rappresentanti dello Stato a farsi fotografare mentre indossano immeritate divise delle forze dell’ordine o mentre imbracciano armi (poco importa se poi rubano allo Stato i soldi con cui i poliziotti vengono pagati); alla fine non risolvono niente di concreto, certo, ma comunque la sceneggiata pare uscita bene.
È questa vicinanza di facciata alle forze armate, che tanta sicurezza ispira nel popolo derubato, a spingere i signori politicanti a schierarsi, sempre e comunque, dalla parte di chiunque indossi una divisa: “tra spacciatori e carabinieri, scelgo i carabinieri”, disse un senatore.
Ora, questa storia che Stefano Cucchi si possa ammazzare di botte in quanto spacciatore, rimbalzata su tantissime delle bocche marce dei detrattori – ed è paradossale doverlo ribadire – è patetica se viene dall’avventore di un bar dello sport, agghiacciante se proferita da qualcuno che dovrebbe rappresentare lo Stato. Uno Stato, quello italiano, in cui non esiste pena di morte e in cui si ha ancora diritto a un regolare processo, quello che Stefano non ha avuto:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È (sarebbe) l’articolo 3 della nostra Costituzione, la stessa su cui questi grufolatori seriali hanno giurato per rappresentare il popolo italiano. Chi non è d’accordo, chiunque sostenga che la morte di un criminale valga meno di quella di un incensurato, è contro lo Stato. Non c’è margine di discussione, e non si può essere patrioti solo quando fa comodo.
Allo stesso modo chi sostiene che Stefano Cucchi sia stato ucciso dallo Stato, mente: è stato ucciso da due persone che indossavano una divisa, loro e chiunque li abbia coperti e/o cercato di depistare le indagini per coprire il loro crimine, è andato contro le leggi, dunque contro lo Stato.
Ilaria Cucchi non ha infangato l’Arma dei Carabinieri, tantomeno lo hanno fatto gli assassini di suo fratello. L’Arma è espressione delle leggi italiane, Ilaria si è appellata a esse, cioè allo Stato; gli assassini in divisa le hanno tradite, andando contro lo Stato e, dunque, contro l’Arma stessa.
LEGGI DIVINE
Eccoli là. Sono quelli che sbaciucchiano rosari su ogni palco, che invocano pareti tappezzate di crocefissi, che declamano le radici cattoliche del nostro Paese. Eccoli là. Sono gli stessi che davanti alla morte di un uomo dimenticano all’improvviso ogni parola di cristiana pietà, cimentandosi invece in gare di conati isterici, validi per accaparrarsi il titolo di re del fango.
Si tratta di signori bravi ad appendersi la croce al collo, ma che a caricarsela sulle spalle non ci pensano proprio. Eppure tutti questi fulgidi rappresentanti dello Stato, schierati a viva forza contro Ilaria Cucchi, si presentano al popolo anche come alfieri e baluardo delle leggi divine, parti integranti della loro personalissima trinità: Dio, patria, famiglia. Poi di famiglie ne hanno diverse facendo figli un po’ con Tizio e un po’ con Caio, la patria che servono cambia a seconda della convenienza politica e spesso è la stessa su cui sputavano l’anno prima e Dio è buono solo per bestemmiarlo lontano dalle telecamere.
Stefano Cucchi è stato un tossicodipendente e uno spacciatore, ha fatto del male a sé stesso e agli altri. La conseguenza che questi signori con le radici cristiane e i loro fedeli gregari ne traggono qual è? “Meno male che è morto, uno di meno”.
Eppure, sbirciando qua e là nel Vangelo che non hanno mai letto, costoro potrebbero trovare spunti interessanti. San Paolo, ad esempio, perseguitava i cristiani e poi, folgorato dalla luce divina, è diventato un pilastro della cristianità: come è possibile?
È possibile perché, secondo il credo cristiano (quando oltre alle radici mette pure le foglie), nella vita esiste una possibilità di redenzione, di cambiamento. Chi ha tolto la vita a Stefano gli ha tolto anche l’occasione di avere una vita migliore, e chi difende o giustifica gli assassini è semplicemente loro complice.
Dio in persona, del resto, aveva posto su Caino un sigillo affinché nessuno gli facesse del male: «chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte tanto» (Gen. 4,15).
Eppure eccoli là. Difendono il mondo dall’aborto, dall’eutanasia e inneggiano al sacro diritto alla vita; poi, però, davanti al corpo tumefatto di un uomo, d’improvviso gli casca l’aureola dalla testa.
Del resto questi signori con le radici cristiane manifestano spesso una naturale simpatia e un’inquietante vicinanza a tutti i maschi ariani di polso che sanno risolvere le faccende grazie alla violenza: che sia il carabiniere che manganella il tossicodipendente, che sia il patriota che lascia annegare gli stranieri, che sia il pensionato che spara alla schiena del ladro. Vogliono i crocefissi nei pubblici uffici, sì; speriamo non sia perché provano, in segreto, un leggero brivido davanti alle raffigurazioni di gente morta.
SENTENZE
Comunque sia, prima o poi, come tutto il resto, questa brutta storia passerà di moda.
A oggi, novembre ’19, la sentenza di primo grado (ancora non sappiamo se ce ne saranno altre) stabilisce che sono stati dei carabinieri a provocare la morte di Stefano Cucchi, uno dei tanti cittadini che avrebbero dovuto proteggere.
Stefano Cucchi, dal canto suo, non è un eroe, bensì una vittima. E come tale va rispettato.
Stefano Cucchi, però, non è una vittima dello Stato: lo Stato è quello che ha condannato i suoi assassini.
Chi cerca di coprire gli assassini di Stefano solo perché indossavano una divisa, ha un’idea malata di ciò che quella divisa rappresenta e di ciò che lo Stato è.
Chi si oppone a Ilaria Cucchi e alla sua battaglia per la verità, calpesta il diritto di ognuno di noi di avere Giustizia e a vedere rispettate le leggi del nostro Stato.
Chi rappresenta lo Stato e con il proprio operato ne nega la legittimità, nega sé stesso; possa allora trovare la stessa sincera consapevolezza di Creonte che, davanti alla catastrofe che aveva provocato, ammise sconfitto: “io sono meno che nulla”.
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Matteo Mammucari
vi ringrazio per la capacita ‘ che avete su questo sito di dire le cose per come stanno … grazie Matteo Mammucari
Condivido ! !
sono frasi come queste che vi rendono grandi:
chi sostiene che Stefano Cucchi sia stato ucciso dallo Stato, mente: è stato ucciso da due persone che indossavano una divisa, loro e chiunque li abbia coperti e/o cercato di depistare le indagini per coprire il loro crimine, è andato contro le leggi, dunque contro lo Stato
complimenti Mammucari, anche io condividero’ il post
Concordo in pieno. Senza assolvere Stefano Cucchi dai suoi errori, l’intera questione però si volgeva su un altro fatto , un assassinio bello e buono, gratuito per giunta . È questo e solo questo che andava giudicato , ma non dalla propaganda politica, ma solo dalla magistratura
Trovo questo post e questo blog degno di molte curiose attenzioni, complimenti
SOSTEGNO A ILARIA CUCCHI
LA SIA VITTORIA E GIUSTIZIA PER TUTTI
Antigone e Creonte ci ricordano che la storia si ripete ma i personaggi possono sempre peggiorare!
Mammucari ti adoro! Grazie per questo post di buon senso, merce rara di questi tempi
brividi sul paragrafo delle leggi divine,eccezionale mammucari!
io non capisco tutto questo sostegno ad una famiglia col figlio tossico e pure spacciatore
indubbiamenti quei carabinieri vanno puniti, ma l’arma ha a che fare con quei poco di buono tutti i giorni e l’arma dei caraboinieri e’ un altra cosa
MA CHE HAI SCRITTO??? CHE CAZZO HAI DETTO IO VORREI SAPERE !!!!!!